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Comunicato stampa

Continua il gioco del “cerino”

Noi restiamo convinti che sia sbagliata la strada imboccata con il Decreto “salva Ilva”: è solo un modo per prendere tempo, non per risolvere il problema che non si sa come risolvere senza morti e feriti, in ogni senso
5 dicembre 2012
Luigi Boccuni, Mino Briganti, Simona Carone, Biagio De Marzo, Pierpaolo Fiume, Giacomo Raffaelli, Massimiliano Saracino. (Direttivo di Altamarea)

E’ amaro e disperante sapere che, dopo il Decreto “salva Ilva”, firmato nella versione definitiva dal Presidente della Repubblica, a Taranto parecchi sono stanchi di parlare e manifestare soltanto e invano e decidono di uscire di scena, come i morti e gli ammalati, per dedicarsi a chiedere, a modo loro, di avere almeno strutture degne per curare i malati e i sopravvissuti e per lenire le ferite inferte alla salute ignorata e calpestata, ricordata solo perchè c'era qualcuno che il suo dolore lo metteva in piazza.

Questo accade mentre assistiamo al “gioco del cerino” tra Ilva e Istituzioni su chi e come deve dire BASTA e a quale prezzo. L’AIA dell’Ilva, divenuta legge con il Decreto legge 207/2012 del 3 dicembre 2012, assicura “la più adeguata tutela dell’ambiente e della salute secondo le migliori tecniche disponibili”. foto di Taranto

Non è vero, per questioni giuridiche e di incostituzionalità e per questioni di contenuto. Il magistrato Roberto Rossi, membro dell’attuale Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) il cui Presidente è proprio il Presidente della Repubblica, osserva che “una legge deve regolare delle situazioni ma non può dire che una cosa è vera o falsa. E’ come se ci trovassimo di fronte a una legge che dicesse: l’utilizzo delle bombe a mano non è pericoloso per la salute dei cittadini”. Egli aggiunge: “La cosa diventa ancora più grave perché in realtà quanto emerge dall’indagine penale rileva che quell’AIA, anche nella nuova forma, non è idonea a tutelare la salute dei cittadini e dei lavoratori”.

L’AIA divenuta legge non è idonea anche per grossolane carenze nelle prescrizioni tecniche di alcuni impianti (ad esempio le acciaierie), per insistite superficialità (ad esempio la capacità produttiva annua fissata quasi allo stesso valore della produzione annua effettiva degli ultimi anni o il “regalo” di un anno sulla durata dell’AIA). Ci sono anche evidenti omissioni, ad esempio si omette di precisare che si intendono incluse nell’AIA e quindi nel Decreto le prescrizioni derivanti dalla seconda parte del "riesame" dell'AIA datata 4 agosto 2011 relativamente a acque, discariche e bonifiche. Altre importanti omissioni sono quella relativa alla fideiussione di garanzia da parte di Ilva e, in alternativa, quella relativa a provvedimenti in caso di non accettazione dell’AIA da parte di Ilva.

Noi restiamo convinti che sia sbagliata e non risolutiva la strada imboccata con il Decreto “salva Ilva”, motivata dalla prevalente preoccupazione per la salvaguardia dei livelli occupazionali e per l’ordine pubblico: è solo un modo per prendere tempo, non per risolvere il problema che, onestamente, non si sa come risolvere senza morti e feriti, in ogni senso.

 

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