Se continueremo a distruggere il nostro ambiente finiremo col distruggere noi stessi
Abbiamo letto a malincuore la lettera inviata a Taranto sera da alcuni dipendenti Ilva e pubblicata dai quotidiani locali il 08/11/2009.
Ci dispiace rispondere ai colleghi che non condividiamo la loro scelta anche se comprendiamo i loro timori riguardo l’eventuale chiusura totale o parziale dello stabilimento.
Riteniamo opportuno evidenziare che anche noi siamo preoccupati per la nostra occupazione, ma se sentiamo continuamente che l’Ilva sta cercando di rispettare le norme ambientali e poi si legge di sversamenti in mare di sostanze tossiche e non parliamo solo di diossina, ci domandiamo chi ci prende più in giro l’Ilva o noi stessi?
Amiamo troppo la nostra città e non sopportiamo più che sia continuamente protagonista nelle cronache per malattie e inquinamento. Cari colleghi siamo tutti consapevoli che questa situazione di crisi ci rende incerti e timorosi ma non possiamo tralasciare il diritto inalienabile della salute pubblica.
Ambiente e lavoro devono coesistere, la nostra città non merita di essere fatta a pezzi da qualcosa che in verità ci rende ciechi e ignoranti. Dobbiamo lottare affinchè possiamo dimostrare che non siamo sacrificabili ma desiderosi di portare Taranto a ben altri traguardi.
Non firmeremo questa lettera, sperando che non si consideri ciò un atto vile riteniamo opportuno seguire una strategia per raggiungere un obbiettivo comune, liberare Taranto da questa morsa che la rende la città più inquinata e dissestata d’Italia e forse d’Europa. Non demonizziamo la fabbrica ma speriamo sia possibile renderla ecocompatibile e cioè che possa soddisfare le nostre esigenze senza compromettere quelle delle generazioni future.
Ma se questo non è possibile, se continuiamo a permettere di distruggere il nostro ambiente finiremo col distruggere noi stessi.
Per tanto crediamo che la nostra generazione abbia il dovere di impegnarsi e approfondire le questioni ambientali. Per rimediare a 50 anni di scelte che hanno di fatto distrutto questo territorio, non possiamo più accettare il ricatto occupazionale, l’occupazione a qualunque costo, per dare un alternativa ai nostri figli, che non siano costretti come noi a scegliere tra la fabbrica o andare via , come hanno già fatto molti nostri fratelli.
Apprendiamo comunque con piacere la volontà da parte dei nostri colleghi di essere disposti a manifestare, anche se con mezzi discutibili (bloccare la città), per vedere rispettati i propri diritti.
Allo stesso tempo ci chiediamo come abbiamo fatto a rimanere inermi d’avanti all’abuso di 52 settimane di cassa integrazione ordinaria e ancora di più altre 52 di straordinaria che nessuno sa come andrà a finire, da parte di un gruppo che fino al 2008 proclamava record su record elargendo premi anche cospicui ma solo per pochi?
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