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Ilva, nessun rinvio: la cig parte a dicembre

Siderurgico di Taranto I sindacati avevano chiesto uno slittamento a gennaio. Ancora dubbi sui numeri degli operai: 2mila o 2.250 unità. Un nuovo incontro sul tema occupazionale è in programma per giovedì 27.
19 novembre 2008
Cesare Bechis
Fonte: Corriere del Mezzogiorno

- TARANTO — Intesa lontana tra azienda e sindacati sulla prima cassa integrazione della storia dell'Ilva targata Emilio Riva. La società non ha ancora comunicato il numero esatto di lavoratori dello stabilimento siderurgico di Taranto interessati al provvedimento, né quando assumerà a tempo indeterminato, come anticipato a settembre, i lavoratori interinali in modo che possano rientrare tra i cassintegrati. Si conoscono, invece, le richieste alle quali l'azienda ha detto subito no ai sindacati.

Ilva non rinvierà di un mese la cassa integrazione ordinaria, spostandola da dicembre a gennaio, e non concederà alcuna integrazione al reddito. Un nuovo incontro sul tema occupazionale è in programma giovedì 27 mentre venerdì 21 ce n'è in agenda uno a Milano, ma per discutere del contratto integrativo.

Ieri mattina, con uno spostamento improvviso della sede del confronto dagli uffici di Confindustria alla direzione di stabilimento, i responsabili dell'azienda hanno avuto un faccia a faccia con i rappresentanti dei sindacati metalmeccanici Peppe Lazzaro (Fim-Cisl), Franco Fiusco (Fiom-Cgil), Rocco Palombella Uilm-Uil e aziendali.

Un incontro di due ore definito «interlocutorio » e bisognoso di una successiva messa a punto. Ilva ha confermato che la recessione internazionale ha prodotto una crisi nel mercato dell'acciaio che la costringe a mettere in cassa integrazione i lavoratori in tutti i suoi stabilimenti, tra cui anche Taranto. Il discorso è stato riaperto sulle modalità di applicazione del provvedimento.

Dopo averlo chiesto in un primo momento per 2028 dipendenti di ogni settore per tredici settimane, l'azienda ha poi rivisto il dato manifestando l'esigenza di aumentarne il numero di almeno 240 unità. Scatterà, in ogni caso, la rotazione aritmetica a parità di mansione in base alla quale ogni lavoratore farà la stessa cassa integrazione degli altri. Il periodo prefissato è di tredici settimane, però manca tuttora una strategia d'uscita dalla crisi e nessuno è in grado di prevedere cosa accadrà a marzo.

I piazzali di Taranto, ma anche delle altre sedi dell'Ilva in Italia sono pieni di coils invenduti cioè delle lamiere utilizzate nell'industria automobilistica e degli elettrodomestici, i due settori sostanzialmente fermi.

L'accumulo si spiega anche con una strategia aziendale di lungo termine in attesa della ripartenza dei mercati mondiali. Rimane ancora stabile la domanda di tubi, tanto è vero che il tubificio è un comparto produttivo non coinvolto nella fermata. «Abbiamo chiesto all'azienda osserva Peppe Lazzaro, della Fim, di rivedere i numeri dei lavoratori da mandare in cassa integrazione perché è difficile, proprio per le caratteristiche legate alla produzione, che possano essere fermati impianti come il laminatoio a freddo e il treno nastri uno».

I sindacati sono convinti che la riduzione del numero dei cassintegrati sia possibile. Prima di fornire una risposta precisa sul destino dei lavoratori, l'Ilva attenderà l'evoluzione dei mercati mondiali, mentre ha confermato che il passo ridotto degli impianti sarà sfruttato per portare avanti il piano di miglioramento ambientale.

Tra le varie richieste fatte all'azienda, la Fiom-Cgil sottolinea «l'assunzione a tempo indeterminato dei lavoratori con contratto di somministrazione attualmente presenti in azienda affinchè possano rientrare in una discussione generale ed usufruire degli ammortizzatori sociali».

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