L'ospedale a Voltana, realizzato per ordine del CLN
Luciano Marescotti racconta: "Noi eravamo fra i due fronti. Sul Senio c'erano gli alleati, sul Santerno i tedeschi. Noi eravamo lì in mezzo. Eravamo soggetti ai bombardamenti e ai rastrellamenti. Mia mamma aveva capito che i rastrellamenti erano preparati fra le due di notte e le quattro. Occupavano gli incroci con le mitraglie. Il paese veniva chiuso e isolato. Non potevi scappare più. Non avete idea di cosa erano i rastrellamenti? Noi eravamo resistenti. C'è una resistenza passiva e una resistenza attiva. Io facevo parte della resistenza passiva. Resistenza passiva significa che non partecipi alle attività degli occupanti, che non collabori, che non vai a lavorare per i tedeschi, e ti devi nascondere. Io e mio padre ci nascondevamo in piccolo risugio dove si stava seduti in due persone, sotto una botola. Mio fratello Pippo invece quando arrivavano i tedeschi fuggiva da una uscita posteriore della nostra casa. Andava a Maiano Monti assieme a un altro amico, di nome Tugnoti, attraverso la campagna, anche con la neve nell'inverno del 1944 che è stato il più duro. Mio fratello era nell'elenco delle persone da fucilare perché fece aspettare un fascista e gli disse che doveva rispettare il suo turno come gli altri per gonfiare le gomme. Mio fratello lavorava da meccanico e gommista presso l'officina Lega di Voltana. "Voi aspettate il vostro turno come tutti gli altri". Lo disse in dialetto al fascista. E così Pippo fu messo dell'elenco delle persone da fucilare".
Voltana non fu buttata giù dai bombardamenti. E questo avvenne perché fu creato un ospedale civile. Gli altri comuni della zona del fronte furono invece colpiti. I tedeschi scoperchiarono la Casa del Popolo per avere la visuale e sparare meglio con l'artiglieria. Nell'occasione fu organizzata una protesta da mio padre Eutimio e da alcune donne, che non ebbe molto successo. C'erano solo nove o dieci donne, c'era molta paura. Le case del popolo erano delle istituzioni molto sentite, quasi religiose da un punto di vista civile. Stessa cosa per gli alberi più alti: furono tagliati alla sommità.
Racconta Luciano: "L'ospedale di Voltana fu creato per l'occasione da me e da altri della Resistenza per disposizione del Comitato di Liberazione Nazionale. L'ospedale di Voltana dipendeva dall'ospedale civile di Lugo. Ma era diretto da un dottore di Voltana, il dottor Rusconi".
In caso di bisogno da Lugo venivano i dottori perché non avevamo le attrezzature adeguate. Veniva il primario dell'ospedale di Lugo, il dottor Rossi.
Mio padre mi racconta il momento preciso di quell'azione che servì a proteggere il suo paese.
"Andammo sul tetto a disegnare la croce rossa sui due palazzi come segnalazione agli aerei, per far capire che quella era una zona ospedaliera, io e Foschini (detto Rampein, il babbo di Edmondo Foschini). Io ero il più giovane e quindi ero più agile, era il 1943 o il 1944, quindi avevo 22-23 anni. Spettava a me arrampicarmi per primo. Poi pitturanno di calce bianca i muri dei questo ospedale improvvisato, la calce bianca era un disinfettante, e lo facemmo fino all'altezza di due metri. Era un periodo molto difficile. L'inquietudine non ti lasciava".
L'ospedale di Voltana ebbe base nella attuale caserma dei carabinieri e in un palazzo dove i partigiani avevano il loro comando. Erano due edifici uno di fronte all'altro al centro di Voltana. I partigiani fucilarono i fascisti lì, la Cremona era la formazione partigiana che vi operava.
"Poiché avevamo disegnato quelle croci sopra fummo risparmiati perché quelle croci rosse disegnate da noi furono visibili durante i bombardamenti degli Alleati", conclude Luciano.
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