Ilva: Riva tra i 7 nuovi arresti indagato presidente Ferrante
Nuova bufera sull'Ilva: gli uomini della Guardia di Finanza stanno eseguendo sette arresti a Taranto e in altre regioni nei riguardi dei vertici della società e di politici e funzionari pubblici. In atto anche sequestri. In particolare, secondo quanto si apprende, le ordinanze di custodia cautelare, emesse dal Gip di Taranto, chiamerebbero nuovamente in causa la famiglia Riva, e anche funzionari e politici di enti locali pugliesi.
I PROVVEDIMENTI PER UNA INCHIESTA PARALLELA
Sono sette le persone destinatarie di provvedimento cautelare emesso dal Tribunale di Taranto nell’ambito dell’inchiesta sull'Ilva. Tre persone sono in carcere e quattro agli arresti domiciliari, accusate a vario titolo di associazione per delinquere, disastro ambientale e concussione. Gli arresti vengono eseguiti dalla Guardia di Finanza sulla base di due ordinanze di custodia cautelare firmate dai Gip Patrizia Todisco e Vilma Gilli.
I provvedimenti sono legati anche ad una inchiesta, parallela a quella per disastro ambientale che il 26 luglio scorso ha portato al sequestro degli impianti dell’area a caldo del Siderurgico. Questa inchiesta parallela è stata denominata 'Environment Sold Out' (Ambiente svenduto).
SEQUESTRO DI MERCE SULLA BANCHINA
Nell’ambito dell’inchiesta che ha portato stamani ad una serie di arresti per la vicenda Ilva di Taranto, i militari della Guardia di Finanza hanno sequestrato anche tutto il prodotto finito giacente sulle banchine del porto di Taranto utilizzate dall’Ilva. Si tratta di un sequestro preventivo chiesto e ottenuto dalla Procura della Repubblica della città pugliese; in questo modo la merce non potrà essere commercializzata.
La merce sequestrata è tutta la produzione dell’Ilva degli ultimi quattro mesi, lastre di acciaio e coils, pronti per essere spediti alle industrie. La merce sequestrata non potrà essere commercializzata perchè si tratta di prodotti realizzati in violazione della legge dal momento che il sequestro dell’area a caldo Ilva disposto il 26 luglio scorso – e confermato dal riesame – era senza facoltà d’uso: non per produrre dunque ma solo per mantenere in sicurezza gli impianti quel tanto che fosse sufficiente a giungere alla bonifica. La produzione realizzata in questi mesi, quindi, secondo la procura di Taranto, costituisce profitto di reati.
Il provvedimento di sequestro della produzione, firmato anche questo dal gip Patrizia Todisco, è disposto sulla base del secondo comma della legge 321 (sulla responsabilità amministrativa delle società) in collegamento con l’art.240 del codice penale, riguardante la confisca di beni: esso riguarda anche eventuali future produzioni e pone così uno stop definitivo alla produzione dell’acciaieria. In questi mesi, secondo quanto in più occasioni ha dichiarato il presidente Ilva, Bruno Ferrante, lo stabilimento tarantino ha continuato a produrre: da ultimo aveva sottolineato che, con l’applicazione della nuova Aia, lo stabilimento tarantino sarebbe andato «incontro a una produzione minore», e questo «sicuramente» avrebbe avuto «ricadute occupazionali». La produzione quest’anno, nonostante il sequestro del 26 luglio scorso, era avviata ad esser chiusa sugli 8 milioni di tonnellate l’anno. Un dato che, in occasione del rilascio dell’ultima Autorizzazione integrata ambientale, aveva creato polemiche da parte degli ambientalisti, dal momento che l’Aia prevede appunto una produzione di 8 milioni di tonnellate sottolineando che si tratterebbe di una riduzione della normale produzione Ilva.
