L’ILVA e il “Parere della Commissione IPPC”
Una prova di forza
"Il dibattito sui tumori in questa città è completamente inventato".
E’ quanto ha dichiarato Emilio Riva al giornalista Luigi Abbate di Bs Television, al termine della conferenza stampa che l'azienda ha tenuto, nei giorni scorsi, sull'ambientalizzazione a Taranto. Immediatamente dopo, un solerte dirigente Ilva ha strappato dalle mani del reporter il microfono e lo ha portato via. Le telecamere, però, hanno ripreso la scena e il filmato, finito su You Tube, ha scatenato la reazione della società civile di Taranto.
“Benedizione” ministeriale in arrivo
Oggi siamo in grado di spiegare il perché di tale e tanta arroganza. Occorre leggere per intero il “Parere della Commissione IPPC” inviato in data 29 ottobre 2009 al Ministero dell’ambiente, relativo alla Autorizzazione Integrata Ambientale di Ilva Taranto. Con quel parere noi riteniamo che il patron di Ilva stia per ottenere una “proroga” delle sue emissioni inquinanti, grazie a un’autorizzazione integrata ambientale a lui favorevole e con la “benedizione” del Ministero dell’Ambiente.
La mobilitazione civile e “tecnica”
Ma è in atto la mobilitazione dei cittadini di Taranto e questo può fare la differenza.
E’ iniziata oltre due anni fa ed è portata avanti con tenacia e rigore tecnico. Ha l’obiettivo di ottenere che lo Stato imponga all’Ilva una netta e severa riduzione dell’inquinamento industriale prodotto dai suoi impianti. Le associazioni tarantine in questi anni hanno stilato ben 18 documenti che sono stati inoltrati al Ministero dell’ambiente che li ha pubblicati sul sito specifico per le AIA (Autorizzazioni Integrate Ambientali). Le più significative osservazioni e richieste della società civile e degli ambientalisti sono state condivise dai Sindaci di Taranto e Statte. Essi, con lettera prot. n. 709 del 29 gennaio 2009, hanno trasmesso le “Indicazioni dei Sindaci di Taranto e Statte e osservazioni del pubblico ionico interessato” al Ministero che le pubblica sul proprio sito.
Il “Parere” della Commissione IPPC
Per banali disguidi, solo ieri siamo entrati in possesso del fantomatico “Parere della Commissione IPPC”, trasmesso dal Ministero agli ambientalisti e alla società civile di Taranto. Ne abbiamo scorso velocemente le sue 919 pagine: di esse citiamo alcuni punti significativi, rimasti irrisolti, nonostante l’invio dei 18 documenti definiti “Osservazioni del pubblico”, incluso il documento dei Sindaci prot. n. 709 del 29 gennaio 2009.
Ilva di Taranto è dichiarato “impianto a rischio di incidente rilevante” (pagina 37).
La diossina
L’impianto di abbattimento diossina è “non ancora avviato, previsto 4° trim. 2014” (pag 67). Di contro, “il Gestore non individua, anche nel lungo periodo, alcuna altra tecnica (ndr: oltre l’additivazione con urea) utilizzabile per conseguire un ulteriore abbattimento” (pag. 247), soprattutto per la peculiarità dell’impianto di Taranto che non ha eguali in Europa. A questo proposito, la Commissione IPPC, bontà sua, “ritiene opportuno che sia proprio il Gestore a dover individuare nuove soluzioni impiantistiche o accorgimenti tecnici”. Ma non si fissano tempi. Eppure di diossina prodotta dall’impianto di agglomerato si parla dal 1995 e certamente rappresentanti dei siderurgici italiani hanno partecipato all’elaborazione del documento comunitario Bref “Production of iron and steel” (documento approvato, versione 2001). Le polveri dagli e/filtri sono catalogate CER 100208 (pag. 157) e ammontano a 0,0101 Kg/tonn di agglomerato prodotto per un quantitativo di 1558,910 Kg/anno nel 2005, mentre negli anni precedenti e seguenti la quantità indicata è più che doppia rispetto a quella del 2005 (tabella 32 a pag. 169). La cosa più “interessante” sta nel fatto che quelle polveri, ragionevolmente impregnate di diossina, vengono inviate in discarica interna e, stando alla tabella di pag. 883, sono definite addirittura “rifiuti non pericolosi”.
Depolverazione
Gli interventi di adeguamento del sistema di depolverazione secondaria di ACC/2 “sono da verificare” (pag 79). “Relativamente all’ACC/1, il Gestore dichiara di avere provveduto nell’anno 1986 alla sostituzione del pre-esistente sistema di depolverazione secondaria di vecchia tecnologia ed operante in pressione, con uno di nuova tecnologia operante in depressione, attualmente in esercizio” (pag. 319). Ogni commento è superfluo: solo affacciandosi nel capannone di ACC/1, qualunque sprovveduto capirebbe quali sono le reali condizioni della depolverazione secondaria.
Il nuovo impianto di zincatura a caldo (ZNC/2) è escluso dalla procedura di VIA con determinazione della Regione Puglia n. 172 del 14.3.2008, ma non è ancora realizzato (pag. 96).
Tra gli interventi programmati “per ridurre l’inquinamento” viene addirittura indicata la realizzazione di due macchine bivalenti effettuata nel 2005 (pag 120), che in realtà sono state introdotte non per ragioni ambientali ma per ragioni di produzione.
