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Una città senza sponsor

Alcune riflessioni sulla puntata di “Parla con me” andata in onda giovedì scorso. "Meno male che ci sono le associazioni ambientaliste e di volontariato a coltivare i rapporti con i media, a conquistare piccoli spazi di visibilità".
8 novembre 2008
Alessandra Congedo
Fonte: TarantOggi

- La puntata di “Parla con me”, andata in onda giovedì scorso su Rai Tre, ha trattato l’emergenza ambientale e sanitaria nell’area ionico-salentina in maniera quasi perfetta. Il “quasi” lo spieghiamo più avanti. Cominciamo dai risvolti positivi.

All’inizio della trasmissione Serena Dandini ha letto il contenuto di una lettera di Lea Cifarelli, ambientalista tarantina, che elencava le ormai note disgrazie della nostra città: «A Taranto si concentra il 92% di tutta la diossina industriale prodotta in Italia; a Taranto i bambini a soli 13 anni si ammalano della sindrome del fumatore incallito; a Taranto si muore di cancro con un’incidenza doppia rispetto alla media nazionale; a Taranto stanno per essere abbattuti 1300 capi di bestiami contaminati da diossina e pcb (inquinanti che le ciminiere dell’area industriale riversano in quantità smisurate sulla città). In Puglia c’è un’altra Seveso ed è a Taranto».

In corso d’opera, la puntata ha preso un altro andazzo. La città dei due mari è lentamente scivolata sullo sfondo e la preoccupazione per la terra salentina ha preso il sopravvento. L’intervista al dottor Giuseppe Serravezza, oncologo e presidente della Lilt di Lecce, ha avuto senz’altro il merito di denunciare i ritardi e le mancanze di Riva nel trasformare l’Ilva in uno stabilimento eco-compatibile, di rimarcare i costi in termini di vite umane dovuti alla massiccia emissione nell’atmosfera di diossina ed altri veleni, di ribadire l’allarme per il crescente numero di tumori che si registra nella Puglia meridionale.

Ma ad un certo punto è sembrato quasi che Taranto (così come Brindisi) fosse la fonte del male e che solo Lecce, la città del Barocco, fosse la povera vittima. L’attenzione si è catalizzata sui danni patiti dal Salento, un territorio a cui la Dandini è notoriamente legata. Non è un caso se al programma hanno partecipato anche i Sud Sound System, il gruppo leccese che recentemente ha sposato la causa ambientalista. Forse, in una puntata del genere, avrebbe dovuto esserci spazio anche per qualche “pezzo” di Taranto. Perché, ad esempio, non invitare il dottor Patrizio Mazza, primario del reparto di ematologia dell’ospedale “Moscati”, proprio colui che per primo ha portato agli onori della cronaca il caso del bambino tarantino affetto da carcinoma del rinofaringe?

Perché non ospitare Zakalicious, uno dei massimi protagonisti della scena rap tarantina, autore del brano “Jungle” che racconta proprio i guasti ambientali della nostra città? Perché gli emblemi della Taranto sana, della Taranto che si impegna, della Taranto che si ribella, devono sempre rimanere ai margini della ribalta? Ancora una volta abbiamo la conferma che il nostro territorio non gode di sponsor all’altezza della situazione.

Così come sconta la mancanza di una rappresentanza politica forte a livello nazionale (cioè parlamentare), capace di aumentare il peso specifico della città in tutti i campi, da quello culturale a quello giornalistico. Meno male che ci sono le associazioni ambientaliste e di volontariato a fare le loro veci, a coltivare i rapporti con i media, a conquistare piccoli spazi di visibilità. E’ grazie alla loro passione e alla loro intraprendenza se i guai della nostra terra sono finiti sui canali della Rai, della Fininvest e su La7. C’è da domandarsi: e se non ci fossero state loro?

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