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La richiesta contenuta nell’esposto presentato dal leader dei Verdi Angelo Bonelli

"La procura indaghi l'Ilva per omicidio"

L’indagine epidemiologica della Procura evidenza come “nei 13 anni di osservazione sono attribuibili alle emissioni industriali 386 decessi totali, 237 casi di tumore maligno con diagnosi da ricovero ospedaliero, 247 eventi coronarici con ricovero, 937 casi di ricovero ospedaliero per malattie respiratorie”
19 maggio 2012
Michele Tursi
Fonte: Corriere del Giono - 18 maggio 2012

La Procura indaghi l’Ilva anche per omicidio volontario e lesioni aggravate. E’ questa la richiesta contenuta nell’esposto presentato dal leader dei Verdi Angelo Bonelli. Archiviata la campagna elettorale «il ballottaggio non ci interessa – ha detto – non siamo coinvolti in alcun modo», gli ecologisti rilanciano l’iniziativa. Lo fanno sul tema più caldo del momento: l’inchiesta a carico dello stabilimento siderurgica.

L’esposto di Bonelli riprende contenuti e conclusioni delle due  maxi-perizie disposte dal gip Patrizia Todisco. «Documenti – ha spiegato Alessandro Marescotti – che consegnano una dimensione ed una gravità del problema inquinamento, che nemmeno noi immaginavamo,  che ci lascia sorpresi e sgomenti». Conferenza stampa Bonelli

Proprio l’indagine epidemiologica della Procura evidenza in modo preciso – hanno ribadito gli ambientalisti nella conferenza stampa svoltasi ieri – come “nei 13 anni di osservazione sono attribuibili alle emissioni industriali 386 decessi totali, 237 casi di tumore maligno con diagnosi da ricovero ospedaliero, 247 eventi coronarici con ricovero, 937 casi di ricovero ospedaliero per malattie respiratorie”. «Di fronte a questi numeri – ha continuato Bonelli – il reato di disastro ambientale colposo non può non essere allargato a quello di omicidio volontario con dolo diretto (art. 575 C.P.) e lesioni gravissime (artt. 582 e 583 comma 2 C.P.)».


Un tentativo di pressing sulla magistratura? «Assolutamente no – è stata la risposta del leader dei Verdi – esercitiamo una funzione civica come cittadini che mettono in evidenza un disagio di cui soffre la comunità». «E probabilmente – ha proseguito Fabio Matacchiera – la Procura sta già svolgendo le sue valutazioni: a mio avviso ci sono le condizioni per assumere un provvedimento di sequestro degli impianti».


D’altro canto, a giudizio di Aria pulita e delle altre liste collegate, «è evidente che l’Ilva non intende diminuire gli attuali livelli di inquinamento. Ha fatto ricorso al Tar contro la vecchia Aia ritenendola restrittiva e farà altrettanto per bloccare il processo di revisione avviato dal Governo».
Una questione che pesa come un macigno e non solo metaforicamente. Sommando tutte le emissioni dell’Ilva riportate nella maxi perizia, ad ogni tarantino spettano 210 kg di inquinanti all’anno.
«Un fenomeno – insiste Bonelli – che non riguarda solo il passato come qualche candidato sindaco ha detto in campagna elettorale. Secondo i periti della Procura, infatti, l’inquinamento ha causato e causa malattie e morti e non risparmia i bambini».  Quegli stessi bambini del rione Tamburi che «non possono giocare – ha aggiunto Marescotti – perchè le aiuole sono inquinante come da ordinanza dello stesso sindaco che, però, non ha  fatto affiggere nemmeno un cartello di divieto».


Non c’è solo la denuncia nell’attività degli ambientalisti che in Consiglio comunale costituiranno un gruppo unico e daranno vita ad un movimento che avrà una sede ed una struttura ben definita.  «Dopo il ballottaggio – ha annunciato Bonelli – ci occuperemmo della determinazione del danno ambientale che paradossalmente nessun ente locale ha effettuato nella città più inquinata d’Europa. Inoltre, stiamo organizzando un evento internazionale con gli ecologisti europei sulla riconversione industriale. Il nostro obiettivo è portare a Taranto il commissario all’Ambiente dell’Unione europea».


Una riflessione finale sulla crisi dell’acciaio. «Purtroppo il mercato ci sta dando ragione – ha concluso il presidente dei Verdi – Cina, India e ora anche la Turchia producono in assenza di regole per l’ambiente e con un costo del lavoro notevolmente inferiore. L’impianto di Taranto è vecchio per cui, il combinato di questi due elementi, potrebbe indurre il management Ilva a delocalizzare la produzione e la città sarebbe danneggiata e beffata con buona pace di quei sindacalisti e di quei partiti per i quali questo è il futuro di Taranto».

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