Salviamo i mari e le leggendarie cozze di Taranto
La spinta per dire la nostra sull’inquinamento delle acque marine e sulla drammatica vicenda delle leggendarie cozze di Mar Piccolo è figlia del gran bailamme di commenti e dichiarazioni di amministratori, politici, opinion leader e semplici cittadini accomunati da scarse conoscenze, contrapposto al grande spessore di alcuni recenti articoli firmati da giornaliste e giornalisti tarantini, tutti molto giovani, che non fanno i "velinari" ma i “cronisti” dando, cioè, notizie frutto di ricerca e studio di importanti documenti pubblici finora maldestramente ignorati o addirittura "coperti". Chi fosse interessato a leggere quegli articoli può trovarli facilmente sfogliando le ultime collezioni dei principali quotidiani di Taranto. A quei bravi cronisti ed ai rispettivi direttori va l’ammirato apprezzamento e ringraziamento del popolo di “AltaMarea” e di qualunque altro cittadino che d’istinto sposa e plaude a ogni forma di “pressione” sulle Istituzioni perché si attrezzino meglio per tutelare la salute di tutti e pensino con competenza, generosità e lungimiranza al futuro della città.
UNA PANORAMICA GENERALE
Beneficiando anche di competenze e conoscenze specifiche interne, in “AltaMarea” riconosciamo che in Mar Piccolo l'inquinamento deriva dai reflui urbani e industriali (compresi quelli militari) carichi di sostanze inquinanti, dalle acque basse poco movimentate e dall'innalzamento della temperatura, specie d’estate. Si favorisce così la proliferazione di organismi semplici planctonici e si provoca una diminuzione dell'ossigeno in acqua, una crescita abnorme di alghe e flora batterica, un accumulo di fanghi di fondo da cui fuoriescono anche sostanze tossiche.
L’ecosistema marino generale di Taranto è stato ferito dai liquami cittadini riversati in mare senza trattamenti di depurazione, dalle attività portuali con perdite di greggio e scarichi di sentine, dagli impianti industriali con scarichi di liquidi, fanghi, sversamenti di materie prime d’importazione; da qui la morte di piante superiori e di Posidonia e la difficile sopravvivenza di pesci e mitilicoltura.
Le rilevazioni dei contaminanti presenti nell’area ad ovest di Punta Rondinella (fuori rada), in Mar Grande e in Mar Piccolo, evidenziano l’imponente presenza di inquinanti soprattutto nei pressi degli scarichi industriali e degli insediamenti militari, poi diffusi ovunque anche per il particolare sistema di circolazione delle correnti. Solo le idrovore ILVA prelevano da Mar Piccolo 120.000 mc/ora per i circuiti di raffreddamento e li scaricano fuori rada, complicando l’equilibro dell'ecosistema.
L’elevata temperatura dell’insieme delle acque di raffreddamento scaricate in mare dalle varie industrie tarantine causa altri scompensi nella vita marina. All'innalzamento della temperatura corrisponde un'accelerazione del metabolismo dei batteri con conseguente aumento del consumo di ossigeno e morte degli esseri viventi Si verificano abnormi produzioni di fitoplancton, talvolta con proliferazione di specie tossiche. Il danno alle popolazioni ittiche, che si può verificare anche dopo anni, ne compromette la riproduzione e l’accrescimento, con danni a pesca e allevamenti.
Nei mari di Taranto sono stati trovati anche inquinanti organici persistenti (POP), altamente pericolosi, in particolare i pcb-dossinasimili e vari insetticidi. In mare si trovano spesso coli batteri e batteri fecali da liquami urbani non depurati e convogliati direttamente in mare.
Dall’analisi dei sedimenti marini, risulta che sono presenti: oli minerali (o idrocarburi totali), fenoli e metalli (in particolare l’arsenico). Dalla caratterizzazione delle acque sotterranee in corrispondenza dell’area industriale si apprende che nell’area ENI (nell’acquifero superficiale) si sono riscontrati superamenti dei limiti in diversi punti per la presenza di arsenico, benzene, toluene, etilbenzene e xileni (BTEX), idrocarburi e MTBE (metil-ter-butil-etere ), sostanza quest’ultima che ha proprietà tali da alterare profondamente le caratteristiche organolettiche della qualità delle acque.
Risultano, inoltre, superamenti dei valori di idrocarburi e MTBE nella zona di Punta Rondinella.
Per i pcb le maggiori concentrazioni si ritrovano invece nell’area di Mar Piccolo (1° seno).
Relativamente agli altri composti organici, è da ricordare la presenza costante negli scarichi ILVA di fenoli e alchilfenoli oltre che di dibenzofurano e di dibenzotiofene di provenienza cokerie .
