Taranto, cozze alla diossina: la Procura apre un fascicolo
TARANTO - La vicenda delle cozze tarantine contaminate dalla diossina continua a preoccupare mitilicoltori e Comune. La Procura della Repubblica ha aperto un fascicolo sulla questione delle cozze contaminate che verranno distrutte a breve. Proprio ieri la Regione Puglia ha inviato l'elenco dei siti della provincia di Taranto nei quali distruggere le cozze contaminate e classificate come rifiuti speciali non pericolosi, precisamente le discariche “Vergine”, “Ecolevante” e “Italcave”, mentre una parte verrà bruciata nell'inceneritore comunale. Benché i costi dell'operazione debbano essere “sopportati” dai mitilicoltori, questo sembra che non avverrà. Il Comune, attraverso l'assessore alla Sanità Sebastiano Romeo, ha infatti lanciato un appello a Regione e Provincia: “Speriamo ci vengano incontro dal punto di vista economico”, ha dichiarato. E ha spiegato: “L'impatto del danno che questo caso ha generato non riguarda solo il tessuto produttivo della città, ma dell'intera regione”. Per aiutare gli operatori ittici il Comune di Taranto ha approvato negli scorsi giorni una delibera per lo stanziamento di 200 mila euro che dovrebbero essere destinati alle famiglie danneggiate.
L'accertamento delle responsabilità mette alla prova, oltre che la Procura, anche il Consiglio Comunale che inizia a formulare delle ipotesi di responsabilità. Secondo Mario Laruccia, consigliere dei “Riformisti”, “deve essere il Comune a presentare una denuncia contro ignoti per accertare le responsabilità di chi ha avvelenato il Mar Piccolo, anche se tra questi può risultare lo Stato”. Laruccia ha precisato i suoi riferimenti: “Mi riferisco all'attività della Marina Militare e a quella dell'Italsider, che negli anni passati sono stati i maggiori detentori di trasformatori al Pcb nel territorio jonico”. Intanto gli avvocati dell'Amministrazione comunale presenteranno alla Procura un esposto affinché la magistratura accerti quali soggetti abbiano inquinato e di quale entità siano gli agenti inquinanti presenti.
Il caso delle cozze contaminate era diventato noto a gennaio dopo che la onlus “Fondo Antidiossina Taranto” aveva fatto analizzare un campione di cozze di fondale riscontrando notevoli concentrazioni di diossina e pcb. Il Fondo Antidiossina si era rivolto al laboratorio INCA (Consorzio Interuniversitario Nazionale di Chimica per l'Ambiente) di Venezia, uno dei pochi in Italia in grado di compiere analisi così sofisticate. Un mese prima, a dicembre, le autorità sanitarie avevano fatto analizzare delle cozze prelevate dai pali riscontrando valori che sfioravano il limite massimo fissato dalla legge. Era stato infatti trovato un campione di cozze con 7,9 nanogrammi/grammo di diossina e pcb quando la legge fissa un limite di 8. Nei mesi successivi i mitili del primo seno del Mar Piccolo di Taranto sono arrivati a maturazione e, filtrando più acqua, si sono ulteriormente riempiti di sostanze inquinanti giungendo ad un superamento del limite di legge. Le analisi rese note a luglio hanno dato valori medi di 10,5 picogrammi/grammo e successivamente, ad agosto, sono state divulgate nuove analisi che davano picchi di 19 picogrammi/grammo, superiori più del doppio del limite di 8 picogrammi/grammi. Tali valori sono stati riscontrati, specifica la Asl, su mitili di allevamento (sia su cozze di profondità sia su cozze di superficie) ossia dai pali.
I mitilicoltori avevano criticato le analisi commissionate dal Fondo Antidiossina (13,5 picogrammi/grammo) perché erano state effettuate su cozze di fondale e non su quelle di palo. I nuovi dati della Asl evidenziano una criticità quindi relativa non solo ai fondali inquinati ma anche all'intero ambiente marino in cui le cozze sono allevate. Ovvero il primo seno del Mar Piccolo che è il più vicino agli insediamenti industriali e inquinanti.
dm
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