Diossina, allarme all'interno dell'ilva
A Taranto, l´ultimo allarme inquinamento arriva dalla terra. L´Arpa ha comunicato nelle scorse settimane all´Ilva la positività di un pezzo di "suolo superficiale" all´interno dell´azienda: sono stati registrati valori di diossina tre volte e mezzo superiori alla norma (350 nanogrammi contro i 100 previsti per le zone industriali).
L´azienda ha risposto alla nota dell´Agenzia regionale per l´ambiente promettendo nuovi campionamenti, ulteriori approfondimenti e comunque la segregazione dell´area. «Ci hanno assicurato comunque che quell´area non è frequentata da persone» spiega il direttore generale dell´Arpa, Giorgio Assennato.
La positività del terreno intorno all´Ilva non è la sola: altre ne sono state segnalate anche nelle zone esterne. Al quartiere Tamburi, per esempio, o nei campi vicini alla masseria Fornaro dove avevano pascolato le pecore alla diossina.
La causa dell´inquinamento è però al momento sconosciuta: la responsabilità potrebbe essere dell´Ilva ma anche delle altre aziende che insistono sulla zona industriale. «Visti questi dati - continua Assennato - non possiamo che cominciare con i carotaggi: bisogna verificare se c´è in qualche maniera un inquinamento della falda».
Negli anni scorsi c´erano state una serie di verifiche di questo genere, che però avevano allontanato il pericolo. «Se la falda non fosse stata toccata - spiega il direttore generale dell´Arpa - i pericoli sarebbero comunque contenuti: il rischio per l´uomo è l´inalamento per inalazione delle sostanze tossiche, qualora ci sia una movimentazione del terreno. E chiaramente se mai si dovesse coltivare o allevare qualcosa su quelle zone. Il rischio è quello che è accaduto per le pecore».
Proprio per scongiurare questo pericolo, l´Arpa ha presentato un piano alla Regione che prevede il controllo dei terreni con un raggio di quindici chilometri partendo dalla zona industriale.
Stesso controllo che effettuerà l´Asl per quanto riguarda gli alimenti: i tecnici del servizio di prevenzione hanno infatti chiesto un finanziamento straordinario per verificare se siano stati immessi (o se ci sia comunque il rischio) nel ciclo alimentare, prodotti in qualche maniera alterati.
A fare scattare l´allarme era stata una ricerca condotta dagli ambientalisti di Peacelink che aveva segnalato valori altissimi nei formaggi e nelle mozzarelle prodotte nelle masserie a due passi della zona industriale. Una relazione dell´Ispsel escludeva però la contaminazione degli alimenti.
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