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Risposta all'Ilva sul 92% della diossina: è un dato fasullo? O no?

La dirigenza Ilva “litiga” con la matematica e con i dati del registro Ines. La cosa sorprendente è che i dati contenuti nel registro Ines non li ha forniti PeaceLink o l’Arpa: sono i dati che l’Ilva ha fornito al Ministero dell’Ambiente. Appello a Riva: "Caro presidente, la diossina può scendere di molto rispetto al quel 92%. Ma lasci perdere la matematica. Metta i filtri ai camini e li faccia funzionare".
21 maggio 2009
Peacelink

ILVA Taranto (1)
La dirigenza Ilva “litiga” con la matematica e con i dati del registro Ines (Inventario Emissioni e Loro Sorgenti). Ha infatti indetto una conferenza stampa affaticandosi a mettere in dubbio le elaborazioni statistiche basate sui dati Ines (Ministero dell’Ambiente).

La cosa sorprendente è che i dati contenuti nel registro Ines non li ha forniti PeaceLink o l’Arpa: sono i dati che l’Ilva ha fornito al Ministero dell’Ambiente.
Di che si lamenta allora l’Ilva? Dei suoi stessi dati?
A questo punto l’Ilva deve mettersi d’accordo con se stessa.

Infatti i “numeri della diossina” parlano chiaro, chiunque può fare i calcoli e verificare se l’Ilva ha torto o ragione nel contestare le percentuali:

Anno____ Ilva Taranto__ Totale industrie Italia__ %
2002____71,4 g________222,5 g_____________32,1%
2003____73,4 g________106,9 g_____________68,7%
2004____76,2 g_________92,1 g_____________82,7%
2005____93,0 g________103,0 g_____________90,3%
2006____91,5 g_________99,5 g_____________92,0%

Occorre inoltre notare che i dati di stima forniti dall’Ilva al Ministero dell’Ambiente sono di gran lunga inferiori ai dati di ricavati dall’Arpa Puglia con le misurazioni al camino: l’Arpa ne ha misurati ben 172 grammi all’anno. Se si utilizzasse il dato Arpa, la percentuale del 92% salirebbe quindi ancora di più.

Andando a scavare nel “pianeta diossina” i numeri, come si può constatare, rischiano di peggiorare ulteriormente. Per questo la conferenza stampa Ilva convocata per smentire le “note statistiche” rischia di rivelarsi un clamoroso autogol: la gente sa fare i calcoli.

Qualunque giornalista e cittadino può fare i suoi conti e verificare.

L’Ilva può anche pagare il miglior matematico del mondo, ma i dati percentuali rimangono invariati in assenza di altri dati ufficiali di raffronto relativi alle emissioni industriali. L’Ilva può polemizzare con le associazioni ambientaliste ma per favore non litighi con la matematica.

Del resto noi di PeaceLink abbiamo sempre precisato con pignoleria e insistenza che “l’Ilva emette il 92% della diossina industriale inventariata nelle stime del registro Ines”. E’ un’affermazione corretta e inattaccabile perché riferisce e circoscrive con precisione scientifica il dato percentuale al tipo di informazione elaborata e alla fonte da cui essa è tratta.

I dati del registro Ines sono sul sito
http://www.eper.sinanet.apat.it/site/it-IT/Registro_INES/Ricerca_per_complesso_industriale
e si ricavano digitando “Ilva”.
Per il totale delle emissioni nazionali, esse si ottengono eseguendo la ricerca su
http://www.eper.sinanet.apat.it/site/it-IT/Registro_INES/Ricerca_per_inquinante
e si ricavano selezionando la sigla PCDD/F (diossine e furani).

Per i dati del 2006 occorre cliccare su
http://www.eper.sinanet.apat.it/site/it-IT/Documentazione/Documentazione
i cui dati sono stati rielaborati da PeaceLink nel rapporto “La mappa dell’Italia inquinata dalle ciminiere” scaricabile da http://www.peacelink.it/editoriale/docs/2813.pdf

Ma andiamo oltre.
Appare sterile la polemica della dirigenza Ilva sulle percentuali in quanto ciò che conta non è il 92% di diossina ma è il totale di grammi (ossia il dato assoluto dei 172 grammi) che si disperdono nell’ambiente ogni anno. E’ infatti il dato assoluto, ossia il dato concreto, che preoccupa. Va ricordato che anche solo un miliardesimo di grammo (ossia un nanogrammo) di diossina costituisce una dose pericolosa per la salute umana.

Se quei 172 grammi annui entrano nella catena alimentare è il disastro. Questo ci fa comprendere l’importanza della grande lotta che sta compiendo il Dipartimento di Prevenzione della Asl di Taranto. Con i suoi attuali controlli sugli alimenti sta evitando che quei 172 grammi (uniti ai vari chili già da anni depositati sui terreni) facciano capolino sulle nostre tavole. E’ una lotta contro il tempo evitare il peggio.

L’Ilva obietta che tutte le aziende nazionali che rimangono sotto le emissioni di 1 grammo annuo di diossina non sono tenute alla comunicazione del dato al registro Ines. Questo è vero. Ma se questo è valido per i camini degli altri stabilimenti italiani, non di meno lo è anche per tutti quei camini dell’Ilva che emettono diossina sotto il grammo annuo: l’Ilva non conteggia quindi la diossina di tutti i suoi camini ma solo la diossina del camino E312 dell’impianto di agglomerazione (la maggiore fonte in assoluto di diossina).

