Il cielo sopra Taranto quei silenzi più velenosi dell’Ilva
Quando la grande nuvola nera che si è alzata dall'area tubificio dell'Ilva di Taranto ha occupato per alcune ore il cielo sopra i due mari, è come se qualcuno fosse venuto a bussarci dietro la spalla. Questo qualcuno aveva un messaggio che non è soltanto ai tarantini, ma è agli italiani: "Ricordati da dove vieni, ricordati dove vivi".
Pochi giorni dopo questo evento suggestivo e inquietante è arrivata un'altra pacca dietro la spalla. Una pattuglia di chimici e medici ha stilato il documento che molti tarantini in questi giorni hanno la possibilità di leggere grazie al sito Repubblica Bari, non è solo un arido atto che potrà essere usato in un processo, ma è qualcosa di più.
La perizia disposta dal gip e depositata in Procura potrebbe avere un ruolo importante per definire cause ed effetti del grande complesso siderurgico nel e sul nostro territorio. Sono pagine molto chiare e possono turbare chiunque conosca questa terra.
A pagina 205 della memoria si legge quali sono le patologie ascrivibili alle emissioni considerate nello studio.Le polveri possono essere composte di idrocarburi aromatici policiclici, tra i quali benzopirene, rame, piombo, cadmio, zinco ed altri metalli, composti organici volatili e diossine. Le particelle più piccole non vengono filtrate dal naso e possono raggiungere i bronchioli terminali e gli alveoli. Lo stesso procedimento delle fibre d'asbesto che in questi giorni hanno occupato i giornali dopo la storica sentenza Eternit. Leggendo la perizia con uno spirito profano mi sarei aspettato che il rischio di questa esposizione fosse limitato alle sole patologie tumorali. Non è così.
Il campione numerico che la perizia analizza è circoscritto a un periodo (appena otto mesi di studio epidemiologico) e a un campione e si conclude con la dichiarazione l'esposizione agli inquinanti dell'atmosfera emessi dall'impianto siderurgico ha causato nella popolazione fenomeni degenerativi di apparati diversi dell'organismo umano "che si traducono in eventi di malattia e di morte".
Eppure tra gli effetti acuti e gli effetti cronici si elencano asma bronchiale, disturbi circolatori, infezioni respiratorie, bronchiti croniche, patologie cardiocircolatorie, infarti al miocardio sino gli ictus. Si tratta di malattie "considerate di interesse nella situazione di Taranto in quanto possono essere associate all'inquinamento ambientale o all'ambiente di lavoro" e proprio su quel "possono" che si giocherà la partita processuale tra accusa e difesa. Se verrà dimostrato il nesso dei decessi con l'inquinamento del complesso siderurgico e soprattutto quanti di questi decessi riusciranno a essere attribuiti alle polveri. Ogni parola e ogni virgola del documento sarà scaravoltata, ma che il cielo e l'aria di Taranto siano diverse dal resto del mondo è adesso supportato anche da un autorevole documento scientifico. Qualunque sia l'esito del processo iniziato il 17 ottobre non si risarcirà mai il silenzio su questa terra.
Il giorno dopo che la nuvola nera ci aveva bussato sulla spalla, ho cercato la notizia sui quotidiani nazionali, nelle dichiarazioni dei politici che ingolfano le agenzie di stampa. C'era poco e lì ha pianto un po' il cuore perché l'Ilva non è una notizia regionale, ma una notizia nazionale, un luogo in cui si è giocata una parte importante dell'industrializzazione di questo Paese e dunque della sua ricchezza per cui sono morti, a volte senza saperlo, uomini e donne a cui nessuno erigerà monumenti e strade per il contributo al nostro benessere. Le statue imporporate dall'anidride solforosa e il monossido di carbonio, nel cimitero di San Brunone a quindici passi dall'Ilva, i terrazzi ricoperti di un mantello rosato nei quartieri di Tamburi, Paolo VI sono il monito a ciò che sta diventando questo pezzo di Italia; il mare e le campagne attorno al complesso siderurgico sono un maglio della catena alimentare che non finisce soltanto nella distesa fumigante della piana tarantina, ma passa qui e arriva nel resto d'Italia. A ognuno dei sopravvissuti spetta adesso ricordare e tatuarsi nell'anima almeno uno dei nomi di chi non è morto invano.
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