Diossina nelle lumache del tarantino
Diossine e pcb (il policlorobifenile, anch’esso altamente inquinante) nelle lumache raccolte «in un terreno agricolo tra Statte e il quartiere Tamburi» a ridosso della zona industriale. E’ il Fondo anti-diossina guidato da Fabio Matacchiera ad aprire un nuovo capitolo sull’inquinamento a Taranto. Ieri sono stati resi noti i risultati delle analisi richieste al laboratorio di Chimica della Facoltà di Ingegneria dell’innovazione dell’Università del Salento di Lecce e i dati appaiono preoccupanti.
«Diossina e pcb sono stati ritrovati sulle lumache della specie “Helix aperta”, quelle che compaiono sulle nostre tavole e che sono considerate una prelibatezza » spiega la nota del Fondo antidiossina avvertendo: «E’ la specie più contaminata. Si registrano 27,65 picogrammi di diossina e Pcb per ogni grammo di lumaca. Per fare un paragone, basandosi sulla normativa europea vigente dal 2006, il limite previsto, per la presenza dei due inquinanti, su bovini e ovini è di 4,5 picogrammi per grammo; sul pollame di 4 picogrammi; sui suini 1,5 picogrammi».
La conseguenza tratta dal Fondo antidiossina in base alle analisi universitarie è che è meglio evitare a tavola le lumache della specie «Helix aperta» raccolte nella zona tra Statte e i Tamburi, perché le analisi parlano chiaro. Infatti non c’è solo un’emergenza diossina a tener banco nel confronto sui dati. Gli ambientalisti guidati da Fabio Matacchiera, sulla base dei rilievi analitici dell’Università del Salento, rendono noto come «alte quantità di metalli pesanti» siano state rilevate sempre sulla stessa specie di lumache.
«Piombo, nichel, cromo nell’ordine di un milligrammo per chilo (su peso umido), mentre il valore del ferro raggiunge 500 milligrammi per chilo (sempre su peso umido)».
Alla fine gli ambientalisti ritengono di poter dire che i dati «delle analisi di laboratorio» su quelle lumache rilevano la presenza di sostanze «in grado di apportare gravissimi danni irreversibili all’organismo umano». Da qui la riflessione e un drammatico accostamento col recente passato da parte del Fondo anti-diossina: «Per questo tipo di indagine sui contenuti di metalli pesanti, pcb e diossine, si è ritenuto che questi piccoli organismi “pascolanti” che si cibano di vegetali, brucando il fogliame delle coltivazioni, siano comparati ed assimilati alla categoria degli erbivori, proprio per il tipo di alimentazione e di contatto che hanno con l’ambiente circostante».
Insomma si tratta di una situazione simile, secondo gli ambientalisti, a quella delle pecore e delle capre contaminate dalla diossina nelle masserie della zona industriale. Nel comunicato si parla anche di superamento dei limiti per altre due sostanze: piombo e cadmio e si avverte che le analisi sono ancora in corso. Una specie di lumache meno ricercata dai consumatori, la «Helix lucorum» risulta meno contaminata anche se è meno ricercata dai consumatori: «Questo perché le lumache di quella specie - spiega il Fondo antidiossina - non hanno la tendenza ad ingerire la terra in cui si rifugiano solo per poco tempo».
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