Video di Luciano Marescotti
Noi dell'Anpi di Martina Franca vogliamo ricordarlo con questo video ricco di insegnamenti
1 giugno 2017
ANPI Martina Franca
Apprendiamo con immensa tristezza che ieri, 31 maggio 2017,
è venuto a mancare Luciano Marescotti, socio onorario dell'Anpi di Martina Franca, uomo di grande animo, di coraggio e di Resistenza. Il 23 Aprile del 2015 abbiamo avuto l'onore di ospitarlo, insieme a sua moglie Fiorenza Rambelli, donna di Resistenza, nella Sala Consiliare del Comune di Martina Franca.
Noi dell'Anpi di Martina Franca vogliamo ricordarlo con questo video
ricco di insegnamenti, con l'augurio che, soprattutto nei momenti più bui, chiunque di noi possa ricordare la sua frase detta con tanta passione: "Tocca a me costruire il futuro!"
Ciao Partigiano Luciano
Questo video di Luciano Marescotti è stato girato il 23 aprile 2015.
Note: ---
NARRAZIONE, TESTO E COMMENTO DEL VIDEO
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Quel giorno a Martina Franca
Quel giorno accompagnai papà a Martina Franca a parlare della Resistenza di fronte a una vasta platea di studenti attenti. Era il 23 aprile 2015. Era presente l'assessore alla cultura Antonio Scialpi e l'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia (ANPI) di Marina Franca.
Era una bella giornata di sole.
A settanta anni dalla Liberazione papà sembrava non essere segnato dai suoi 94 anni, che portava con eleganza e leggerezza.
Era vestito con giacca e cravatta. Con noi c'era la mamma.
Ci incamminammo verso il Palazzo Ducale. Nell'animo non aveva smarrito lo spirito dei suoi vent'anni. Era come se la vita non lo avesse afflitto o intristito. Quel giorno era come lo avevamo conosciuto fin da bambini: sereno, sorridente, ottimista.
Camminava abbastanza bene, ma temevo per via di un ginocchio non più affidabile e lo osservavo in continuazione. Volle fare da solo le scale del Palazzo Ducale. "Te la senti?" "Sì, Sandro, non ti preoccupare". Salimmo assieme uno ad uno quegli interminabili scalini. Come se stessimo contando gli anni di vita assieme. Sentivo il suo respiro diventare sempre più profondo e affannato. Ce la fece senza fare nessuna sosta.
Era sereno e felice di aver fatto tutte quelle scale. E quando entrò nel salone del Palazzo Ducale iniziò una giornata speciale. Seppe trovare le parole per commuovere gli altri, per attirare l'attenzione dei ragazzi. Seppe farci stare incollati alla sua voce, a volte flebile, a volte forte e indignata, a volte roca e rotta dall'emozione, a volte sicura e pacata cose se stesse leggendo un testo scritto. Ma non si era scritto nulla. Parlò a braccio, senza alcun appunto, e queste furono alcune delle sue parole: "Sarebbe bene che un ragazzo o una ragazza di diciotto anni si rendano conto che dentro di sè c'è la cosa più bella senza la quale i valori non hanno senso: la vita. La vita è il fondamento dei valori. Quando si è giovani uno non dà importanza, ma bisognerebbe fare una forzatura verso se stessi, guardarsi un po' dentro a vent'anni, a diciotto anni... Sono il meglio della vita... Sono la parte più importante... Tocca a me costruire il futuro..."
E cominciò a parlare della guerra, di quegli interminabili anni fra il 1943 e il 1945 in cui lui e la mamma (allora non si conoscevano ancora) vissero nella zona forse più difficile della Romagna, quella dove i tedeschi costruivano la loro linea difensiva per contenere l'avanzata degli Alleati. Una zona caldissima in cui le truppe tedesche dovevano fronteggiare anche i sabotaggi e le azioni dei partigiani oltre all'attacco da sud degli Alleati. Papà raccontò tutto questo ai ragazzi parlando dei due fiumi, il Senio e il Santerno, che attraversano quella zona in cui lui e la mamma vissero in prima persona l'ultima fase della seconda guerra mondiale.
