«Noi possiamo vincere»
Siamo tantissimi, più dell’altra volta, e abbiamo tutti un'unico obiettivo: abbinare la salute all’occupazione. Vogliamo dimostrare che con la riduzione delle sostanze inquinanti è possibile vivere bene e lavorare bene, una cosa non esclude l’altra». Il dottor Giuseppe Merico, tra i maggiori artefici della mobilitazione tarantina contro l’inquinamento, ha espresso così la soddisfazione per il successo della marcia di sabato mattina. Certo, sullo sfondo c’è anche l’amarezza per gli attacchi sferrati da Giancarlo Cito proprio alla vigilia della manifestazione (l’accusa principale è quella di strumentalizzare i bambini), ma il sentimento prevalente è la gioia per aver portato in piazza circa ventimila persone.
Una piazza a cui Merico ha parlato con il cuore, ricorrendo allo stesso slogan utilizzato dal nuovo presidente degli Stati Uniti Barack Obama: “Yes, we can”. «Sì, noi possiamo sconfiggere il mal d’aria, battere la diossina, i fumi, le polveri. La comunità tarantina ha dimostrato di volerlo con tutte le sue forze. E oggi siamo qui per dirlo», ha detto Merico rivolgendosi al governatore Vendola, alle altre istituzioni, all’Ilva e a tutte le altre aziende presenti sul territorio.
Il loro contributo è stato importante perché risultato di esperienze di vita, e di battaglie, vissute in questa città. Patrizio Mazza, primario inoltre del reparto di Ematologia all’ospedale Nord, ha ricordato la necessità di rilanciare un’idea etica della politica. «E’ necessario affrontare questa come una questione morale - ha affermato Mazza. In questi giorni, durante i quali il maltempo ha flagellato la città, all’interno dell’ospedale in cui lavoro è entrata dell’acqua. Eppure di lavori di manutenzione ne sono stati svolti diversi. Manca, evidentemente, la serietà nell’affrontare i problemi da parte di chi ci amministra».
Altrettanto concreto e carismatico è stato l’intervento di Alessandro Marescotti, che ha ricordato il risultato di una ricerca dalla quale, a suo dire, sarebbe emerso che un bambino, abitate ai Tamburi, aspirerebbe annualmente tante sostanze nocive quante quelle contenute in 500 sigarette.
Dati allarmanti amplificati da Lunetta Franco. «La sola città di Taranto - ha sostenuto con forza la responsabile locale di Legambiente - produce il 90% della diossina prodotta in Italia. Un dato allarmante che non può più lasciare indifferenti sia i cittadini che gli amministratori».
La dottoressa D’Assisi (WWF), infine, in maniera sintetica ma efficace, ha ricordato
quanto intorno alla questione ambientale ruoti il futuro di questa città e come coniugare Ecologia e lavoro sia possibile.
Il dottor Merico ha poi ammesso che senza il contributo degli operai e delle loro famiglie, il sogno di una città più pulita resterà tale, sottolineando che “gli operai dell’Ilva sono i primi combattenti nella trincea della guerra contro l’inquinamento”. Per questo motivo non possono essere lasciati soli, soprattutto nel momento di crisi che stanno vivendo, sia dal punto di vista economico che occupazionale.
Ma per Merico questa crisi deve essere vista come una chance per fare passi avanti nell’ottica dell’ecocompatibilità: «Lavoro e ambiente possono marciare insieme per il progresso della città. Basta solo volerlo, basta crederci e basta impegnarsi – ha concluso Merico – alla politica spetta una parola chiara, certa, senza ambiguità, su questo punto». Da segnalare infine l’auspicio espresso dal dottor Merico a margine della manifestazione di vedere l’anno prossimo a
Taranto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Una notizia trapelata nei giorni scorsi che potrebbe diventare realtà. Ricordiamo che proprio a Napolitano “Bambini contro l’inquinamento” aveva indirizzato nelle scorse settimane una lettera.
Dai cento-centocinquanta di qualche anno fa, ai ventimila di sabato
Taranto è cambiata? Forse. La sensazione di un’inversione di tendenza c’è, ma è presto per ritenerla tale. Questa nostra città insegna che molto spesso s’è appassionata a temi importanti. Appassionata al punto tale di lasciarsi coinvolgere, un po’ per aggrapparsi finalmente a qualcosa o qualcuno che riuscisse a darle dignità, un po’ perché la disperazione ti spinge ad alzare la testa e provare una reazione.
