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Riappropriamoci della nostra salute

Taranto è sul tavolo che conta nel tentativo di convincere chi detiene il potere che in questo modo non può durare a lungo. E’ questo il momento di serrare le fila e smuovere qualunque timore per raggiungere l’obiettivo. Che è quello semplicemente di riappropriarsi della salute.
17 febbraio 2009
Marcello Di Noi
Fonte: TarantOggi

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Rottura sfiorata, la speranza non è sepolta. La speranza di un cielo pulito, la necessità di aria respirabile, l’urgenza di cambiare un destino già amaro. Tanta retorica potrebbe scriversi quando c’è Taranto, e il suo futuro ambientale, sul tavolo dei politici che decidono.

Potremmo immalinconire dipingendo una città sognata. Oppure alimentare rabbia per chi non vuol capire. Taranto è sul tavolo che conta nel tentativo di convincere chi detiene il potere che in questo modo non può durare a lungo.

I tecnici che non ascoltano le ragioni e le doti scientifiche di chi ha studiato la nostra atmosfera sembrano alieni che non comprendono il linguaggio terreno: com’è possibile, ci si chiede?

Eppure, la ribellione di una città, la legge di una Regione e, soprattutto, l’aria ammorbata, avrebbero dovuto quanto meno indurre a riflessione il Governo, d’accordo fatto di imprenditori ma pur sempre il Governo del nostro Paese. E cioè il Governo eletto dai cittadini italiani e chiamato perciò a interpretare le esigenze degli italiani, non soltanto di quelli che accumulano profitti non guardando in faccia alcuno.

No, non possiamo davvero credere che a Roma non comprendano quel che accade da queste parti. E non bastano i livelli occupazionali o il danaro che viaggia in direzione della Capitale per rassegnarsi: la salute è un bene primario, la salute non può asservirsi alle logiche dei portafogli gonfi. Non sappiamo, ora, se l’ennesima riunione tecnica produrrà gli effetti per noi, cittadini di Taranto, tanto auspicati: troppa la pressione esterna su chi dovrà decidere e sottoporre all’attenzione del Governo, troppi gli interessi in gioco perché si possa davvero piegare le resistenze di quanti, finora, da Taranto hanno prelevato soldi e dilaniato polmoni. Pessimisti? Forse. Fiduciosi? Non granchè.

L’Ilva ci ha ormai abituati ai cambi di direzione, abile regista di programmi, cronoprogrammi, atti d’intesa e accordi di programma mai veramente e seriamente perseguiti, approfittando pure di connivenze sciagurate dei politici, locali e non. Non sappiamo come andrà a finire, né possiamo immaginare una sorta di conversione sulla via di Damasco degli attori negativi di tutta questa vicenda. Basterebbe tornare su consistenti tesi più volte sciorinate: l’Ilva è strategica per il Paese, l’Ilva non è mai stata capace né ha mai voluto rispondere alle esigenze della città in cui opera, l’Ilva userà tutti i metodi possibili pur di non assoggettarsi a leggi ed etica.

Di grazia, avete mai davvero percepito un minimo di volontà, in tutti questi anni, nella famiglia Riva di investire seriamente sull’ambiente e sul territorio? E quanti passi avanti ha mai veramente compiuto? Certo, ci sono migliaia di famiglie che campano con lo stipendio dell’Ilva: in una città dove il lavoro latita ormai da decenni, è la leva su cui conta Riva.

Il timore di chiusura degli impianti pervade il tarantino: dove andrebbe a lavorare se l’Ilva si fermasse definitivamente? Già, ma si è mai chiesto qualcuno se Riva potrebbe sopportare il peso di un territorio grande due volte e mezzo la città da bonificare? E se non lui, lo Stato? Perché questo è il punto: se l’Ilva minacciasse la chiusura, essa stessa o lo Stato dovrebbero ripagare la città secondo il principio, sancito anche e soprattutto in sede europea, che ci inquina paga i danni. Qualcuno ci ha veramente pensato su questo?

E allora, smettiamola di aver paura: Taranto può e deve compiere un salto di qualità. Nella lotta all’inquinamento e agli inquinatori, nella sua capacità di ribellione ai poteri, occulti o solari, che risiedono a Roma (o altrove, non importa). C’è una legge che finalmente offre una sponda importante.

Ci sono istituzioni che hanno finalmente deciso di porre l’emergenza-Taranto al centro delle attenzioni. C’è una coscienza popolare che finalmente può urlare e farsi sentire. C’è, soprattutto, chi – e il riferimento è ad Assennato e ai suoi collaboratori – scientificamente smaschera pupazzi e pupari.

Ci sono riscontri anche di assoluto rispetto che dichiarano la nostra città ad altissimo rischio: basterebbe soltanto riprendere l’analisi dell’Eurispes, senza dimenticare altre comunità scientifiche a livello mondiale che fotografano, ormai da tempo, la nostra città come tra le più inquinate nel pianeta. Ecco perché, qualunque sia l’esito del confronto odierno a Roma, Taranto non può e non deve abbassare la guardia.

E’ questo il momento di serrare le fila e smuovere qualunque timore per raggiungere l’obiettivo. Che è quello semplicemente di riappropriarsi della salute. La nostra e quella delle future generazioni.

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