Uscite movimenti dalle stanze dei social, e restate amici dei ragazzi di strada!
Sono giorni caldi per Taranto. Mentre in tribunale riprende il processo “Ambiente Svenduto” arrestatosi per un banale “vizio di forma” (in Italia si è sempre bravi a guardare alla forma e poco alla sostanza), in città, pardon sui social, le giornate scorrono via sull’orlo di una crisi di nervi che pare interessare le migliori personalità ed i migliori rappresentanti delle associazioni tarantine.
In pochi restano fuori dalla mischia, solo i più saggi, i più intelligenti hanno deciso, in questo momento, di tacere. Non per ignavia, non per timidezza, ma per la saggia consapevolezza che ora, qualsiasi parola, sarebbe benzina sul fuoco.
Proprio ieri ho assistito a un lancio di accuse non tanto velate, da parte di Matacchiera nei riguardi di una fetta del mondo operaio, non tutto, reo di inquinare la terra e l’aria di Taranto; così, perché non avevano di meglio da fare, per semplice passatempo, per il puro piacere di autocelebrarsi ritagliandosi quei cinque minuti di famigerata popolarità. Qualche volta sarebbe buona cosa misurare le parole, dire una parola in meno piuttosto che una in più, dimostrando quella sensibilità nei riguardi di chi, giorno dopo giorno, rischia di perdere quell’infame posto di lavoro che sfama mogli e bambini. È molto facile fare i puri di cuore quando si ha la certezza di un posto di lavoro che non inquina, che non uccide, che non avvelena. È molto facile fare i puri di spirito quando il nostro posto di lavoro ci eleva moralmente nei riguardi di chi deve invece accontentarsi, per necessità sociale e materiale, di un’occupazione che comunque, in qualche modo, sfama qualcheduno.
Sempre ieri ho assistito ad uno sfogo inusuale di Michele Riondino, un uomo che ho sempre stimato, e che continuo a stimare, per la passione che ha dedicato alla causa di Taranto. Nessuno, sono sicuro, nella sua posizione avrebbe abbracciato con tanto attaccamento e con inusuale esposizione mediatica la causa di Taranto, schierandosi nettamente, e a buon diritto, dalla parte del mondo operaio tarantino.
Ieri le sue parole mi sono sembrate, però, poco lucide, offuscate dalla rabbia più che dalla lucidità, dal fervore più che dalla lungimiranza, dal desiderio di assestare un duro colpo ad un’offesa ricevuta piuttosto che dal desiderio di esporre con la tranquillità di sempre il proprio punto di vista. Ieri ho assistito ad un’analisi fatta da Michele Riondino, che io (e sottolineo io, Gianmarco) non condivido assolutamente. Ho visto “cintare” il terreno della questione Taranto ad una pura questione di “lotta di classe” quando, secondo me, la questione Taranto va ben al di là dell’aspetto occupazionale. Ho visto troppo spesso Riondino, nel corso del video, tacciare il mondo ambientalista di “atteggiamento borghese” salvo poi aggiungere alla fine la postilla nella quale dice che Matacchiera non rappresenta tutto il mondo ambientalista; allora ieri Riondino parlava a Matacchiera o al mondo ambientalista? Non l’ho capito, il dubbio rimane, ma vi dico la verità, non me ne frega nulla.