La “scappatoia” della soglia di 1 grammo/anno di cui si avvalgono altre aziende vale anche per l’Ilva che così può non conteggiare ad esempio la diossina dei camini cokeria. Per non parlare delle emissioni diffuse di diossina (ossia non convogliate dai camini) che non sono assolutamente conteggiate e che rimangono anch’esse fuori dal registro Ines.

Scavando scavando come si vede la realtà dei fatti non dà assolutamente ragione alle tesi della dirigenza Ilva. Al contrario fa emergere una “dimensione nascosta” delle emissioni di diossina su cui fino a ora non si è mai discusso a fondo. Essa riguarda proprio le ricadute delle emissioni diffuse di diossina sul quartiere Tamburi.

Su una cosa però l’Ilva può avere ragione e gliela diamo volentieri. La procedura di comunicazione dei dati all’Ines potrebbe essere sottostimata. Ossia le aziende potrebbero comunicare al registro Ines dati inferiori alle emissioni concrete. Il Ministero dell’Ambiente prevede una validazione dei dati da parte dei suoi tecnici (e per questo vengono pubblicizzati con un paio di anni con ritardo: ad oggi abbiamo solo i dati fino al 2006). Ma ciò non è sufficiente.

Pertanto, se vogliamo avere un calcolo più esatto dell’ammontare della diossina industriale nazionale occorre porre nei camini delle aziende un sistema di controllo continuativo: il cosiddetto campionamento in continuo.

In tal modo l’Ilva potrà essere sufficientemente rassicurata che le altre industrie non forniscano dati falsati o inferiori alle emissioni reali.

Tutto ciò è a portata di mano. Il campionamento in continuo potrebbe diventare obbligatorio fra qualche mese. La Commissione Europea ha dato infatti incarico ad un gruppo di tecnici di elaborare la parte V della normativa EN-1948 e ciò costituisce la mossa decisiva per imporre a tutte le aziende il controllo 24 ore su 24 e 365 giorni l’anno. La data di approvazione della nuova normativa è vicina: il 30 giugno 2009.

Rivolgiamo pertanto all’Ilva, che tanto si lamenta dei dati sottodimensionati comunicati da altre aziende, un accorato appello: si faccia assieme a PeaceLink paladina del campionamento in continuo.

Visto che la dirigenza Ilva ci tiene all’esattezza dei dati, dia l’esempio in tal senso e esiga che questo sistema venga reso obbligatorio appoggiando la Commissione Europea e convincendo il governo che i camini della diossina delle varie industrie nazionali vengano monitorati tutto l’anno senza interruzione.

E infine ci rivolgiamo a Riva: caro presidente, la diossina può scendere di molto rispetto al quel 92%. Ma lasci perdere la matematica. Metta i filtri ai camini e li faccia funzionare. Vedrà che quel brutto numero scenderà di molto, parola di ambientalisti.

Alessandro Marescotti
Presidente di PeaceLink
www.peacelink.it

Note: DIOSSINA:ILVA TARANTO, INATTENDIBILI DATI REGISTRO EMISSIONI
(ANSA) - TARANTO, 20 MAG - ''I dati riportati nel registro Inventario nazionale delle emissioni e loro sorgenti (Ines) secondo i quali il 92% della diossina prodotta in Italia e' riferibile all'Ilva di Taranto sono inesatti e fuorvianti''. Lo ha detto nel corso di un incontro con i giornalisti il responsabile della direzione per la sicurezza dell'azienda siderurgica, Adolfo Buffo, facendo riferimento a dati pubblicati tempo fa e a piu' riprese commentati da giornali locali. Buffo ha fatto presente che non e' possibile fare un confronto con le altre realta' industriali sia perche' le aziende utilizzano differenti metodologie per raccogliere i dati sia per il fatto che solo 5 industrie su 670 presentano autodichiarazioni sulla diossina. ''Il rapporto Ines sulle emissioni inquinanti - ha aggiunto Buffo - racconta solo una piccola parte dei fenomeni, molto distante dalla verita' dei fatti. Basti pensare che in un rapporto dell'Arpa Puglia si legge che la quota imputabile a Taranto per quel che riguarda la diossina e' del 21%''.

ANNOTAZIONE: sul Corriere del Mezzogiorno del 22/5/2009 si dice che il documento da cui Ilva ha preso il dato del 21% è una relazione Arpa del 19 novembre 2008. La si allega. Non emerge il dato del 21%. Come mai viene diffusa un'informazione di tal genere?

Si legga
http://www.arpa.puglia.it/uploaddocumenti/EMISSIONI%20%20IN%20PUGLIA%20.pdf

E' scritto da Arpa Puglia a p.32: "Per quel che riguarda le Diossine, dai dati INES 2006 la situazione risulta ancora più critica poiché la Puglia emette il 91,5% di PCDD e PCDF con un valore pari a 91,96 g/anno".

Allegati

  • I dati Arpa

    481 Kb - Formato pdf
    Non c'è il 21% di cui parla l'Ilva.
  • Intervista a un dirigente Ilva

    Cesare Bechis
    Fonte: Corriere del Mezzogiorno
    258 Kb - Formato pdf
    Ecco l'articolo in cui emerge il dato del 21%

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