Le Battaglie dei Pugliesi
E' una buona notizia, specialmente qui da noi al Sud, dove l'apatia e il disinteresse sono da sempre fattori di arretratezza e sottosviluppo. All'improvviso sembra che l'opinione pubblica — da più parti ritenuta ormai estinta — abbia voglia di far sentire la propria voce. Che su argomenti che li riguarda direttamente — sia la riapertura di un teatro simbolo della città, o la difesa della salute —, abbia deciso di fare sentire le proprie ragioni. Di dimostrare che il bene comune è anche affar loro, e non dossier riservati da trattare negli ovattati sancta sanctorum dei palazzi del potere.
La novità ha del sensazionale soprattutto a Taranto, se si considera la storia recente della città: una sequela impressionante di fallimenti, una implosione sociale che ha prodotto disgregazione ed emarginazione. Difficile immaginare, dopo tanti anni di inerzia, rassegnazione, paura — di compromettersi, di perdere il lavoro —, un gesto collettivo per uscire dall'isolamento e provare a trovare una voce comune. E invece è proprio quello che sta succedendo. Associazioni ambientalistiche e di volontariato, ordini professionali, enti, scuole, lavoratori, cittadini, insomma la società civile si è data appuntamento nel piazzale dell'Arsenale per reclamare il rispetto dell'ambiente e liberare Taranto dalla cappa che la sta soffocando da troppo tempo.
E' una prova di vitalità insperata nel panorama di un Sud sempre più lacerato e in affanno, che continua ad allontanarsi dal resto del Paese. Certo, la situazione ambientale a Taranto è tragica: diossina come se piovesse, tumori, patologie respiratorie a livelli da epidemia, veleni persino nel latte materno, come dire: la morte anche della speranza. La marcia di domani proprio questo sembra voler riaffermare: il diritto al futuro. Non a caso i primi a scendere in piazza sono stati i bambini.
Quindi, diritto alla salute. Ma non solo. Nel rivendicare normative di tutela europee che hanno già trovato attuazione in altre regioni italiane — leggi, Friuli Venezia Giulia —, la richiesta che sale da Taranto è quella di non essere discriminati, di non essere ricattati per il bisogno di lavoro, di non essere trattati come cittadini di serie B. Una richiesta, per usare solo una parola, di dignità, forse il bene più prezioso perché porta con sé quella fiducia, quella determinazione che sole consentono a una comunità di credere in se stessa e di crescere.
Ora la palla passa ai poteri forti — politici in primo luogo, ma non solo. Sta a loro fare in modo che questa nuova passione civile, questa timida primavera pugliese, a Bari come a Taranto, non venga gelata sul nascere.
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