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L'ILVA multata per oltre 55 milioni di euro per non aver acquistato "certificati verdi"

Lettera al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte sull'ILVA

Richiesta di coinvolgimento dei cittadini ai sensi della Convenzione di Aarhus, recepita con legge 108/2001. Il Just Transition Fund non divenga la stampella per far proseguire ancora di qualche mese l'agonia dell'ILVA. Gli aiuti di stato sono vietati dal Trattato di Funzionamento dell'UE.
23 luglio 2020
Comitato Cittadino per la Salute e l'Ambiente a Taranto

Logo del Comitato Cittadino per la Salute e l'Ambiente a Taranto Al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte
Oggetto: ILVA, richiesta di coinvolgimento dei cittadini ai sensi della Convenzione di Aarhus, recepita con legge 108/2001

Gentile Presidente,
la scorsa settimana le è stata consegnata la Relazione Annuale ARERA (Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente). Nella relazione avrà notato che l'ILVA è stata pesantemente multata per non aver acquistato in passato i "certificati verdi". L'ILVA ha ricevuto quattro sanzioni per oltre 55 milioni di euro per le centrali termoelettriche che bruciano i gas di cokeria e di altoforno. Per la precisione è stata multata "Taranto Energia" per non aver acquistato in anni passati i cosiddetti "certificati verdi" che dovrebbero compensare la produzione di energia da fonti fossili.

Il legislatore, nell’ottica della tutela ambientale, ha imposto l’obbligo ai produttori di energia di generare almeno una quota di essa da fonti rinnovabili, prevedendo in alternativa l’acquisizione dei certificati verdi. Nella relazione dell'ARERA si legge: "Taranto Energia, il cui capitale sociale è interamente detenuto da Ilva S.p.a., nel 2014 ha prodotto energia elettrica attraverso i propri impianti termoelettrici situati all’interno dello stabilimento siderurgico Ilva. La società era tenuta, pertanto, ai sensi dell’articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 79/99, a immettere, nel sistema elettrico nazionale, nell’anno successivo, una quota di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, oppure, ai sensi del comma 3, dello stesso articolo 11, ad acquistare, in tutto o in parte, l’equivalente quota o i relativi diritti da altri produttori, purché immettessero l’energia da fonti rinnovabili nel sistema elettrico nazionale o dal Gestore della rete di trasmissione nazionale (ossia ad acquistare “certificati verdi”, come definiti dall’articolo 2, comma 1, lettera o), del decreto legislativo 387/03)".

Ciò non è avvenuto.

L'ARERA parla di "volontà colpevole della condotta omissiva oggetto di contestazione" (ossia il mancato acquisto dei "certificati verdi"). In buona sostanza l'ILVA aveva l'obbligo di concorrere alla tutela ambientale e non l'ha fatto e, per tale ragione, è stata pesantemente multata.

La storia delle multe all'ILVA per mancato acquisto dei "certificati verdi" apre una finestra di conoscenza su una questione poco nota: i gas delle cokerie e degli altoforni vengono infatti bruciati in due centrali termoelettriche (CET2 e CET3). Tale combustione produce una quantità enorme di CO2, addirittura superiore rispetto a quella emessa dai camini ILVA. Le emissioni di CO2 di quelle due centrali termoelettriche, sommate alle emissioni di CO2 dell'ILVA, sono talmente rilevanti che fanno dello stabilimento un "climate monster", ossia la principale sorgente di CO2 dell'Italia. Sommando infatti alle emissioni di CO2 dello stabilimento (4.700.000 tonnellate/anno) anche le emissioni di CO2 delle due centrali termoelettriche CET2 e CET3 (3.046.760 + 2.941.890 = 5.988.650) si ottiene un totale di 10.688.650 tonnellate/anno di CO2 provenienti dal ciclo siderurgico integrale.

Nel settembre del 2019 Lei, signor Presidente, aveva ricevuto una lettera di PeaceLink che le segnalava questi dati sulla CO2. Adesso, signor Presidente, ha ricevuto anche una comunicazione dell'"Autorità di regolazione a per energia, reti e ambiente" (ARERA) che le segnala una pesante multa connessa alle enormi emissioni di CO2 non compensate.

Sempre più l'ILVA diventerà un problema da gestire con le sue inaccettabili emissioni di CO2, specie se verrà inaugurata una carbox tax per poter finanziare il Recovery Fund.

