Ettore Martini, un protagonista della Resistenza a Villapianta (Alfonsine)
Ettore abitava a due chilometri da Voltana, precisamente a Villapianta, che rientra nel comune di Alfonsine. Ma la zona in cui lavorava e dove intratteneva le sue amicizie era Voltana.
Ettore è l'amico di gioventù, il giovane elegante che indossava il mio impermeabile bianco con piacevole naturalezza. E' il compagno sincero e deciso; il lavoratore col quale ho condiviso il duro lavoro edile da giovanissimo. Una vita insieme.
Poi, in un'Italia tradita e umiliata, fummo di nuovo al lavoro (insieme) per riconquistare la libertà, la democrazia e la dignità di cittadini.
Non sempre fummo d'accordo, ma questo non ci impedì mai di rimanere intimamente amici e di collaborare senza riserve: a volte si trattava di una pianta topografica, di un semplice scritto o di un puro parere. Ciò avveniva con naturalezza e col sorriso di condivisione.
Ettore era al fronte come combattente; io al servizio informativo, insieme con Nara Martini e Serafino Baroncini. A volte portavo un messaggio ben nascosto nelle scarpe a chi di dovere. C'era la consapevolezza che il futuro nostro e del nostro Paese dipendeva dalla partecipazione alla politica e alla lotta di liberazione dal nazifascismo e alla riconquista della democrazia. Qui non ci dovevano essere equivoci e non ci furono.
La spinta entusiastica qualche volta può essere stata forte o eccessiva anche. Mai però fece tracimare l'onda montante, ben protetta da argini reali e culturali sicuri.
Se oggi la libertà come valore immenso ci appartiene e ci apparterrà in futuro, vada, a chi per questa lottò, il nostro riconoscimento.
A te, Ettore, e alla tua Anna, il mio affetto di sempre.
Nella seguente intervista ritorna a parlare del suo amico.
Quando è morto Ettore?
E' scomparso di recente.
Quanti anni aveva?
Aveva qualche anno meno di me. Abitava nella zona agricola “la Limona” (Villapianta, Alfonsine), un'azienda moderna per il tempo, per gli anni Venti-Trenta.
Come hai saputo della sua morte?
Mi ha telefonato Anna Dalbuono, la moglie. Mi ha detto che stanno approntando un libro. Con piacere ho voluto fornire la mia testimonianza.
Quando l'hai conosciuto?
Ci conoscevamo da ragazzi, l'amicizia risale ai nostri genitori.
Come era?
Era alto, forte, un bel giovane. Sapeva “gettare i mattoni”, cioè li lanciava oltre i sette metri di altezza, come i migliori muratori. Arrivavano al secondo piano di una casa, con buona precisione. Così ci si risparmiava di portarli a spalla per le scale ripide a pioli. Era un lavoro pesantissimo ma sbrigativo.
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