Crolla arcata acquedotto romano davanti all'ILVA
Sul posto sono giunti i carabinieri.
L'acquedotto romano si trova sulla destra percorrendo la strada fra il quartiere Tamburi di Taranto e il comune di Statte. Sulla sinistra invece c'è il muro di cinta dell'ILVA. Fra le arcare dell'antico acquedotto e l'ILVA c'è solo la strada.
L'area dell'ILva che confina con l'acquedotto romano è quella più inquinata, e lì sono in funzione le batterie della cokeria, uno degli impianti posti sotto sequestro dalla magistratura ma che attualmente sono in fuzione grazie ai decreti salva-ILVA.
L'inquinamento
E' noto che gli ossidi di azoto, mischiati alla pioggia, concorrono a sbriciolare in monumenti in tutt'Italia.
"A danneggiare i monumenti - spiega la ricercatrice Patrizia Bonanni, responsabile del settore Piani di risanamento dell'Ispra - sono in particolare gli ossidi di azoto, le polveri sottili Pm10 e Pm 2,5 e l'ozono". Le polveri dell'ILVA avevano scurito le arcate dell'acquedotto.
In questi giorni a Taranto vi era stata molta pioggia.
L'effetto dell'inquinamento sui monumenti di epoca romana è stato evidenziato ad esempio per il Colosseo a Roma.
"La Soprintendenza archeologica di Roma ha da tempo evidenziato che alcune componenti del Colosseo mutano da carbonato di calcio in solfato di calcio sotto l'effetto dell'inquinamento e l'antico monumento si sbriciola", si legge su Greenreport.
I picchi delle polveri inquinate, il biossido di azoto e il biossido di zolfo possono avere effetti devastanti sulle opere d'arte. Ma a Taranto questo non ha destato allarme fra chi avrebbe dovuto tutelare quel bene storico.
L'acquedotto romano del Triglio era stato in parte restaurato e da rossastro era ritornato del suo originario colore, per poi imbrattarsi nuovamente per l'inquinamento. I lavori di restauro non sono mai stati pagati da chi ha inquinato.
Informazioni storiche
Otto chilometri di gallerie sotterranee convogliavano l’acqua raccolta da numerose sorgenti per farla tambureggiare sugli archi che vedete (da qui deriva il nome del quartiere "Tamburi" accanto a cui sorge l'acciaieria).
"E’ una delle più imponenti opere di ingegneria idraulica di epoca romana presente nel territorio tarantino, tanto da percorrere il territorio di tre comuni (Statte, Crispiano e Taranto)", si legge sul sito GreenRoad.
"Si sviluppa - prosegue il sito - parte in sotterraneo e parte in elevato, con una serie di archi canale (che attualmente costeggiano la S.P. 48 nei pressi dell’Ilva) che un tempo trasportavano acqua alla città di Taranto.
Le gallerie sono in parte attive, cioè con la presenza di acqua che scorre, ed n parte fossili.
Da valutazioni archeologiche e storiche basate sulle tecniche idrauliche e di scavo delle gallerie, si ritiene che il primo tratto, che va dalle sorgenti fino a Statte, sia stato costruito per uso privato delle ville suburbane, nell’anno 123 a.C., al tempo dei Gracchi".
L’Acquedotto era alimentato dalle sorgenti che scaturiscono dal Monte Crispiano (su cui sorge il comune di Crispiano), confluendo nella vallata del Triglio con un sistema di gallerie sotterranee artificiali scavate in un banco roccioso.
L'acquedotto alimentava la fontana di Piazza Fontana nella "città vecchia" di Taranto.
Fra le recensioni di questo bene storico si legge: "Un antichissimo acquedotto romano praticamente abbandonato e purtroppo in buona parte da restaurare. Ciliegina sulla torta, l'Ilva addossata a questa meraviglia storica e archeologica. Una vergogna, altrove acquedotti romani di questo calibro sarebbero molto più tutelati e valorizzati".
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