Emissioni in aria e criticità
Nonostante tutto, gli aspetti generali delle emissioni in aria, viene ammesso, sono fortemente negativi (pag. 182): “non sono stati forniti dal Gestore documenti relativi ai flussi di materie ed energia, per ogni fase del processo”; “non sono state fornite informazioni esaustive relative alla misure e pratiche operative intraprese nel periodo transitorio di adeguamento. Inoltre si rileva la mancanza dell’adozione di misure di verifica dell’efficacia degli interventi di adeguamento realizzati”; “nel Piano di Monitoraggio presentato, il Gestore non ha presentato una caratterizzazione completa delle emissioni inquinanti dai camini degli impianti né ha adeguatamente argomentato le scelte di monitoraggio, descrivendo in particolare le motivazioni che hanno condotto all’esclusione di alcuni inquinanti”; “il Gestore non ha presentato valutazioni di analisi costi-benefici relativamente all’applicazione delle MTP di settore applicabili”. Le MTP sono le migliori tecnologie possibili.
Il destino delle osservazioni del “pubblico”
Il top della spregiudicatezza del “Parere” è nel Cap. 6 – Osservazioni del pubblico, che inizia a pag. 703. Si parte infatti con l’elogio sperticato del pubblico: “Le osservazioni prodotte durante la fase istruttoria hanno rappresentato un utile paradigma di raffronto sulle diverse tematiche esaminate dal GI (ndr: Gruppo Istruttore). Infatti, gli spunti critici e le problematiche emerse dall’analisi delle osservazioni ricevute hanno costituito un valido apporto istruttorio del quale il G.I. ha tenuto in massimo conto nella redazione del parere finale. Il GI non può, e comunque non intende rispondere ad osservazioni su profili ed aspetti amministrativi, procedurali e di sicurezza sul lavoro, come tali estranei all’ambito proprio della propria competenza. Deve però essere negato che il procedimento non abbia avuto una sufficiente pubblicità, come dimostra proprio il fatto che sono pervenute diciotto osservazioni di elevato spessore tecnico e funzionale.”
Dopo di che, parte l’affondo in senso opposto: “Come la giurisprudenza ha avuto modo di puntualizzare, le osservazioni sugli interventi rilevanti per l’ambiente, configurandosi come un apporto collaborativo offerto all’Amministrazione da chiunque abbia interesse, non richiedono, in caso di rigetto, una dettagliata confutazione, essendo sufficiente che dagli atti del procedimento risulti che sono state valutate e che sia stata espressa una sintetica valutazione negativa, che non deve necessariamente investire ogni singola argomentazione del proponente (cfr. infra multa di recente Consiglio Stato, sez VI, 23 febbraio 2009).”
Le osservazioni del “pubblico” non sono confutate nel dettaglio
E’ ben strano questo Gruppo Istruttore, che fa parte della Commissione IPPC che ha solo la funzione di supporto tecnico all’Autorità concedente l’AIA. Questo GI prima dichiara che “non intende rispondere ad osservazioni su profili ed aspetti amministrativi, procedurali e di sicurezza sul lavoro”, come se non fossero temi intrinseci e specifici dell’AIA, e subito dopo si arroga il diritto di non dover confutare in dettaglio le osservazioni prodotte dal pubblico, nascondendosi dietro la foglia di fico di una sentenza del Consiglio di Stato che evidentemente ha ignorato i dettami della Convenzione di Aarhus, finalmente operante anche in Italia anche se continuamente disattesa proprio dagli organismi dello Stato. Osserviamo, inoltre, che un eventuale arbitrio del genere andrebbe esercitato dall’Autorità concedente e non certo da un GI, che oltretutto fa parte di una Commissione la cui esistenza è stata annullata dal TAR Lazio con sentenza del 30 ottobre 2009, N. 10598/2009 REG. SEN., N. 10048/2008 REG. RIC.
Cosa potrà accadere nei prossimi giorni
Tornando ai contenuti del “Parere della Commissione IPPC”, di primo acchito abbiamo individuato i punti di maggiore sofferenza rimasti inascoltati: sono punti e indicazioni prodotti non solo dal “pubblico” ma anche dai Sindaci di Taranto e Statte. I Sindaci sono figure istituzionali alle quali né il GI, né l’Autorità concedente può negare una ragionevole argomentazione che rigetti le loro indicazioni. Ci sconcerta la presenza “silente” dei tecnici che rappresentano nel GI Comuni, Provincia e Regione Puglia.
A breve analizzeremo meglio tutto e in particolare il “Piano di Monitoraggio e Controllo” indicato e le “specifiche parti del parere che trattano ciascun inquinamento, ed in particolare (al)le prescrizioni date che in numerosi aspetti significativi accolgono nella sostanza le richieste nelle osservazioni presentate” (pag. 703). Sapremo così se ai gravissimi problemi irrisolti già individuati se ne aggiungeranno altri.
Per ora abbiamo la quasi certezza che se l’Autorità concedente farà suo il “Parere della Commissione IPPC” e concederà l’AIA ad Ilva con quei discutibili contenuti, il dramma dell’inquinamento industriale di Taranto resterà tal quale. A meno che il 28 novembre 2009, in concomitanza con la “Grande Marcia contro l’inquinamento” di Taranto, i partecipanti alla riunione riservata, convocata “per pochi intimi” al Ministero dell’ambiente sull’AIA di Ilva, non si ravvedano. Infatti ci sono molte probabilità che siano chiamati da un’intera città a rispondere del proprio operato e non solo dalla propria coscienza.
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