"Noi siamo rimasti al fronte, fra il Senio e il Santerno, sono sette chilometri. I tedeschi bombardavano sul fiume Santerno e sul Senio bombardavano gli Alleati. E noi lì in mezzo. Poco da mangiare, difficoltà di riposare. Curarsi era quasi impossibile. Noi lì fummo costretti a costruire in campagna ospedali improvvisati. Con un solo dottore di campagna che faceva anche il chirurgo. Una situazione che a spiegarla è un po' difficile. Se uno rimaneva ferito e gli doveva essere amputata una gamba, questo dottoretto di campagna doveva fare tutto lui. E' una cosa molto difficile da far capire. Sei lì in mezzo, cadono le bombe, devi inventarti un ospedale, devi inventarti un chirurgo che intervenga. Sono momenti molto difficili che quasi quasi a pensarli non sembrano più veri".
Papà in quei momenti fu stato uno dei più attivi nell'allestire un ospedale improvvisato. E credo che sia stato lui a disegnare nel suo paese di Voltana la grande croce rossa sul tetto dell'ospedale da campo perché venisse risparmiato dai bombardamenti.
Dopo aver parlato dell'ospedale, la voce di papà divenne forte e solenne, a tratti rotta dall'emozione: "La guerra è il peggiore dei valori, il peggiore, il peggiore!" E incominciò ad alzare e scuotere le mani davanti ai ragazzi, in segno d'orrore, e come se non gli bastassero più le parole: "Non è pensabile che un giovane vada... Non è immaginabile! Non è una cosa civile la guerra!" E anche qui alzò la voce: "Non è vero che all'uomo sta la guerra come alla donna sta la maternità! La guerra non sta ai giovani come la maternità sta alle donne! La guerra è il peggiore dei valori, è la peggiore delle situazioni che un uomo possa vivere!"
Era stato Mussolini a coniare quella frase: "La guerra sta all'uomo, come la maternità alla donna".
Papà quella mattina a Palazzo Ducale seppe trasformare la sua voce di anziano in una sofferta testimonianza contro la guerra. E i ragazzi ricambiarono con un silenzio impressionante e infine con uno scrosciante applauso.
A Martina Franca i rappresentanti dell'ANPI consegnarono a papà la tessera di socio onorario e un attestato di riconoscenza. Su quella pergamena c'era scritto: "70° Anniversario della Liberazione d'Italia dal nazifascismo. Attestato di riconoscenza conferito a Luciano Marescotti, nato a Voltana di Lugo di Romagna (RA) il 15 febbraio 1921, per aver favorito con il suo coraggio la lotta partigiana, dalla quale è nata l'Italia libera e democratica".
Alessandro Marescotti
NARRAZIONE, TESTO E COMMENTO DEL VIDEO
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Quel giorno a Martina Franca
Quel giorno accompagnai papà a Martina Franca a parlare della Resistenza di fronte a una vasta platea di studenti attenti. Era il 23 aprile 2015. Era presente l'assessore alla cultura Antonio Scialpi e l'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia (ANPI) di Marina Franca.
Era una bella giornata di sole.
A settanta anni dalla Liberazione papà sembrava non essere segnato dai suoi 94 anni, che portava con eleganza e leggerezza.
Era vestito con giacca e cravatta. Con noi c'era la mamma.
Ci incamminammo verso il Palazzo Ducale. Nell'animo non aveva smarrito lo spirito dei suoi vent'anni. Era come se la vita non lo avesse afflitto o intristito. Quel giorno era come lo avevamo conosciuto fin da bambini: sereno, sorridente, ottimista.
Camminava abbastanza bene, ma temevo per via di un ginocchio non più affidabile e lo osservavo in continuazione. Volle fare da solo le scale del Palazzo Ducale. "Te la senti?" "Sì, Sandro, non ti preoccupare". Salimmo assieme uno ad uno quegli interminabili scalini. Come se stessimo contando gli anni di vita assieme. Sentivo il suo respiro diventare sempre più profondo e affannato. Ce la fece senza fare nessuna sosta.
