Nel cortile di Francesco
Il “Cortile dei Gentili” (Assisi, 5-6 ottobre) è stato un susseguirsi di incontri, spesso validi e avvincenti, tra credenti e non credenti. Dal santo un insegnamento di radicalità evangelica. Ho avuto la gioia, e la grazia, di essere invitato al “Cortile dei Gentili” – dialogo tra credenti e non credenti – che si è tenuto ad Assisi il 5-6 ottobre. Io sono arrivato ad Assisi il giorno prima, in pellegrinaggio per la festa di san Francesco: ho ritenuto importante ritrovarmi nello spirito di Francesco, perché sono sempre stato affascinato da questo uomo che, oltre essere un santo, è stato un genio. C’è oggi tutta una ricerca, testi ho portato con me ad Assisi, sul Francesco storico. Mi hanno particolarmente affascinato gli studi degli storici Giovanni Miccoli dell’Università di Trieste e soprattutto Chiara Frugoni, che ha di recente pubblicato Storia di Chiara e Francesco (Einaudi). Per me Francesco ha rappresentato, in pieno Medio Evo, il richiamo forte alla Chiesa affinché ritorni al Vangelo sine glossa (la radicalità evangelica). Francesco deve la sua conversione all’incontro con il lebbroso. È il grido dei poveri e degli emarginati, connesso al grido della terra. È con questo spirito e con queste letture che ho pregato sulla tomba di Francesco. Nel pomeriggio ho poi incontrato le figlie di Chiara, le clarisse di Urbino, che mi seguono fin dai tempi di Korogocho, e ho pregato un po’ con loro. Il giorno dopo eccomi al “Cortile dei Gentili”, ribattezzato ad Assisi il “Cortile di Francesco”. Un’idea che parte da Papa Benedetto XVI nel 2009 per favorire il dialogo con coloro che si ritengono estranei alla religione. In Italia ha preso in mano questi incontri il card. Gianfranco Ravasi, che ha aperto il confronto dialogando con il presidente Giorgio Napolitano. Alla sera, nella cattedrale di san Ruffino, c’è stato il dibattito tra Franco Bernabè (presidente di Telecom), Mauro Moretti (amministrare delegato delle Fs) e la segretaria della Cgil Susanna Camusso. Hanno parlato tanto di crescita, ma non hanno avuto un gran impatto. Crescita per chi (?), si sono chiesti molti in platea. Il 6 ottobre ho potuto partecipare a un incontro su contemplazione e meditazione. La figura centrale è stata quella di Enzo Bianchi, priore di Bose, con altre personalità tra cui il filosofo Giulio Giorello. Neanche questo appuntamento mi ha molto convinto. Mi ha invece coinvolto il dibatto su “dialogo interculturale e interreligioso sulla pace”. Guidato dal vaticanista Raffaele Luise, ha visto gli interventi del regista Moni Ovadia, del giurista Gustavo Zagrebelsky, del giornalista Giancarlo Bosetti e dello scrittore Eraldo Affinati. È emerso che si può dialogare tra credenti e non credenti. Ovadia ha affermato che il Concilio Vaticano II è stato un evento straordinario, che ha fatto tornare la Chiesa al messaggio primario del cristianesimo e ha citato la Lettera ai Romani di Paolo, dove si dice che Dio è un Dio che non fa favoritismi. Ovadia ha anche detto che aver paura di confrontarsi con l’altro è rinnegare se stessi. Bosetti, per parte sua, ha spiegato che Assisi è un esercizio molto difficile perché, credenti o non credenti, chi partecipa al dialogo subisce le critiche dell’ambiente da cui proviene. Un magistrato di Palermo, intervenendo dall’assemblea, ha rimarcato che dobbiamo riscoprire il Dio sconosciuto in tutte le religioni. Mi sarei aspettato molta più partecipazione di giovani al dialogo “tra fede e nihilismo”. Purtroppo non ha potuto predendervi parte il teologo don Armando Matteo, e il tutto è stato sostenuto dal filosofo Umberto Galimberti. Nell’incontro che mi ha visto relatore, “il grido dei poveri – crisi economica globale e sviluppo sostenibile” – con la partecipazione dei giornalisti Lucia Annunziata e Federico Rampini, dell’economista di comunione Luigino Bruni e del sociologo Domenico de Masi – si è sviluppato un scambio di idee davvero interessante. Io ho voluto sottolineare con forza l’apporto di Francesco, il suo grande insegnamento. Soprattutto il suo rapporto con il denaro, che aveva proibito ai suoi frati. Francesco aveva capito che entrare dentro quel giro voleva di ridursi a come siamo noi oggi, alla dittatura della finanza. Di qui la capacità di Francesco di coniugare i temi dell’avere con quelli delle armi. Francesco è davvero l’espressione del grido dei poveri, del grido della terra (Il cantico delle creature) ed è stato capace di rilanciare in Occidente la nonviolenza attiva, poi tradotta da Gandhi in azione politica.
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