Cozze tarantine, controlli straordinari dopo l'allarme diossina nei frutti di mare
Da febbraio prossimo l’attenzione si sposta sulle cozze nere coltivate nei filari del mar Piccolo di Taranto. L’allarme lanciato dagli ambientalisti tarantini Fabio Matacchiera e Alessandro Marescotti sulla contaminazione dei mitili (cozze pelose, ostriche e cozze san Giacomo) prelevati dal fondo del mar Piccolo ha ottenuto questo effetto immediato. Ma non perché le cozze tarantine siano risultate contaminate oltre i limiti di legge. Tutti i valori riscontrati nei dodici campioni prelevati dai tecnici della Asl di Taranto a dicembre sono regolari, ma alcuni di essi, in relazione al pcb, sfiorano il livello così detto «di attenzione». E allora è meglio approfondire le indagini e vederci più chiaro. I due seni del mar Piccolo di Taranto saranno così passati al setaccio in base al nuovo piano di campionamento che un gruppo di lavoro sta mettendo a punto dopo la riunione di ieri all’assessorato regionale alla Sanità. Una lunga riunione di lavoro alla quale hanno partecipato rappresentanti dell’Arpa, della Asl, dell’assessorato all’Ambiente e del Cnr. Urge definire le aree a maggior rischio mediante accertamenti aggiuntivi rispetto allo standard fin qui applicato. Sarà quindi allargato il raggio d’azione con più prelievi fatti in più aree, quantitativamente il lavoro dei tecnici sarà più impegnativo e più puntuale.
GLI ESAMI - Saranno effettuati nuovi campionamenti a diversa altezza sul canapo che, lungo i filari, scende in acqua e in punti diversi dei due seni. Arpa e Asl seguono criteri e metodologie diversi perché si occupano di campi differenti. Arpa si preoccupa della caratterizzazione ambientale, quindi ha come riferimenti limiti e metodi relativi a questo aspetto di indagine; la Asl si occupa degli alimenti e, di conseguenza, i sistemi di lavoro e i parametri di riferimento sono altri. Anche per questa ragione le risultanze dei campionamenti possono non essere omogenee. Con la decisione di elaborare un nuovo piano di campionamento la Regione si riappropria, in quanto soggetto pubblico e mediante i propri enti operativi, della strategia di controllo e della responsabilità collegata. Nel mar Piccolo di Taranto c’è bisogno di realizzare una mappatura aggiornata e completa delle zone di coltivazione delle cozze nere, peraltro tenute già sotto stretto controllo con gli accertamenti abituali e periodici. La Regione, è emerso ieri dalla riunione tecnica, vuole evitare che si propaghino notizie non corrette. E a questo proposito Fabio Matacchiera ha deciso di tutelarsi affidandosi allo studio legale Petrone.
CARTE IN PROCURA - Ieri mattina ha consegnato alla Procura di Taranto, la documentazione che dimostra come il presunto caso-cozze sia nato sulla base di dichiarazioni diffuse in modo parziale e fuorviante. L’ambientalista tarantino chiede che «venga fatta completa chiarezza sul senso e sulla correttezza delle mie dichiarazioni e sulle speculazioni che sulle stesse sono state effettuate. Nel particolare - è scritto in una nota distribuita alla stampa - preciso di aver depositato, presso gli uffici giudiziari, l’intervista completa, ripresa dalla telecamera del TG3 di Taranto, da cui è stata estrapolata solo una parte per inserirla successivamente in un servizio andato in onda sulla rete nazionale. Tutto ciò ha tradito lo spirito ed il senso di quanto avevo esposto e che il cameraman aveva registrato». Fabio Matacchiera afferma di aver specificato «per ben due volte che i mitili fatti analizzare dal Fondo Antidiossina al Consorzio interuniversitario di Venezia erano stati prelevati solo da alcuni fondali del mar Piccolo e che si rimandava alle autorità competenti per gli eventuali approfondimenti e verifiche. Pertanto, ogni altra interpretazione, anche relativa alle modalità di prelievo e di quant’altro, troverà risposta adeguata nelle sedi competenti».
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