Queste polemiche non mi appassionano. Non è questo che mi auspicavo dal mondo associazionistico. Sono questi dibattiti, secondo me puerili, vuoti, che mi hanno fatto tornare alla mente un passaggio di una poesia di Vladimir Majakovskij, poeta della Rivoluzione d’Ottobre, grande idealista del comunismo dei giovani, morto suicida ad appena 37 anni, considerato uno di questi poeti che fanno innamorare gli animi giovanili, che alla fine fa così:
“Esci partito dalle tue stanze, resta amico dei ragazzi di strada”
Il poeta si rivolge al partito Comunista russo, richiamandolo ai veri ideali che hanno portato alla rivoluzione d’ottobre, richiamandolo a quel sentimento di semplicità che il potere (e qualche volta i social network ai giorni nostri) fa perdere. Quale quadro è più semplice, più puro se non l’immagine dei giovani, incarnazione di tutto ciò che non è contaminato. “Guada partito le cose semplici, e resta semplice!” pare dire il poeta. Allo stesso modo dico io:
“Uscite movimenti di Taranto dalle stanze dei social, e restate amici dei ragazzi di strada”
Forse si, è vero, i movimenti si sono imborghesiti. Tutti. Ambientalisti e non. Ho avuto modo di scriverlo in un precedente articolo. Ci siamo imborghesiti nel senso che sembriamo avere perso la rotta, la strada, che è semplice, che è lì, è segnata ed è davanti a noi: la difesa della salute della gente di Taranto, e dei suoi bambini in primis. Ci aggrovigliamo in discussioni filosofiche su cosa è giusto fare e su quali sono i tempi in cui farlo. Non sappiamo se è giusto chiudere solo l’Ilva o batterci anche per la chiusura di Eni. Usciamo il fatto che la Marina inquina e andiamo nel panico non sapendo se è moralmente giusto chiudere una sola fonte inquinante piuttosto che due. Perdiamo tempo a capire se gli operai sono complici o se è uno stupido atteggiamento di superiorità degli ambientalisti. Valutiamo quale partito sia meglio appoggiare per sembrare più puri degli altri e valutiamo l’idea di non candidarci proprio per non sporcarci le mani e restare così “verginelli” a vita.
“Uscite movimenti di Taranto dalle stanze dei social, e restate amici dei ragazzi di strada”
Non dimentichiamoci, mai, che non stiamo qui per ritagliarci vetrine che troppo spesso i social offrono, stiamo qui per mettere a disposizione della comunità, ognuno a modo suo, le proprie competenze. I movimenti devono riprendere a guardare ai ragazzi di strada, devono ritrovare quel coraggio e quella semplicità da cui tutto è nato. Apriamo le stanze dei movimenti ai ragazzi, alla gente di strada, alle periferie. Che gli incontri siano fatti nelle scuole quanto nelle piazze, perché non deve essere perduto quello spirito di popolo di cui i movimenti devono impregnarsi. Che gli scambi di idee non si concretizzino solo nella rete, o tra quattro mura, ma si abbia il coraggio di scendere per strada e coinvolgere colui il quale la pensa diametralmente opposto da come la vedo io; perché i movimenti devono essere la mescolanza di idee, di proposte, non devono essere classificati in etichette, siano esse etichette operaie o ambientaliste.
I movimenti devono essere rappresentanza di tutti e di nessuno in particolare. Matacchiera non è l’ambientalismo e Riondino non è il mondo operaio. Matacchiera e Riondino sono due uomini che hanno dato, e che dovranno dare tanto ancora alla causa di Taranto, ma lo dovranno dare in virtù del fatto di essere uomini di Taranto prima ancora che ambientalisti o operai.
Fa bene chi ha individuato nella rivalutazione del rapporto coi giovani, con l’insegnamento di cose nuove, con la semina in terreni giovani e non già contaminati, la chiave di svolta per una mentalità nuova che questa Terra deve fare sua.
Usciamo nelle strade, spendiamo meno tempo possibile sui social, non perdiamo energie che potrebbero essere incanalate nella giusta direzione. Ritroviamo, tutti, quella semplicità che pare abbiamo perso. Ritroviamo quella vitalità che è propria dei ragazzi di strada, dei giovani, dei non allineati, dei rumorosi e degli indisciplinati, di quelli che non amano le discussioni da salotto. Restiamo amici dei ragazzi di strada, perché se chiederemo loro cosa va fatto, loro non si perderanno in chiacchiere da social, ma sapranno rinsavirci sul fatto che la priorità è la tutela della vita, la difesa di Taranto, dei suoi bambini e della sua gente.
Lancio la proposta di una grossa manifestazione di popolo, di gente di strada, di ragazzi e ragazze, di donne e uomini di Taranto. Se il mondo delle associazioni non sa sedersi attorno ad un tavolo, scenda allora per strada, al fianco dei ragazzi di strada e ritrovi quella semplicità che pare aver perduto.
Sono disposto a scendere a piedi pur di sapervi vicini, al fianco dei ragazzi di strada, e non divisi come oggi è il triste quadro che state dando a tutti noi, misera copia di quella vitalità e di quella speranza che il popolo di Taranto aveva riposto in ognuno di voi.
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