Inquinamento all'ILVA di Taranto, ecco la legge
Dimezzare le emissioni di diossina entro il primo aprile del 2009. Per poi scendere entro il 31 dicembre di nove volte, raggiungendo così quello 0,4 previsto dalla normativa europea.
In caso contrario l´azienda dovrà chiudere. Il presidente della Regione, Nichi Vendola, presenterà oggi in giunta il disegno di legge regionale anti diossina. La legge per fermare l´Ilva di Taranto.
Il testo si articolerà in un articolo unico, composto di quattro commi. Il primo regola il campo di applicazione delle norme: la norma varrà per le industrie primarie e secondarie del ferro, dell´acciaio e del rame.
Verranno inoltre calcolate soltanto le diossine dannose per l´uomo e non tutta l´intera gamma, come prevede oggi la legge italiana. Così come prevede il decreto di Aarhus (approvato nel 2004 dal Consiglio europeo, recepito nel 2006 dalla legge italiana ma mai applicato), «tutti gli impianti di nuova realizzazione - si legge nel testo della legge - non dovranno superare i 0,4 nanogrammi di emissione». Discorso diverso vale invece per gli impianti già esistente. E cioè per l´Ilva di Taranto. A partire dal primo aprile del 2009 le emissioni non dovranno superare i 2,5 nanogrammi mentre dal 31 dicembre del 2010 dovranno rispettare il limite dello 0,4. A febbraio del 2008 l´Ilva emetteva dai 4,4 agli 8,1 nanogrammi. Ma a giugno, quando è stata utilizzato il sistema dell´urea (che esercita una funzione inibitrice) ha dimostrato di poter scendere anche a 0,9.
«Questo significa - spiegano dalla Regione - che non stiamo chiedendo all´azienda l´impossibile. Abbiamo però il dovere di obbligare l´Ilva a utilizzare le migliori tecnologie possibili per rendere più respirabile l´aria di Taranto». Il disegno prevede che entro novanta giorni dall´entrata in vigore della norma, i gestori degli impianti dovranno elaborare un piano per il campionamento in continuo dei gas di scarico (interamente a spese loro) e poi presentarlo all´Arpa per la validazione e il successivo controllo. Sarà l´Arpa poi a provvedere a effettuare verifiche a campione per valutare l´effettiva attuazione dei piani e la loro efficacia. In caso di superamento dei limiti, l´Arpa dovrà comunicarlo immediatamente all´assessorato all´Ecologia che diffiderà il gestore dell´impianto dal rientrare dal superamento entro 60 giorni. Se non accadrà, la fabbrica dovrà chiudere: le modalità di riattivazione dovranno poi essere definite in un´apposita Conferenza dei servizi dopo però l´individuazione e la rimozione delle cause che hanno determinato il superamento dei valori limite.
La legge trova spunto dal lavoro fatto in questi anni dagli uffici regionali e in particolare dall´Arpa. L´Agenzia regionale per l´ambiente, il 15 luglio scorso, trasmise al ministero una relazione nella quale - indicando tutta una serie di dati - parlavano a Taranto di «una situazione fortemente degradata dal punto di vista ambientale e sanitario» e metteva in evidenza alcuni aspetti fra i quali «la necessità di definire i limiti emissivi e di portare l´emissione ai livelli più bassi ottenibili», e cioè a quello 0,4 oggi indicato dal testo Vendola. Contro questa relazione si era però scagliato il ministero che aveva ritenuto «non valide ai fini dell´individuazione di limiti più restrittivo» le rilevazioni effettuati. Sosteneva infatti che erano state effettuate con metodi non previsti dalla normativa.
I limiti che la Regione andrà ora a imporre tramite la legge regionale, inoltre, sono sempre stati considerati «troppo restrittivi» dall´azienda. Che, infatti, nel cronoprogramma ufficialmente presentato al ministero dell´Ambiente in vista dell´Autorizzazione integrata ambientale (Aia) aveva indicato parametri più elevati. Proprio attorno all´Aia in questi giorni si sono sollevate una serie di polemiche tecniche e soprattutto politiche. Che però, qualora la norma proposta da Vendola dovrebbe essere approvata, si svuoterebbero di significato: si fa come prevede la norma regionale. L´Ilva quindi o si adegua o chiude.
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