Missione ecologica
Rio de Janeiro, 24 giugno 2012
Rio di notte è splendida. Ce l’ho proprio davanti agli occhi mentre vi scrivo. Ma quando la vedi di giorno noti l’inquinamento, un traffico asfissiante, un’aria che talora puzza di discarica. Per questo trovo strano che sia stata scelta per Rio+20, che doveva dare l’immagine di un mondo pulito e che cerca di riconciliarsi con la natura. Come trovo altrettanto strano che sia stato scelto il Brasile come nazione ospitante di Rio+20, visto che si preoccupa ben poco di rispetare i parametri ambientali.
Dopo la chiusura del fallimentare vertice Onu, noi missionari comboniani (una trentina di persone provenienti dall’Africa, dall’Europa e dall’America Latina) ci siamo ritrovati a riflettere e a programmare come aiutare i popoli che serviamo a prendere coscienza della gravità della questione ambientale.
Abbiamo iniziato questa giornata con una preghiera che trae ispirazione dalla religiosità degli afrobrasiliani, in particolare dal Candomblé. Particolarmente ispirato il canto iniziale: “Fu Olorum che ci manda a celebrare la nostra storia e a festeggiare le vittorie conquistate per coloro che morirono lottando!”. Abbiamo cantato in profonda solidarietà con le sofferenze di questo popolo nero, prima schiavo e ancor oggi emarginato e oggetto di razzismo.
Siamo passati poi a lavorare sulla crisi socio-ambientale che ci riguarda tutti. Ci ha molto rinfrancato il documento del Segretariato di giustizia sociale ed ecologia dei gesuiti, dal titolo “Curare un mondo ferito”, dove affermano: “La questione ecologica è una priorità apostolica”. E aggiungono: “Per noi la missione è il servizio della fede e la promozione della giustizia indissolubilmente uniti”.
Ecco perché anche noi, come missionari comboniani, siamo coinvolti in questo impegno per la pace e per la giustizia ambientale e sociale. Un impegno che è andato crescendo lentamente in questi anni, scontando non poche difficoltà. La prima volta ci siamo trovati, comboniani e comboniane, nel 2007 a Nairobi (Kenya) nel contesto del Forum sociale mondiale (Fsm) e del forum su “teologia e liberazione”. E’ stato quello un momento forte per tutti noi, ci ha aiutato a crescere nella sensibilità verso i temi della pace e della giustizia sociale e ambientale.
Ci siamo ripromessi di ritrovarci a Belem (Brasile), dove si è tenuto nel 2011 il successivo Fsm, e questo è puntualmente avvenuto. E nel 2011 ci siano di nuovo ritrovati al Fsm di Dakar (Senegal), con il proposito di darci un nuovo appuntamento per il vertice Onu Rio+20. E’ un lento cammino il nostro verso un impegno serio per legare l’annuncio del Vangelo con la vita. Perciò siamo partiti proprio da una riflessione biblica e teologica: per poter leggere meglio, da un punto di vista di fede, il sistema entro cui viviamo.
Ci siamo quindi divisi in quattro gruppi di studio: strategia politica e istituzionale della “famiglia comboniana”; conflitti socio-ambientali; stili di vita; miniere e risorse minerarie. Dopo un pomeriggio di riflessione ci siamo ritrovati per condividere. Una sociologa brasiliana, Julianna Malerba, impegnata nei movimenti popolari, ci ha ascoltato e ha poi reagito. Alla domanda, che cosa ti aspetti da noi missionari? ha risposto: “Che siate presenti nei movimenti popolari di resistenza, per dare loro unità e identità. Da voi missionari ci aspettiamo che ci diate spiritualità ed etica”.
Abbiamo chiuso la giornata con una solenne Eucaristia, carica di simboli e di tanto calore umano.
Alex Zanotelli
Allegati
Curar um mundo ferido.pdf
3741 Kb - Formato pdfRelatorio especial sobre ecologia
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