Per il presidente dell’associazione ambientalista PeaceLink, Alessandro Marescotti, l’annunciata riduzione «della produzione da 15 a 8 milioni di tonnellate di acciaio all’anno è un bluff». L’attuale crisi internazionale dell’acciaio – secondo Marescotti – «non consente di produrre oltre le 8 milioni di tonnellate di acciaio all’anno in quello stabilimento e che «tecnicamente» l’Ilva «non riesce a produrre più di 10 milioni di tonnellate/anno». «Non ha impianti sufficienti per produrre 15 milioni di tonnellate/anno e infatti – dice Marescotti – non è mai arrivata a tali risultati produttivi».
EX ASSESSORE AI DOMICILIARI
C'è l’ex assessore all’Ambiente della Provincia di Taranto, Michele Conserva, tra le persone destinatarie di provvedimenti cautelari nell’ambito delle inchieste sull'Ilva di Taranto. Conserva è agli arresti domiciliari e si è dimesso circa due mesi fa dall’incarico.
FABIO RIVA TRA DESTINATARI ARRESTO
C'è anche Fabio Riva, vicepresidente di Riva Group, tra i destinatari delle sette ordinanze di custodia cautelare emesse nell’ambito delle inchieste sull'Ilva di Taranto. Il provvedimento nei confronti di Fabio Riva, figlio del patron dell’Ilva Emilio ai domiciliari dal 26 luglio, non è stato ancora eseguito.
IN CARCERE ANCHE ARCHINA'
Tra gli arrestati c'è l’ex dirigente dell’Ilva per i rapporti istituzionali Girolamo Archinà, che è stato trasferito in carcere. Archinà era stato 'licenziato' tre mesi fa dall’azienda dopo che, dall’inchiesta per disastro ambientale, era emerso un episodio di presunta corruzione che coinvolgeva l’ex rettore del Politecnico di Taranto Lorenzo Liberti, al quale Archinà avrebbe consegnato una busta contenente la somma di 10mila euro in cambio di una perizia addomesticata sull'inquinamento dell’Ilva. Anche Liberti è destinatario di un provvedimento di arresto.
INDAGATO FERRANTE
Il presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, è indagato nell’ambito delle inchieste tarantine per «inosservanza delle precedenti disposizioni dell’autorità giudiziaria». Indagato per lo steso reato l’attuale direttore dello stabilimento tarantino, Adolfo Buffo. Entrambi hanno ricevuto informazioni di garanzia dalla procura.
TUTTI I SETTE ARRESTATI
Sono in tutto sette i destinatari di provvedimenti eseguiti oggi di restrizione della libertà personale per le inchieste sull'Ilva. Cinque le misure di detenzione disposte dal gip Patrizia Todisco e due nell’ordinanza del gip Vilma Gilli. Tra gli arrestati per disposizione del gip Todisco figura il patron Emilio Riva, 86 anni, che è già agli arresti domiciliari dal 26 luglio scorso. Per lui, l’arresto è ai domiciliari e non potrebbe essere altrimenti anche a causa della sua età.
La detenzione in carcere è stata disposta dallo stesso gip per il vicepresidente di Riva Group Fabio Riva, l’ex direttore dell’Ilva di Taranto Luigi Capogrosso e l’ex dirigente Ilva Girolamo Archinà. Ai domiciliari l’ex rettore del Politecnico di Taranto Lorenzo Liberti.
Per la parte Ilva, il gip Todisco ha respinto al richiesta formulata dalla procura di ulteriore arresto per l’ex presidente di Ilva Nicola Riva, anch’egli già ai domiciliari dal 26 luglio scorso. Dal gip Vilma Gilli ai domiciliari è stato posto oggi l’ex assessore all’Ambiente della Provincia di Taranto Michele Conserva, dimessosi circa due mesi fa dall’incarico quando si seppe che poteva figurare tra gli indagati della inchiesta sull'Ilva collaterale a quella per disastro ambientale. Ai domiciliari per disposizione del gip Gilli anche l’ing.Carmelo Delli Santi, rappresentante della Promed Engineering. Conserva e Delli Santi sono entrambi accusati di concussione.
