"Non andare a votare è pari a dire io sono il tuo servo, fa' di me quel che vuoi, morirò in silenzio”
Il referendum del 14 Aprile 2013 in cui la città di Taranto sarà chiamata ad esprimersi sul proprio futuro, è argomento che volutamente si cerca di silenziare o, dove non si riesce, di sminuirne la portata e l'importanza, ma in realtà ha un valore che pochi immaginano.
Lasciare che il referendum, massima espressione di democrazia, non sia sufficientemente partecipato, consentirà a chiunque di dire che a noi stessi, per primi, non interessa il nostro futuro, con la conseguenza che ogni futura lamentela sarà tacitata come espressione di una minoranza.
Non andare a votare significa legittimare l'operato del primo cittadino di Taranto che non si è mai troppo preoccupato della salute dei suoi concittadini, atteggiandosi in pubblico a pediatra buono ed in privato rassicurando il suo amico Girolamo circa i tempi più lontani possibili per questa consultazione (intercettazione del 29 luglio 2010, Archinà: «La data la più lontana possibile, per farci lavorare un po’ tranquilli.» - Stefàno: «Tranquilli, va benissimo, ciao Girolamo.»); significa legittimare un'Amministrazione Regionale, che non si dimentica del faccendiere Girolamo (intercettazione del 6 luglio 2010, Vendola al telefono con Archinà «State tranquilli, non è che mi sono scordato, non mi sono defilato.»), e che pubblicamente si erge a paladina con una legge che non ha mai seriamente fatto applicare; significa legittimare l'operato di un Governo che ha condannato una città intera a malattie e morti con un decreto legge; significa legittimare l'operato di un'azienda che considera questa città come il proprio feudo, di cui disporre a proprio piacimento, e dei suoi sudditi la cui vita conta poco più che niente, che crede, con grasse risate, che un morto in più sia “una minchiata” di cui non preoccuparsi.
Non andare a votare è pari a dire pubblicamente “io sono il tuo servo, fa' di me quel che vuoi, morirò in silenzio”.
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