Il recente accordo europeo sul Just Transition Fund stanzia importanti risorse per la riconversione verde dell'economia europea. Il Just Transition Fund, lo strumento della transizione verde del Recovery Fund, è stata tuttavia fortemente ridimensionato e noi riteniamo che le risorse rimanenti non possano essere sprecate in un'impossibile rilancio dell'ILVA. Si profila una "riconversione verde" di pura facciata che non ferma gli altoforni attuali e tutti gli impianti connessi dell'area a caldo, con le imponenti emissioni di CO2 che sono alla base della maxi multa dall'ARERA.

Le scriviamo perché non vogliamo che il Just Transition Fund divenga la stampella per far proseguire ancora di qualche mese l'agonia dell'ILVA, concedendo abilmente ad ArcelorMittal fondi europei e aiuti di stato, vietati dal Trattato di Funzionamento dell'Unione Europea (TFUE).

La verità sull'ILVA va detta all'opinione pubblica e agli stessi lavoratori. L'ILVA, anche con la gestione di un colosso multinazionale come ArcelorMittal, è fuori mercato e nessuna cura l'ha guarita: perde cento milioni di euro al mese. Più del doppio di quanto sborsa per pagare i propri dipendenti.

Tenere in vita questa ILVA significa sottrarre risorse ad un nuovo futuro per gli stessi lavoratori ILVA. È una scelta suicida. L'economia nazionale, piegata dalla tragedia del coronavirus, ha diritto di riprendersi, ma INVITALIA non può mascherare il fallimento dell'ILVA con i fondi del Just Transition Fund, sottraendoli ad altri settori e progetti ben più promettenti e ben più meritevoli di sostegno.

I lavoratori ILVA, assieme a tutti gli altri lavoratori italiani hanno diritto ad un sostegno, ma proprio per questo è irresponsabile proseguire in un'attività economica fallimentare. Signor Presidente, è bene essere chiari e sinceri: le prospettive dell'ILVA continuerebbero ad essere economicamente fallimentari anche se riconvertita con tecnologie "green". Nessuna svolta "green" dell'ILVA consente di vendere otto milioni di tonnellate/anno di acciaio per il semplice fatto che il mercato non le richiede. L'ILVA non è strategica e la sua ingloriosa agonia ne è la testimonianza.

Ciò nonostante si tengono in attività impianti pericolosi che la magistratura ha già posto sotto sequestro e che anche noi riteniamo che vadano fermati.

Con questa lettera le annunciamo che useremo tutti gli strumenti nazionali ed europei per scongiurare che le risorse del Just Transition Fund possano finanziare l'attuale ILVA. Le chiederemo la massima trasparenza.

Finanziare un Climate Monster, per di più pesantemente multato per non aver neppure acquistato i "certificati verdi", è la negazione del Just Transition Fund. Ed è la negazione del futuro di tutti quei ragazzi che sono scesi in piazza assieme a Greta Thunberg nel movimento contro i cambiamenti climatici.

Vogliamo essere consultati, non meno delle organizzazioni sindacali e degli enti locali, sul futuro dell'ILVA. Siamo un ente esponenziale nato per unire cittadini e associazioni in Comitato. I cittadini vanno consultati e attendiamo di interloquire con il Governo e di essere informati, sulla base della Convenzione di Aarhus.

Da ora in poi chiediamo al Governo e a Lei nello specifico che ogni passaggio, sia economico sia ambientale, avvenga con la consultazione dei cittadini e con il loro pieno coinvolgimento, attraverso periodiche consultazioni telematiche che ci consentano di conoscere, controllare e partecipare.

Le chiediamo di farsi garante, per conto di tutti i Ministeri coinvolti, di un patto di consultazione periodica dei cittadini e di partecipazione alle scelte, così come prevede la legge 108/2001 che, recependo la Convenzione di Aarhus, prevede la "partecipazione del pubblico ai procedimenti decisionali in materia ambientale" nonché la conoscenza "lo stato di salute, la sicurezza e le condizioni di vita delle persone".

Noi le chiediamo di essere coinvolti in modo esplicito e sostanziale nel processo di transizione così come la Convenzione di Aarhus prevede. E attendiamo una sua risposta a questa nostra richiesta e a quanto è contenuto nella presente lettera.

Distinti saluti

Per il Comitato Cittadino per la Salute e l'Ambiente a Taranto

Massimo Castellana (responsabile legale)

Associazione PeaceLink (Alessandro Marescotti)
Comitato Quartiere Tamburi (Giuseppe Roberto)
Donne e Futuro per Taranto Libera (Lina Ambrogi Melle)
Genitori Tarantini (Cinzia Zaninelli)
LiberiAmo Taranto (Maria Arpino)
Lovely Taranto (Antonella Coronese)

Note: Lettera spedita via PEC alle ore 11.40 del 23.7.2020.

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