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Il caso

L'Eni naviga in alto mare

A Taranto il gigante petrolifero ha il via libera alla ricerca di pozzi off shore. Tra relitti archeologici, cetacei e specie marine protette
Gianluca Schinaia
Fonte: L'Espresso - 20 novembre 2009

- A Taranto l'Eni possiede già una raffineria e una centrale termoelettrica. E si sente così a suo agio che nella città pugliese ora vuole potenziare le sue attività.

L'azienda di Paolo Scaroni infatti ha chiesto di riconvertire la vecchia centrale ad olio combustibile in turbogas, salendo da 80 a 300 megawatt di potenza. Ma alla riduzione degli ossidi di zolfo corrisponderebbe l'aumento di monossido di carbonio e di C02, e così la Regione Puglia ha bloccato la riconversione della centrale, come pure un ampliamento della raffineria. In compenso l'Eni ha ottenuto un prezioso via libera: il permesso di sondare i fondali marini tarantini alla ricerca di idrocarburi.

Il 23 Luglio scorso il ministero dei Beni culturali ha dato l'ok per le attività di ricerca off shore in un'area di 515 km quadrati nel mar Grande. Un avallo che l'Eni attendeva da 13 anni.

Nle 2001 era stato proprio il ministero dei Beni Culturali a porre un secco rifiuto.
Motivo? "L'intervento riguarda una vasta area di straordinario interesse ambientale e di particolare bellezza".

Oggi, tutto è cambiato.

Primo, le soprintendenze pugliesi decidono di approvare le ricerche (pochi i vincoli : abbandonare i lavori se si trovano relitti archeologici, e interrompere le perlustrazioni per mezz'ora in caso di avvistamento di cetacei).
Secondo, entra in vigore la nuova legge che autorizza la ricerca di idrocarburi in mare: le amministrazioni locali non sono coinvolte nella procedura di approvazione (neppure lArpa), e le prospezioni possono essere eseguite con qualsiasi mezzo.
La tecnica Air Gun che L'Eni vorrebbe usare in mar Grande è un'onda sonora lanciata sui fondali marini alla ricerca di giacimenti.
Secondo l'associazione pescatori di Taranto, l'impatto potrebbe provocare la diminuzione del pescato del 70 per cento e ledere la Posidonia oceanica, specie tutelata. Ma il Ministro dello Sviluppo Economico tranquillizza:" L'Eni e il Comune di Taranto hanno chiarito che il programma prevederà l'effettuazione di ricerche, ma non l'esecuzione di pozzi".

Perchè fare ricerche se poi gli idrocarburi non sono estratti? Mistero.

L'unico che non si è ancora pronunciato è il ministero dell'Ambiente. Forse sta cercando di sciogliere un altro mistero: sulla lettera del responsabile della centrale Enipower di Taranto, Antonio De Roma, che lo scorso 7 Ottobre chiedeva che il monitoraggio delle sostanze inquinanti dello stabilimento fosse effettuato per "verifica semestrale" e non con campionamento continuo" com'è oggi. E vantava l'ok dell'Arpa regionale. Peccato che il direttore dell'Arpa Regionale, Giorgio Assennato, smentisca: " Mai comunicato nulla all'Eni, della lettera non sappiamo nulla e non siamo d'accordo".
Il ministero dell'Ambiente ha detto no: i fumo vanno analizzati ogni giorno.

CHI RESPIRA SI AVVELENA

Un bambino del quartiere tarantino Tamburi inala 938 sigarette l'anno, anche se non ha mai fumato. E' il dato sconvolgente che Peacelink anticipa all'Espresso. Il quartiere Tamburi è considerato il più inquinato d'Europa in una città stimata come la più inquinata d'Italia. E a Taranto l'inquinamento è di origine industriale, come documentato nel 2006 dall'Arpa. Nel quartiere Tamburi si depositano le polveri con la diossina dell'acciaieria Ilva e il benzoaprirem un potente cancerogeno. Dato che tale veleno è anche frutto della combustione delle sigarette, peacelink ha calcolato quanto benzoapirene respira un bambino dei Tamburi e ha fatto l'equivalenza: a sei anni ha già avuto nei polmoni benzoapirene equivalente a 5.628 sigarette.
L'anno scorso 20 mila persone hanno sfilato a Taranto per protesta. Quest'anno il corteo si ripeterà per chiedere la piena applicazione della legge regionale antidiossina.

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