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«Un atto civilmente e politicamente coraggioso»

Riteniamo che il dispositivo di legge vada a colmare una lacuna normativa che riguarda l'intero apparato legislativo italiano in materia ambientale. Non comprendiamo le grida di allarme in ambito ministeriale e dei vertici dell'Ilva.
19 novembre 2008
Maria Giovanna Bolognini (Associazione TarantoViva)

- Nei giorni scorsi abbiamo appreso e accolto con favore la notizia della presentazione del disegno di legge regionale inerente le norme a tutela della salute e dell'ambiente. Si tratta di un atto normativo e di un segnale politico che attendevamo da tempo, e che è stato richiesto ufficialmente già nell'estate del 2007, durante una tavola rotonda organizzata dall'Associazione TarantoViva a cui presero parte i massimi rappresentanti del mondo ambientalista jonico, delle istituzioni e dell'ARPA Puglia.

Riteniamo che il dispositivo di legge, per ora approvato in Giunta, vada a colmare una lacuna normativa che riguarda l'intero apparato legislativo italiano in materia ambientale, il cui Codice dell'Ambiente poco ha in comune con quanto espressamente richiesto e sancito dalle norme europee e dagli accordi internazionali a salvaguardia della salute pubblica e dell'ambiente.

Crediamo altresì che il disegno di legge rappresenti, nel caso della città di Taranto, un atto di grande respiro e al contempo un gesto doveroso nei confronti di una popolazione e di un territorio che rappresentano ormai da tempo, in un immaginario collettivo che travalica i confini della nostra Provincia e sappiamo anche del Paese intero, il cuore nero dei veleni e del degrado d'Italia.

Un atto civilmente e politicamente coraggioso, in un momento in cui il Paese pare allinearsi su posizioni vetero-liberiste che ribadiscono concetti di sviluppo oramai storicamente superati che pongono al centro del sistema economico una modalità di fare industria unicamente votata alla realizzazione del profitto e di conseguenza allo svilimento e all'avvilimento dei territori. Un modello di sviluppo che vede nelle risorse ambientali e umane unicamente una merce di scambio e sfruttamento ci pare inadeguato, ci pare superato, e soprattutto ci pare inaccettabile.

Dopo gli anni degli atti di intesa e dopo gli anni delle rese alla grande industria, riteniamo che attraverso il disegno di legge le rappresentanze politiche locali possano avere il modo di far rinascere nei cittadini la fiducia e la speranza nella forza delle leggi, e in ultima istanza in una giustizia finalmente non sperequativa. E teniamo a sottolineare che la forza dirompente del dispositivo sta, per quanto ci è dato di sapere dopo anni di attivismo e studio e passione per Taranto, unicamente nel volere, per Taranto, una condizione di città normale.

Perchè è normale, e non rivoluzionario, introdurre dei limiti alle emissioni di diossine e furani che siano compatibili con la tutela della salute pubblica e della qualità delle risorse ambientali; perchè è normale, e non sovversivo, che la Regione Puglia scelga di agire in base ai principi, ribaditi in più sedi in ambito internazionale, di massima precauzione e cautela in riferimento alla qualità della vita e dell'ambiente dell'area di Taranto, già dal 1990 dichiarata “area ad elevato rischio di crisi ambientale”; perchè è normale, e non eversivo, legiferare in maniera tale da assicurare una convivenza senza compromessi a vantaggio dell'industria tra diritto alla salute e salvaguardia del sistema produttivo e di conseguenza dell'occupazione in una società civile che sia degna di questo nome.

E non capiamo, di conseguenza, le grida di allarme in ambito ministeriale e dei vertici dell'Ilva stessa: non capiamo e non vogliamo capire chi porta ancora avanti le ragioni del profitto e dell'importanza strategica del sistema industriale se queste ragioni confliggono con il nostro desiderio legittimo e profondamente umano di muoverci in uno spazio salubre, di poter concepire una qualsivoglia idea di futuro per noi e per le generazioni future, di vivere senza già conoscere quelle che saranno le cause della nostra morte, di scegliere di restare a Taranto perchè è una città bella e normale, e non per un eccesso di coraggio oppure di incoscienza.

D'altronde, siamo consapevoli che il percorso inaugurato dal disegno di legge regionale, che ci auguriamo con tutte le forze vada a buon fine, non esaurisce nelle materie affrontate le numerose criticità ambientali che appartengono a Taranto, come già sottolineato da Legambiente e come sanno coloro che, tra gli amministratori locali, interloquiscono e lavorano quotidianamente al fianco delle associazioni. Ma proprio per queste ragioni occorre, per ciò che sta in noi, sostenere e sperare che il ddl superi la prova della Commissione e trovi un largo consenso in Consiglio regionale. Occorre non lasciarsi raggirare e rabbonire dalle presunte devastanti conseguenze che i limiti introdotti dalla normativa regionale potrebbero avere sui livelli occupazionali e produttivi dell'Ilva. Perchè a essere devastante è il numero di morti per tumori collegati alle emissioni inquinanti di origine industriale e la strage sotto forma di stillicidio dei lavoratori negli impianti industriali carenti in sicurezza, e non certo un'idea di sviluppo sostenibile, che contempla in sé innanzitutto la salvaguardia dei posti di lavoro e al contempo troverà le strade per rispondere all’istanza di riqualificazione urbana attraverso un serio progetto urbanistico, per far fronte alle esigenze legate alla mobilità dell’intero asse portuale, e mirerà ad accrescere il tessuto produttivo differenziandone la proposta, dotando ad esempio il porto di un’area per attività di logistica e di gestione delle merci.

Quello che ci occorre, in buona sostanza, è assistere e contribuire alla nascita di un nuovo seme culturale, che si alimenti da un lato attraverso la nascita e il rafforzamento di una coscienza collettiva diffusa, e dall'altro attraverso forme di rappresentanza istituzionale che si riapproprino di quell'idea originaria di politica come strumento al servizio del bene pubblico e ce la restituiscano sotto forma di fatti, perchè l'indimostrabile non ci interessa.

Nonostante lo scioglimento della precedente Commissione Ippc e gli scandali successivi sulle nuove nomine, e nonostante le prese di posizione ministeriali e dei vertici sindacali contro il disegno di legge, e nonostante la forte pressione della cassa integrazione sui lavoratori e sulla città stessa, sappiamo che questo ci occorre per la vita e per la dignità nostra e di chi ci rappresenta.

E la speranza che tutto questo accada ci è necessaria come un'aria nuova. Perchè quella che ci è nota da decenni non la possiamo e non la vogliamo più respirare.

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