Ilva salva per decreto. E io pago
TARANTO - Il cosiddetto decreto "Salva – Ilva" è stato approvato ieri dalla Camera, ora passa al Senato. Nonostante l'apposizione della questione di fiducia da parte del governo, il decreto (n. 207 presentato lo scorso 3 dicembre) è passato comunque con una maggioranza schiacciante: 420 voti favorevoli, 21 contrari, 59 astenuti.
Il decreto permette all'Ilva di Taranto, in quanto "stabilimento industriale di interesse strategico nazionale", di riprendere integralmente le sue attività dopo il nuovo sequestro dell'area a freddo dello stabilimento e dei prodotti finiti, disposto dalla Magistratura lo scorso 26 novembre. È un provvedimento che permette di adempiere alle prescrizioni dell'Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata agli stabilimenti tarantini lo scorso 26 ottobre. La nuova AIA autorizza altri 36 mesi di attività dello stabilimento, a patto che l'azienda adempia alle prescrizioni dell'Autorizzazione "al fine di assicurare la più adeguata tutela dell'ambiente e della salute secondo le migliori tecniche disponibili".
Per il Ministro dell'Ambiente Corrado Clini siamo dinanzi ad "un provvedimento chiave per lo sviluppo sostenibile del nostro Paese, per l'equilibrio tra industria, ambiente e salute", un provvedimento di carattere generale per il territorio che riguarda tutti i grossi stabilimenti, non solo l'Ilva.
Al di là delle maggioranze parlamentari, di parere diametralmente opposto sono diverse decine di migliaia di tarantini che lo scorso 15 dicembre sono scesi in piazza a Taranto contro il decreto "Ammazza – Taranto" a sostegno dell'azione della Magistratura e del gip Patrizia Todisco. Non meno infuocata è stata la discussione parlamentare che ha portato all'approvazione del decreto. Elisabetta Zamparutti (Radicali) lo ha definito "un atto che aggrava la crisi di legalità del nostro Paese. È una costruzione politica insostenibile per noi da un punto di vista costituzionale, perché, d'ora in poi, e non solo per Taranto, basterà che un Governo pronunci le paroline magiche ‘stabilimento di interesse strategico nazionale' perché, come d'incanto, svaniscano gli effetti di ogni provvedimento di sequestro dell'autorità giudiziaria". Non meno dolci le parole di Antonio Di Pietro (Idv) che ha definito l'atto un "esproprio della democrazia parlamentare" e ancora "un provvedimento costituzionalmente illegittimo e che soprattutto mette l'uno contro l'altro dei poveri Cristi: le persone che hanno diritto al lavoro e quelle che hanno diritto alla salute. Voi mi dovete spiegare per quale ragione al mondo avete previsto, in questo provvedimento, che si possa usare il prodotto già confezionato, il prodotto già realizzato dall'Ilva, in violazione della legge e sequestrato dalla magistratura come corpo di reato", un decreto "ad personam, perché all'Ilva serve il prodotto che hanno già realizzato".
Solo qualche giorno prima l'attacco del presidente dell'Ilva Ferrante alla Magistratura: "La vera volontà degli organi giudiziari non è quella di salvare uno stabilimento e i posti di lavoro, ma di andare verso una chiusura tragica di questo stabilimento". Dall'altro lato Vincenzo Fornaro, allevatore a cui per primo sono stati abbattuti i capi di bestiame nel 2010, che il 12 dicembre, mentre erano in corso altri nuovi 300 abbattimenti di bestiame contaminato, commenta: "Mentre il governo si appresta ad approntare un decreto per commercializzare l'acciaio sequestrato dalla Procura di Taranto, dimentica invece completamente la nostra emergenza e non fa nulla per risarcire gli allevatori danneggiati dalla diossina". L'associazione PeaceLink ribadisce che anche gli allevatori sono lavoratori e ricorda che "giace da mesi un progetto di legge scritto, firmato e proposto dai cittadini di Taranto per risarcire gli allevatori danneggiati dall'inquinamento".
E a proposito di risarcimenti e costi si arriva all'altra nota dolente delle vicende Ilva, quella dei soldi. Chi paga le bonifiche? Chi risarcisce i lavoratori e i cittadini? Quanto ci costa questa vicenda?
L'elenco dei costi è lungo, qui ci limitiamo solo a quelli di questi giorni. Il decreto appena approvato prevede l'istituzione della figura di un garante per 3 anni al costo di 200.000 euro all'anno. A questo si aggiungono le altre sfaccettature della vicenda. Infatti, ad oggi, sono 149 tra enti e cittadini i soggetti che hanno promosso una causa civile all'Ilva per i danni subiti dall'inquinamento e il conseguente deprezzamento delle abitazioni e delle proprietà. A questo si aggiungono, come si legge dal fascicolo della seduta parlamentare che ha approvato il decreto, "una stima dell'associazione ambientalista Peacelink che quantifica il danno complessivo alla città e al suo ecosistema in sei miliardi di euro, che si andrebbero a sommare ai 700 milioni già chiesti dal comune", e, purtroppo, non finisce qui sono necessarie anche "le risorse – valutate in circa 3,5-4 miliardi di euro – per rispettare quanto richiesto dal provvedimento di riesame dell'Autorizzazione integrata ambientale del 26 ottobre scorso, in termini di disinquinamento, risanamento degli impianti e bonifica delle aree inquinate".
http://www.camera.it/410?idSeduta=0736&tipo=stenografico#sed0736.stenografico.tit00120
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