Altamarea sul referendum Ilva
IL PERCORSO DI ALTAMAREA
Nella vicenda “referendum Ilva”, tra “referendari” da una parte e “aziendalisti” dall’altra, Altamarea corre il rischio di apparire reticente o di essere arruolata in uno dei due schieramenti contro la sua volontà. Da qui nasce la necessità di assumere e far conoscere la propria posizione. Prima, però, serve un breve cenno sul passato.
Alcuni cittadini ed associazioni ecologiste e di assistenza sanitaria di Taranto ad agosto 2007 formularono, unici in Italia, le “osservazioni del pubblico” nel procedimento del Ministero dell’ambiente per l’Autorizzazione Integrata Ambientale dell’Ilva. Essi misero in campo volontà e capacità di analizzare e criticare con competenza e rigore fatti e situazioni importanti. Iniziò così il “pressing” sulle Istituzioni per ottenere dall’azienda veri interventi per la riduzione degli inquinanti emessi dallo stabilimento di Taranto prescritta dagli strumenti normativi italiani e soprattutto da quelli europei non sempre recepiti correttamente in Italia. Con l’arrivo di tanti giovani entusiasti ed attivi, quel primo nucleo di cittadini ed associazioni nel corso del 2008 divenne “ALTAMAREA CONTRO L’INQUINAMENTO – COORDINAMENTO DI CITTADINI ED ASSOCIAZIONI DI TARANTO”, che ha continuato ad operare su quella linea originaria.
Apprezzata dall’opinione pubblica, tale linea nel gennaio 2009 ha prodotto il documento per il Ministero dell’ambiente riepilogativo delle ineludibili prescrizioni che l’AIA di Ilva dovrebbe contenere. Tale documento, sottoscritto dai Sindaci di Taranto e Statte e da 63 organizzazioni della società civile di Taranto e da semplici cittadini, costituisce il vademecum per gli interventi per la riduzione degli inquinanti emessi dallo stabilimento Ilva di Taranto.
Anche sul “referendum Ilva” Altamarea non devia dal proprio percorso e dalla propria strategia, nella convinzione che questo è l’unico modo per vincere la durissima lotta per la salute e l’ambiente della città e per il lavoro. All'epoca della "Marcia contro l'inquinamento" del 2009 Altamarea era consapevole, e fu comunicato anche alla stampa, che, come la marcia, anche il referendum non avrebbe risolto il dramma dell'inquinamento industriale a Taranto. Altamarea, sempre presente sulle questioni dell’inquinamento che attenta alla salute dei cittadini, continua a svolgere azioni puntuali per la severa applicazione delle norme italiane e comunitarie.
LE INSUFFICIENZE DEL REFERENDUM
Nel “referendum Ilva”, il I° quesito è sulla chiusura dello stabilimento; il II° sulla chiusura dell’area a caldo; il III° sul risarcimento danni a seguito della condanna dei Riva per “imbrattamento”. Su esso rileviamo alcune insufficienze. E’ razionale un referendum consultivo che presuppone subordinate, con conseguente difficoltà di lettura ed interpretazione del risultato? Ad esempio, un numero quasi identico di SI al I° quesito e al II° quesito, che significato avrebbe? E’ efficace un referendum consultivo che, per le azioni conseguenti, rimanda il risultato a un Consiglio comunale impotente? E’ corretto far credere che la proprietà privata possa essere “chiusa” dal Consiglio comunale mentre solo la Magistratura può farlo ma con motivazione ineccepibile anche formalmente?
E’ utile un referendum sulla richiesta di risarcimento danni dal momento che, quando si voterà, l’azione di risarcimento danni o è stata già avviata o è ormai prescritta per scadenza dei termini? Senza l’appoggio delle Istituzioni si può pensare veramente di riuscire a “costringere” Ilva a fare investimenti pesanti? Ci siamo dimenticati della vicenda Alitalia? E’ proprio senza senso che dicano NO al referendum parlamentari e consiglieri regionali di quasi tutte le aree politiche, Vendola, Florido, Stefàno, ARPA Puglia, i maggiori sindacati nazionali e locali, Confindustria, i commercianti, tante associazioni di categoria e tanti lavoratori e cittadini impauriti e disinformati? Che senso ha, infine, chiedere la chiusura dell’intero stabilimento per i livelli insopportabili dell’inquinamento includendo nella chiusura i treni nastri, i treni lamiere, i tubifici, i laminatoi a freddo e tutta l’area dei servizi di stabilimento (centrali elettriche, fabbriche di ossigeno, trasporti, magazzini, officine, laboratori, impianti di depurazione, ecc)? Quegli impianti e servizi, che occupano circa i 2/3 dei 12.000 lavoratori diretti e gran parte di quelli dell’indotto, sono responsabili, tutti insieme, di una piccolissima percentuale dell’inquinamento industriale dello stabilimento, percentuale che può essere addirittura azzerata con interventi mirati, dai costi modesti.
Insomma, con quella formulazione, il referendum è inconcludente e fuorviante. Se l’intento dei “referendari” fosse stato solo quello di conoscere il sentimento popolare, allora occorreva effettuare un sondaggio serio, in termini chiari, precisi e comprensibili a tutti.