Sì, Taranto nella sua storia a volte ha saputo anticipare i tempi. Nel corso della costruzione dell’Arsenale, nei primi del ‘900, addirittura inscenò il primo sciopero, tanto da costringere alcune migliaia di forze dell’ordine (già, proprio così) a stringerla d’assedio. Durante il ventennio fascista, spinti dalla fame alcuni nostri antenati si ribellarono alla politica dei prezzi adottata dai commercianti, tanto da contare qualche vittima negli scontri di piazza. Insomma, in fondo non sempre questa città è stata ‘molle’.
Oggi parliamo di un tema, quello ambientale, che sta coinvolgendo tutti. Sabato mattina c’erano ventimila persone a sfilare, il 10% della popolazione. E stavolta c’erano sì i bambini, gli studenti, gli ambientalisti, ma c’erano anche i pensionati, tanti professionisti, commercianti, gente comune. Qui non si fa retorica, seppur il rischio esiste. Però, l’anima di una città non corre dietro a una promessa, semmai sceglie spesso la speranza. Taranto può e deve marciare ancora, non accontentandosi: è il senso che va veicolato da qui a domani. Perché troppe volte l’illusione ha raggi rato la comunità, e non è proprio il caso che accada pure in questo caso.
Dai cento- centocinquanta di qualche anno fa, ai ventimila di sabato. Forse, è la traccia sul quale va impostato il futuro. Magari passando dai ventimila ai tenta-quarantimila. In fondo, oggi c’è maggior coscienza ambientale, nonostante i timori di ritorsioni occupazionali. In fondo, insomma, quelle ciminiere adesso fanno meno paura.
Vendola contro Franzoso e Prestigiacomo
Almeno lui c’era, Nichi Vendola. E con lui c’erano altri esponenti del Consiglio regionale, che entro Natale (almeno così spera il presidente) dovrebbe approvare il disegno di legge “antidiossina”. Come ci ha spiegato durante la manifestazione. «Un anno fa ho chiuso il mio intervento al congresso nazionale della Lega Ambiente sulla questione delle diossine a Taranto. Ho chiesto un aiuto, perché avremmo riproposto, con ritmo incalzante su tale argomento. E l’avremmo fatto con le stesse modalità seguite dal Friuli Venezia Giulia, in quanto questa Regione non aveva fatto, a differenza del “cazzeggio” tarantino, nulla di differente da quello che abbiamo fatto noi.
E lo ha fatto chiudendo la manifestazione recitando una poesia inneggiante alla vita, con i palloncini di Lega Ambiente che contemporaneamente svolazzavano in cielo. Tutto bello e commovente. Anche troppo, se si pensa che proprio da oggi, si ricomincerà a parlare di inquinamento, con oltre 2000 cassintegrati della sola Ilva e fumi e polveri sottili continueranno – implacabili – a penetrarci nei polmoni.
Nell’ambito dell’autorizzazione integrata ambientale (Aia, ndr) abbiamo posto il
problema della riduzione delle emissioni. E proprio per quanto riguarda la vicenda alla Lucchini, è proprio nell’ambito dell’Aia che hanno risolto il problema emissioni. Ma questo, nel momento in cui cambia il governo, cambia il ministro, il ministro cambia il comitato Aia e nel momento in cui l’ultima sperimentazione fatta sui camini dell’Ilva mi dice che su tre camini, in due casi, la diossina che viene buttata fuori è sotto il 2,5%, perché i dati sono 1,9-2,3 e 3,2%, ci rendiamo conto che si può fare. Tirino fuori i quattrini e facciano».
Conclusione: «se si può fare, io glielo impongo anche per legge, in modo tale che, nel dibattito sull’autorizzazione integrata ambientale, si sappia che noi siamo vincolati a questa legge regionale». E sull’ipotesi di farla diventare nazionale questa legge, sostituendo il termine “Puglia” con il termine “Italia? «Magari. Purtroppo, non mi pare che l’attuale Parlamento abbia questa sensibilità».
Parole pesanti poi per l’on. Pietro Franzoso: «Dovrebbe spiegare al suo ministro, il ministro Stefania Prestigiacomo, che per tre vole le ho proposto di fare un accordo per fare insieme e per vincerla insieme, questa battaglia. Il centrodestra si è pentito? Allora vengano qua e soprattutto vengano in aula: perché dobbiamo impegnarci tutti a votare la legge prima di Natale. Questa è la sfida: altrimenti questa manifestazione si risolverà nel solito, inutile, giro di valzer».
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