Ilva, cambiare ma non solo a parole
Il futuro dello stabilimento siderurgico è legato all’attuazione di complessi e costosi interventi finalizzati a ridurre le emissioni inquinanti in ottemperanza alle prescrizioni dell’ordinanza di sequestro degli impianti del gip Patrizia Todisco, eseguita lo scorso 26 luglio.
Bruno Ferrante, nella duplice veste di presidente dell’Ilva e di custode giudiziario degli impianti, ha più volte espresso ampia disponibilità in tal senso e ferma volontà di collaborare con le autorità giudiziarie e amministrative. Il manager subentrato in tutta fretta al suo predecessore Nicola Riva ristretto agli arresti domiciliari con accuse pesantissime, ha fatto del dialogo e del confronto con le istituzioni il mantra da proporre nelle sedi pubbliche.
Tra i tanti tavoli cui in questi giorni siedono tecnici ed esperti dell’Ilva (revisione Aia, prescrizioni dei custodi giudiziari, trattative sindacali), ce n’è uno con la Regione Puglia sulle “Prime misure di intervento per il risanamento della qualità dell’aria al rione Tamburi”. Il piano è stato approvato dalla giunta regionale lo scorso 17 luglio e prevede una serie di azioni per il contenimento delle emissioni di Pm10 e benzo(a)pirene nei cosiddetti wind days. Si tratta, in sostanza, dei giorni in cui il vento soffia impetuoso. Circostanza che i cittadini del rione Tamburi (ma non solo loro), conoscono molto bene. Proprio a quei giorni di vento, il compianto Peppino Corisi, insieme ad altri tenaci abitanti di Tamburi, ha dedicato una targa in cui “maledicono coloro che possono fare e non fanno nulla per riparare”.
A proposito di cose da fare, il piano della Regione Puglia prevede che nei wind days, siano ridotte del 10% le attività di caricamento, sfornamento e spegnimento del coke, della movimentazione dei materiali dal parco minerali responsabili delle emissioni diffuse. Ma è previsto anche l’abbattimento del 10% di tutte le emissioni convogliate dell’area industriale ricadente tra Taranto e Statte.
Al movimento ambientalista, una parte del quale ormai chiede apertamente la chiusura dell’area a caldo, le misure proposte dalla Regione Puglia sono sembrate insufficienti per affrontare l’emergenza di Taranto. Ed anche l’inchiesta per disastro ambientale pone l’Ilva di fronte alla necessità di adottare interventi ben più radicali.
Ciò nonostante, in un documento ufficiale consegnato alla Regione il mese scorso, l’Ilva avanza una serie di dubbi e di motivazioni tecniche rispetto alle prescrizioni durante i “wind days”, manifestando disponibilità, ma fino ad un certo punto. Leggendo le nove cartelle di osservazioni targate Ilva, il nuovo corso di Ferrante sembra ancora lontano. Per banalizzare e semplificare la questione, è come se un vigile intimasse ad un automobilista di abbassare del 10% la velocità di marcia della vettura per ridurre i gas di scarico e questi si rifiutasse di adempiere sostenendo che in questo modo arriverebbe tardi in ufficio. Quale sarà la reazione dell’autista quando il vigile gli chiederà di rifare il carburatore, la testata, la cinghia di trasmissione e la marmitta catalitica per continuare a circolare?
Per questo ci chiediamo, come potrà l’azienda siderurgica ottemperare alle indicazioni dei custodi giudiziari e alle prescrizioni della nuova Autorizzazione integrata ambientale, se per misure sicuramente più blande, già oppone forte resistenza? La volontà di cambiamento è reale? Non è più tempo di esitazioni, nè di astuzie. E poi, benchè l’Ilva lavori ad elevate temperature, la politica dei due forni è ormai superata da eventi tanto repentini, quanto imprevedibili.
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