Ilva, la zona a caldo rischia lo stop, incubo sequestro per 5mila operai
Cinquemila posti di lavoro appesi a un filo. La zona a caldo che rischia di dover chiudere: inquina troppo, la gente si ammala. La disfida di Taranto è ricominciata. E questa volta rischia di giocare la sua partita finale. "Abbiamo paura" dicono sottovoce i sindacati. Paura che la magistratura faccia quello che è il suo dovere, e cioè dare seguito a un'indagine lunga più di venti anni stabilendo cosa non va bene e cosa sì.
Paura di non tenere più la fabbrica: se davvero, come si vocifera ormai da settimane all'interno e fuori dallo stabilimento, si potrebbe arrivare alla chiusura della zona con la produzione a caldo, cinquemila persone rischiano di trovarsi da un giorno all'altro per strada. "Un disastro " dicono i sindacati, la stessa parola che usano tutti gli altri (cittadini, turisti, ambientalisti) quando guardano le ciminiere del siderurgico o il mare davanti all'Ilva. A fare ingrossare la paura le scelte dei vertici Ilva. Nel giro di una settimana sono andati via il presidente del gruppo, Nicola Riva e il direttore dello stabilimento, entrambi indagati e probabilmente spaventati dagli atti che la magistratura porteranno da qui a breve.
L'accelerata all'indagine è arrivata dalle due perizie (chimiche ed epidemiologiche) presentate a marzo scorso da alcuni esperti nominati dal Tribunale di Taranto in sede di incidente probatorio.
Documenti che ora sono tornati al procuratore capo Franco Sebastio, all'aggiunto Pietro Argentino, ai sostituti Mariano Buccoliero, Giovanna Cannarile e Lafranco Marazia, che ora stanno valutando il da farsi: sulla base dei nuovi documenti potrebbero scattare provvedimenti restrittivi per l'impianto oppure spingere la Procura alla chiusura delle indagini preliminari (e non è escluso che possano accadere entrambe le cose). Le due perizie (che non sono di parte, perché fatte per nome e per conto del giudice) hanno per la prima volta trovato una correlazione scientifica tra l'inquinamento, le malattie e lo stabilimento dell'Ilva.
Nei 7 anni presi in considerazione dalle indagini sono 174 i decessi avvenuti a Taranto e in particolare nei quartieri Tamburi e Borgo dovuti all'inquinamento. "È emerso - si legge nella perizia - un eccesso di mortalità per patologia tumorale (+11%), in particolare per tumore dello stomaco (+107), della pleura (+71), della prostata (+50) e della vescica (+69). Tra le malattie non tumorali sono risultate in eccesso le malattie neurologiche (+64) e le malattie cardiache (+14). I lavoratori con la qualifica di impiegato hanno presentato eccessi di mortalità per tumore della pleura (+135) e dell'encefalo (+111). Il quadro di compromissione dello stato di salute degli operai della industria siderurgica è confermato dall'analisi dei ricoveri ospedalieri con eccessi di ricoveri per cause tumorali, cardiovascolari e respiratorie" .
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