In merito ai metalli, le criticità riguardano tutti i mari ma in particolare Mar Piccolo (1° seno). I metalli più rilevanti dal punto di vista ambientale sono il mercurio e il piombo. Ad ovest di Punta Rondinella (scarichi industriali) si riscontrano elevate concentrazioni di piombo, vanadio e nichel.
Infine, banalmente, ciò che è nell’aria di Taranto inevitabilmente va a finire nei mari di Taranto; nei sedimenti dei fondali marini si trova di tutto, con concentrazioni di mercurio altissime rispetto agli altri mari italiani.
In sintesi, persino l’European Pollution Report individua Taranto come un’area a rischio di contaminazione per quanto riguarda il mercurio, presente nelle immissioni in acqua ed aria.
COSA è SUCCESSO ALLE LEGGENDARIE COZZE DI MAR PICCOLO
Studi sanitari indiscutibili stabiliscono che i mitili coltivati in acque non salubri sono un veicolo di infezioni intestinali, quali epatite virale A, gastroenteriti e febbre tifoide e di accumulo di sostanze tossiche nell’organismo. Gravissimi sono i pericoli per la contaminazione da pcb. Coltivate in acque divenute malsane le leggendarie cozze di Mar Piccolo 1° seno risultano contaminate da pcb.
Le leggi per tutelare coltivatori e consumatori sono: la Direttiva 91/492/CEE che stabilisce le norme sanitarie applicabili alla produzione e commercializzazione dei molluschi bivalvi vivi; il Decreto Legge 30 dicembre 1992 n°530 (comprese modifiche del D.L. 15/3/96 n. 249) che fissa i requisiti microbiologici, biologici, chimici e fisici delle acque destinate alla mitilicoltura e quelli delle acque destinate agli impianti di depurazione. ASL e Amministratori comunali e regionali non possono che attenersi alle leggi! Da tutto questo deriva l’ineludibile divieto alla commercializzazione delle cozze del 1° seno di Mar Piccolo. Urgono interventi di disinquinamento preceduti, ovviamente, dalla razionalizzazione delle reti fognanti, fondamentale soprattutto per Mar Piccolo e Mar Grande.
ALLORA CHE FARE?
In AltaMarea non ci sono “amministratori pubblici” ma solo “cittadini sollecitatori”, fuori da qualsiasi conflitto di interessi ed attenti ai bisogni della collettività nel suo insieme. In quest’ottica presentiamo alla collettività ionica e ai suoi amministratori il nostro contributo di idee.
1. La situazione è gravissima in assoluto con ripercussioni sociali ed economiche comunque pesantissime e dagli sviluppi imprevedibili. E' difficile immaginare che esista una soluzione salvifica e immediata. Affinché tutti se ne rendano conto, serve fornire il quadro d'insieme aggiornato della situazione di fatto dell'inquinamento e delle correlazioni sanitarie riconosciute da organismi internazionali. Quando diciamo "affinché tutti se ne rendano conto", per TUTTI intendiamo scienziati, medici, istituzioni pubbliche, forze politiche, sociali ed economiche, mitilicoltori, cittadini. Per evitare continue e dilatorie discussioni sui risultati delle rilevazioni e delle analisi, tale situazione di fatto dell’inquinamento deve provenire da un organismo scientifico istituzionale che garantisca l'assoluta veridicità dei dati.
2. Assunta e condivisa tale situazione di fatto dell'inquinamento, occorrerebbe muoversi in maniera coordinata su direttrici parallele: A) Interventi di sostegno immediato ai danneggiati (per la sopravvivenza); B) Interventi normativi urgenti per una sorta di "cassa integrazione" a medio lungo termine; C) Progettazione, finanziamento, pianificazione e realizzazione degli interventi di bonifica e risanamento, inclusa ovviamente la cessazione dell'inquinamento, con il conseguente ripristino in Mar Piccolo della situazione precedente in virtù della quale le sue cozze sono diventate un mito; D) Caccia agli inquinatori e risarcimento danni.
3. Riteniamo che il dramma delle cozze di Taranto sia insostenibile se affrontato solo a livello locale. Va affrontato a livello centrale (ad es. con intervento straordinario della Protezione Civile), come se si trattasse di una calamità naturale, un'alluvione, un terremoto. Anche in quelle calamità ci sono sempre gli uomini e le Istituzioni che, con la loro incuria, sprovvedutezza, sottovalutazione e inciuci vari, ne hanno moltiplicato le dimensioni e le conseguenze nefaste.
“Altamarea” è nata contro l’inquinamento e contro gli inquinatori e continuerà a farlo stando sempre fianco delle incolpevoli vittime di esso e spronando continuamente in tutti i modi possibili le Istituzioni sonnacchiose, titubanti e talvolta tremebonde di fronte alle dimensioni delle situazioni.
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