L’INDICAZIONE DI VOTO DI ALTAMAREA SUL REFERENDUM
Altamarea non ha né promosso, né incoraggiato il referendum anche se tra i propri aderenti ci sono persone che hanno firmato la richiesta del referendum. Il referendum ci sarà ed occorre fare in modo che l’intero movimento sanitario ed ecologista tarantino non sia travolto da un valanga di astensioni. Altamarea, che è parte importante di tale movimento, deve evitare che ciò accada, trasformando il referendum in un sondaggio serio che faccia sapere se Taranto insegue l’irrealistica chiusura della fabbrica oppure se intende battersi con la forza delle leggi per imporne l’ammodernamento e la conversione. Si conoscerà il sentimento della città se Altamarea chiederà di andare a votare esprimendo un voto che la caratterizzi.
Nel Consiglio allargato di Altamarea si è discusso in maniera approfondita in cinque riunioni e alla fine si è deciso di chiedere di votare NO al I° quesito, SI al II° e SI al III°. Questa è la "indicazione largamente prevalente"; permangono posizioni diverse, legittime e naturali in un movimento democratico formato da tanti semplici cittadini e, ad oggi, da 13 associazioni e comitati.
Non si deve correre il rischio che i NO al referendum insieme alla astensione, che sicuramente ci sarà perchè fisiologica nei referendum, vengano strombazzati come sconfitta anche di Altamarea che tutela la salute e l’ambiente. Invece la città deve andare a votare, superando paura, rassegnazione e indecisione e votare in successione NO SI SI.
Le motivazioni ai due SI sono nelle operazioni fattive che Altamarea sta portando avanti da mesi: ricordiamo la forte presa di posizione rispetto alla questione benzo(a)pirene e quindi alla richiesta di ordinanza per la chiusura della cokeria con pressing sul Comune sin dal dicembre 2009, la “scoperta” del famigerato D. Lgs 155, definito “ad aziendam”, del 13 agosto 2010 e le azioni forti che Altamarea sta portando avanti come reazione al decreto, infine il pressing ineludibile sulle Istituzioni locali per la questione risarcimento danni affinché non facciano scattare la prescrizione.
L’efficacia della strategia di Altamarea, paradossalmente, trova conferma proprio nella vicenda del benzo(a)pirene: avevamo messo con le spalle al muro i poteri forti che si sono rifugiati in un maldestro illecito. Il silenzio della grande maggioranza della politica locale e nazionale sul famigerato decreto “ad aziendam” ci lascia sconcertati. Pretendiamo modifiche chiare ed inequivocabili. Arriveremo alla Corte Costituzionale, per la salute dei tarantini, specie di quelli del rione Tamburi, e per la salute dei lavoratori che operano su impianti dove la presenza di benzo(a)pirene è sicuramente maggiore di quella rilevata nella centralina di via Machiavelli.
GLI SCENARI POSSIBILI
Come i “20.000 in marcia” del 2008 e del 2009 hanno detto qualcosa, anche questo referendum dirà qualcosa. Se le astensioni raggiungeranno percentuali molto più elevate di quelle fisiologiche dei referendum, vorrà dire che la città è “rassegnata”, non ha voglia di combattere e tutto resterebbe come prima del referendum. La “chiusura” di Ilva verrebbe decretata dal mercato, senza contropartite di nessun genere, come è avvenuto in sede locale per la cantieristica e per gli stabilimenti militari e in sede nazionale per gli elettrodomestici e per le auto (Piemonte, Lombardia e anche Sicilia, Basilicata e Campania).
Una grande affluenza al voto, in controtendenza rispetto al dato delle ultime elezioni e referendum, e moltissimi SI alla chiusura dell’area a caldo vorranno dire che la città vuole imprimere decisamente una svolta nei rapporti con la grande industria e vuole che Ilva progetti immediatamente e realizzi in pochi anni l'ammodernamento e la conversione dello stabilimento guardando anche ai nuovi processi siderurgici che non richiedono necessariamente l’area a caldo, fonte pressocchè totalizzante dell’inquinamento industriale comunque da aggredire subito. Una grande affluenza al voto avrebbe anche una grande valenza “politica”: sarebbe il segno inequivocabile della ribellione dei cittadini e degli stessi lavoratori di Ilva tarantini contro quanti, di destra e di sinistra, propugnano un asessuato NO al referendum e soprattutto contro gli amministratori locali ed i loro partiti che si sono succeduti negli ultimi venti anni alla guida di questo territorio, incapaci di incidere positivamente sulle sue sorti, e contro la proprietà e la dirigenza Ilva refrattari ad assumere comportamenti leali e rispettosi della città che li ospita e dei propri dipendenti.
In sintesi, come arbitri assoluti del destino e dello sviluppo di Taranto, non vogliamo lasciare Riva e la classe dirigente, nella sua totalità, comunque a lui molto vicina. Per questo Altamarea chiede di andare a votare e sui tre quesiti votare in ordine NO – SI – SI, in cui i SI significano “cambiamenti”.
Il destino di Taranto dipende da quanti decideranno di restare a casa, rinunciando ai propri sacrosanti diritti
Nel contempo, pensando alla Taranto del prossimo decennio, Altamarea avvierà al più presto “IL CANTIERE PER LA CITTÀ DEI DUE MARI”.
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