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La diossina nelle donne a Taranto

L'indagine Womenbiopop sulla presenza delle diossine nel sangue delle donne di Taranto non presenta raffronti tali da far emergere le criticita' emerse invece con lo studio sugli allevatori di Taranto. Ed ecco perche' sarebbe azzardato concludere che a Taranto la diossina non ha inciso sulla salute delle donne
17 gennaio 2013
Alessandro Marescotti (Presidente di PeaceLink)



L'indagine Womenbiopop sulla presenza delle diossine nel sangue delle donne di Taranto (presentata al Padiglione Vinci dalla dott.ssa Elena De Felip, dell'Iss) sembra tranquillizzare la popolazione.

Esprimo le mie riserve metodologiche su questo studio.  Pecore-Ilva

L'indagine ha infatti un limite di fondo: e' stata realizzata solo su donne giovani. Poiche' le diossine sono bioaccumulabili, esse crescono di circa tre volte nel corso della vita e si riscontrano in concentrazioni molto più alte in donne anziane.

L'indagine presentata e' basata pertanto su una impostazione che minimizza le differenze e che non consente di apprezzare le variazioni di concentrazione fra esposti e non esposti; questa differenza si puo' apprezzare appieno solo comparando donne anziane esposte e donne anziane non esposte.

Questo limite di fondo dello studio presentato adesso lo pone in contraddizione con lo studio sugli allevatori (presentato nei mesi scorsi con la ricerca Sentieri); lo studio sulla presenza di diossina negli allevatori ha riscontrato una differenza fra popolazione più esposta (i più vicini all'Ilva avevano concentrazioni maggiori di diossine nel sangue) e popolazione meno esposta (gli allevatori in un raggio superiore ai 15 chilometri avevano una concentrazione di diossina inferiore rispetto agli allevatori delle masserie vicine all'area industriale). Lo studio sugli allevatori pertanto ha suscitato scalpore in quanto sono state prese in considerazione popolazione con esposizione prolungata, contemplando anche gli anziani.
Non appropriata e' stata inoltre la comparazione fra le donne di Taranto e quelle di Terni. Terni e' infatti inquinata dalla diossina dell'inceneritore e dei forni elettrici dell'acciaieria. A Terni vi e' un divieto di pascolo analogo a quello di Taranto, per via dell'eccessiva concentrazione di diossine nei suoli.

Non e' felice neppure la comparazione con i dati della zona del Lago di Garda, che e' vicino a Brescia, fortemente contaminata dall'apirolio che e' stato prodotto li' e portato nel polo industriale e militare di Taranto.

Ecco perche' questo studio non fa scalpore.

Questo studio sulle donne non presenta raffronti tali da far emergere le criticita' emerse invece con lo studio sugli allevatori di Taranto. Ed ecco perche' sarebbe azzardato concludere che a Taranto la diossina non ha inciso sulla salute delle donne.
In poche parole si trova cio' che si cerca.
La questione l'ho posta durante il dibattito che ha seguito la presentazione dello studio. La risposta della dott.ssa De Felip e' stata questa: non c'erano i fondi per studiare anche le donne anziane.


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