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Meno lavoro all´Ilva, aria più pulita

Indagine dell´Arpa, una novità è rappresentata sicuramente da Taranto: solo 3 superamenti nel 2009. Gli Ambientalisti: «È la prova di come in città crolli l´inquinamento se l´Ilva diminuisce la produzione».
31 gennaio 2009
Giuliano Foschini
Fonte: Repubblica

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Non è la Taranto dell´Ilva e non è nemmeno la Bari delle automobili. La città più inquinata di Puglia, una delle prime dieci d´Italia, è Torchiarolo, un centro di cinquemila anime alle porte di Brindisi.

Secondo i dati della motorizzazione non circolano nemmeno duemila automobili eppure la centralina che rileva la concentrazione di pm10 (le polveri sottili) ha superato i limiti imposti dalla legge per 16 volte in 29 giorni. Più che una volta ogni due giorni l´aria di Torchiarolo è irrespirabile, pericolosa. «I valori sono così alti - dice l´Arpa - a causa di sorgenti locali oggetto di analisi in corso e compatibili con la combustione di legna o simili».

O si tratta di caminetti a legna oppure di combustione di origine industriala: a pochi passi da Torchiarolo c´è la centrale di Cerano dell´Enel. Ma l´Enel - sulla base di una vecchia indagine commissionata al Cesi (il Centro elettrotecnico sperimentale italiano) - ha sempre negato dati alla mano una correlazione tra i picchi e la propria attività. I valori così alti del pm 10 non sono certo una novità: nel 2005 i superamenti sono stati 55; nel 2006 è stata toccata la quota di 93; nel 2007 56 e anche lo scorso anno hanno superato i sessanta.

Non benissimo Bari: se lo scorso anno si era registrato un incremento importante del pm10, nel 2009 la centralina maledetta di piazza Luigi di Savoia ha contato già dieci superamenti, uno ogni tre giorni. Quattro invece quelli in via Marthin Luther King, uno soltanto allo stadio San Nicola che invece era stata la maglia nera lo scorso anno.

Una novità invece è rappresentata sicuramente da Taranto: se negli anni scorsi i superamenti dei limiti imposti dalla legge si verificavano con una media di cinque-sei volte al mese, i primi 30 giorni del 2009 sono stati d´oro: la centralina di via Macchiavelli ha registrato tre superamenti mentre tutte le altre, comprese quelle a ridosso della zona industriale e quindi dell´Ilva, ne hanno registrata una appena. «È la prova - dicono le associazioni ambientaliste - di come in città crolli l´inquinamento se l´Ilva diminuisce la produzione: da una parte ci sono migliaia di operai in cassa integrazione, dall´altra abbiamo un´area più respirabile».

Il caso Taranto è tornato ieri nuovamente alla ribalta con il rapporto annuale dell´Eurispes sulle province italiane. «L´inquinamento di Taranto è un´emergenza nazionale» confermano i tecnici dell´istituto di ricerca, sulla base dell´elaborazione di dati già noti. «Gli stabilimenti emettono oltre i 23,4 milioni di tonnellate di anidride carbonica, il 26% in più rispetto al 2002» La diossina è invece «93 volte oltre il limite di guardia». Allarmanti sono - sempre secondo l´Eurispese - «le emissioni di sostanze inquinanti attribuibili ai grandi stabilimenti industriali» come appunto l´Ilva, «ma anche l´Eni, l´Edison e la Cementir».

Oltre alla anidride carbonica, in quattro anni lo zinco è incrementato del 166,5 per cento, il cromo del 60,2, il rame del 59,9. «Preoccupante anche lo sforamento del limite dell´ozono nell´aria e di biossido di azoto». «Taranto - commenta la segretaria confederale della Cgil, Susanna Camusso - versa in una situazione grave che va affrontata dal governo e dalle imprese investendo in risanamento.

Una scelta apparentemente scontata e che invece, nonostante gli sforzi del governo locale, non sta avvenendo. Ora basta: non si può più rinviare una scelta sulla qualità delle politiche di ricerca e di sostegno alla innovazione giocando sulla pelle dei cittadini e dei lavoratori».

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