Marescotti (Peacelink): «Ora il monitoraggio deve essere continuo»
Alessandro Marescotti, il ministro Prestigiacomo rilancia: non ci si può impiccare, dice, ai limiti di emissione di diossina previsti dalla legge regionale per dicembre 2010. Si prospetta l’ipotesi di una nuova deroga che consenta all’Ilva di prendere tempo. Cosa pensano gli ambientalisti?
«Mi sembra di risentire i discorsi fatti al momento dell’approvazione del protocollo che spostava a luglio l’avvio dell’impianto Urea. L’impianto, ricorderete, doveva entrare in funzione a marzo. Vero, nessuno s’impicca alle scadenze. Riconosciamo la necessità dei tempi tecnici, ma devono essere certi. Un impianto che adotta le tecnologie utili a tagliare fino al 90 per cento le diossine si costruisce in sedici mesi, basta vedere i cataloghi tecnici. Se invece di sedici mesi ce ne vogliono diciotto non crolla il mondo, ma dobbiamo evitare ulteriori rinvii».
Ma i fatti tecnici possono diventare “politici”?
«Perciò è importante sottolineare che eventuali rinvii devono dipendere esclusivamente da fatti tecnici e non da espedienti per dilatare i tempi di applicazione della legge. E’ importante, per esempio, trovarsi d’accordo sulle tecnologie da adottare. Ilva e Arpa dovranno decidere. A dicembre il ministero dell’Ambiente dovrebbe concedere l’Aia, Autorizzazione integrata ambientale. Poi c’è l’ appuntamento che noi ambientalisti riteniamo determinante: il campionamento in continuo, 24 ore su 24, che dovrebbe scattare dal prossimo anno. L’Unione Europea lo renderà obbligatorio o chiederà di adottarlo in tempi brevi. L’adozione di nuove tecnologie, in base all’accordo Ilva-Arpa, dovrebbe consentire un taglio del 98 per cento delle diossine, del 95 per cento delle polveri, del 97 per cento di piombo e mercurio».
Tornando alla politica, potrebbe complicare il percorso che ci troviamo di fronte?
«Non sono un esperto. In politica due più due non fa quattro. In politica si gioca a scacchi, si procede con le furbizie. Una cosa è certa: la lotta alla diossina va aiutata ecercheremo di fare pressione perché l’argomento non scompaia dal dibattito politico. I politici devono essere chiari con i cittadini e la vicenda ambientale non deve essere usata strumentalmente. In Norvegia i partiti di maggioranza e di opposizione hanno fatto un accordo interparlamentare per anticipare il protocollo di Kyoto. Da noi su questi temi si litiga».
Nel 2010 si voterà alla Regione. Sinistra democratica ha proposto un disegno di legge sugli idrocarburi policilici aromatici, il nuovo fronte della lotta all’inquinamento. Il clima, però, potrebbe cambiare.
«Io spero che il disegno di legge non si areni per giochi politici. Vendola riuscirà a fare la legge sugli “Ipa”? Molto dipende dalla pressione degli ambientalisti. A novembre torneremo in piazza replicando la manifestazione di Alta Marea. Cadrà nel periodo in cui si discuterà del rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale da parte del ministero. Dobbiamo ottenere qualcosa in più. Quest’anno dopo la legge sulla diossina, sosterremo la nuova proposta di legge di Sinistra democratica. La questione degli idrocarburi policiclici aromatici a Taranto allarma come la diossina. Al quartiere Tamburi si inalano due sigarette al giorno. Non va sottovalutato, poi, l’aspetto dell’avvelenamento della catena alimentare. E gli “Ipa” incidono molto; come la diossina possono entrare in prodotti di pregio come l’olio di oliva. Sulla questione sicurezza alimentare siamo solo ai primi passi. Il problema riguarda anche la falda acquifera. Attenzione».
Chiedete il monitoraggio in continuo. Non basta il sistema previsto dalla legge?
«La legge sui monitoraggi è molto bizantina. Ma il problema non è quello del margine d’incertezza delle misurazioni quanto quello della procedura dei campionamenti. La procedura tutela al massimo l’Ilva. In Friuli basta una sola verifica e l’impianto viene fermato se si sfora il tetto di emissioni. La legge regionale prevede tre controlli: se uno dei tre supera i limiti, ma gli altri due no e la media dà valori inferiori ai limiti, l’impianto non si ferma ma si fanno solo verifiche. E’ come una partita di calcio in cui il cartellino rosso arriva dopo tre cartellini gialli».
La crisi potrebbe pesare sulle decisioni dell’Ilva in materia ambientale?
«La crisi non dovrebbe pesare sui nuovi limiti da raggiungere. L’Ilva in 365 giorni produce meno e inquina meno, questo dovrebbe essere un grosso vantaggio perché nel periodo di crisi potrebbe adeguare gli impianti con la massima calma. Il rallentamento della produzione potrebbe far rientrare le emissioni nei limiti dell’Aia, l’Autorizzazione integrata ambientale, ma deve essere adottato un criterio che noi vorremmo applicare: non solo un limite a metro cubo ma “a peso” con un tetto annuo: in un anno, cioè, la fabbrica non deve produrre più di un tot di inquinanti. Se l’Ilva ha dichiarato all’Ines di produrre una certa quantità di “Ipa”, gli idrocarburi policlici aromatici, ogni anno deve tagliare progressivamente del 10 per cento questa quantità. Dopo cinque anni avremmo un dimezzamento degli effetti delle sostanze inquinanti. E’ un cronoprogramma semplice, schematico. Secondo me una prospettiva imprescindibile».
Dopo quasi cinque anni di lotta la diossina calerà del 50 per cento. Una battaglia vinta anche perché la sua associazione, Peacelink, fu la prima ad occuparsi del problema.
«Al di là dei meriti di una singola associazione, si è incrinato un pregiudizio. Quanto volte abbiamo sentito dire che i tarantini non hanno spina dorsale, che non c’era nulla da fare di fronte all’inquinamento? La città ha preso coscienza che cambiare è possibile. Oggi Taranto lo ha toccato con mano. L’ambiente non è una battaglia persa, ma non illudiamoci: questa è una vittoria parziale. Ci avvicina sì al resto d’Italia e all’Europa, ma il cammino è ancora lungo». [fulvio colucci]
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