Era sereno e felice di aver fatto tutte quelle scale. E quando entrò nel salone del Palazzo Ducale iniziò una giornata speciale. Seppe trovare le parole per commuovere gli altri, per attirare l'attenzione dei ragazzi. Seppe farci stare incollati alla sua voce, a volte flebile, a volte forte e indignata, a volte roca e rotta dall'emozione, a volte sicura e pacata cose se stesse leggendo un testo scritto. Ma non si era scritto nulla. Parlò a braccio, senza alcun appunto, e queste furono alcune delle sue parole: "Sarebbe bene che un ragazzo o una ragazza di diciotto anni si rendano conto che dentro di sè c'è la cosa più bella senza la quale i valori non hanno senso: la vita. La vita è il fondamento dei valori. Quando si è giovani uno non dà importanza, ma bisognerebbe fare una forzatura verso se stessi, guardarsi un po' dentro a vent'anni, a diciotto anni... Sono il meglio della vita... Sono la parte più importante... Tocca a me costruire il futuro..."
E cominciò a parlare della guerra, di quegli interminabili anni fra il 1943 e il 1945 in cui lui e la mamma (allora non si conoscevano ancora) vissero nella zona forse più difficile della Romagna, quella dove i tedeschi costruivano la loro linea difensiva per contenere l'avanzata degli Alleati. Una zona caldissima in cui le truppe tedesche dovevano fronteggiare anche i sabotaggi e le azioni dei partigiani oltre all'attacco da sud degli Alleati. Papà raccontò tutto questo ai ragazzi parlando dei due fiumi, il Senio e il Santerno, che attraversano quella zona in cui lui e la mamma vissero in prima persona l'ultima fase della seconda guerra mondiale.
"Noi siamo rimasti al fronte, fra il Senio e il Santerno, sono sette chilometri. I tedeschi bombardavano sul fiume Santerno e sul Senio bombardavano gli Alleati. E noi lì in mezzo. Poco da mangiare, difficoltà di riposare. Curarsi era quasi impossibile. Noi lì fummo costretti a costruire in campagna ospedali improvvisati. Con un solo dottore di campagna che faceva anche il chirurgo. Una situazione che a spiegarla è un po' difficile. Se uno rimaneva ferito e gli doveva essere amputata una gamba, questo dottoretto di campagna doveva fare tutto lui. E' una cosa molto difficile da far capire. Sei lì in mezzo, cadono le bombe, devi inventarti un ospedale, devi inventarti un chirurgo che intervenga. Sono momenti molto difficili che quasi quasi a pensarli non sembrano più veri".
Papà in quei momenti fu stato uno dei più attivi nell'allestire un ospedale improvvisato. E credo che sia stato lui a disegnare nel suo paese di Voltana la grande croce rossa sul tetto dell'ospedale da campo perché venisse risparmiato dai bombardamenti.
Dopo aver parlato dell'ospedale, la voce di papà divenne forte e solenne, a tratti rotta dall'emozione: "La guerra è il peggiore dei valori, il peggiore, il peggiore!" E incominciò ad alzare e scuotere le mani davanti ai ragazzi, in segno d'orrore, e come se non gli bastassero più le parole: "Non è pensabile che un giovane vada... Non è immaginabile! Non è una cosa civile la guerra!" E anche qui alzò la voce: "Non è vero che all'uomo sta la guerra come alla donna sta la maternità! La guerra non sta ai giovani come la maternità sta alle donne! La guerra è il peggiore dei valori, è la peggiore delle situazioni che un uomo possa vivere!"
Era stato Mussolini a coniare quella frase: "La guerra sta all'uomo, come la maternità alla donna".
Papà quella mattina a Palazzo Ducale seppe trasformare la sua voce di anziano in una sofferta testimonianza contro la guerra. E i ragazzi ricambiarono con un silenzio impressionante e infine con uno scrosciante applauso.
A Martina Franca i rappresentanti dell'ANPI consegnarono a papà la tessera di socio onorario e un attestato di riconoscenza. Su quella pergamena c'era scritto: "70° Anniversario della Liberazione d'Italia dal nazifascismo. Attestato di riconoscenza conferito a Luciano Marescotti, nato a Voltana di Lugo di Romagna (RA) il 15 febbraio 1921, per aver favorito con il suo coraggio la lotta partigiana, dalla quale è nata l'Italia libera e democratica".
Alessandro Marescotti
Parole chiave:
luciano marescotti
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