L'EX ASSESSORE IMPONEVA CONSULENZE A DITTE
L'ex assessore provinciale all’Ecologia, Ambiente e Aree protette Michele Conserva avrebbe imposto alle aziende interessate ad ottenere le autorizzazioni in materia ambientale un consulente 'di fiducia'. È quanto emerge dalla nuova inchiesta sull'Ilva di Taranto che ha portato all’emissione di sette provvedimenti di custodia cautelare. L'accusa nei confronti di Conserva e di associazione per delinquere e concussione: secondo le indagini, l’ex assessore «avvalendosi dell’operato di un suo stretto collaboratore nonchè del rappresentante legale di una società di progettazione ed ingegneria, poneva in essere più delitti di concussione per aver di fatto monopolizzato l’attenzione di diversi titolari di imprese interessate ad ottenere autorizzazioni di pertinenza del proprio assessorato, orientandoli ad avvalersi della consulenza tecnica professionale da lui indicata». In sostanza, Conserva avrebbe costretto le aziende a corrispondere alla società Promed Engineering compensi «talvolta esorbitanti o comunque eccessivi rispetto al lavoro svolto».
TRA LE ACCUSE: IL SIDERURGICO EMETTE SOSTANZE NOCIVE
L’Ilva di Taranto avrebbe emesso «nell’aria e negli ambienti vicini allo stabilimento sostanze nocive quali benzo(a)pirene, diossine, metalli e altre polveri nocive», causando «gravissimo pericolo per la salute pubblica e dei lavoratori dello stabilimento, contaminazione di terreni ed acque». È quanto contenuto nei capi d’accusa dell’inchiesta della Procura di Taranto che ha portato oggi all’emissione di provvedimento cautelari nei confronti di sette persone, tra cui i vertici dell’azienda. Gli inquirenti sottolineano che le contaminazioni di terreni ed acque sarebbero state compiute in aree in cui «insistono numerose aziende agricole locali, con la conseguente necessità di procedere all’abbattimento di numerosi capi di bestiame destinati al consumo umano».
FERRANTE: NON RINUNCIO A PRESIDENZA
"Non ho alcuna intenzione di rinunciare all’incarico di Presidente di Ilva S.p.A.». Lo dichiara Bruno Ferrante che aggiunge:“le contestazioni che mi sono state rivolte dal PM di Taranto appaiono inconsistenti e strumentali».
“Proseguirò nel mio compito – ha aggiunto Ferrante – nell’interesse dei tanti lavoratori e dell’Azienda, convinto sempre che è possibile e doveroso coniugare ambiente, salute e lavoro”.
ISPETTORE PS INFORMO' AZIENDA RIUNIONE PROCURA
C'è anche un ispettore di Polizia in servizio alla Digos di Taranto, Cataldo De Michele, tra le persone che l’ex dirigente Ilva Girolamo Archinà avrebbe utilizzato per avere informazioni riservate che riguardavano l'azienda siderurgica. Lo scrive il gip Patrizia Todisco nell’ordinanza dalla quale oggi sono scaturiti arresti.
In particolare nell’ordinanza si riferisce che l’ispettore di polizia “forniva ad Archinà informazione circa un incontro riservato che il procuratore di Taranto aveva avuto il 7 giugno 2010 presso la questura di Taranto con il prof.Giorgio Assennato”, direttore generale dell’Arpa Puglia. L’ispettore, scrive il gip, riferiva ad Archinà che “il procuratore aveva chiesto al direttore dell’Arpa Puglia ulteriori notizie circa gli esiti delle rilevazioni sulle emissioni di benzoapirene da parte dell’Ilva spa, aggiungendo inoltre di aver captato che nel termine di 30 giorni era stata chiesta un’ulteriore relazione, in quanto erano ipotizzabili reati di disastro ambientale ed il procuratore intendeva identificarne le persone fisiche responsabili”.
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