Facciamo la pace con l’acqua
Lo scorso febbraio sono stato a Bruxelles, sede del parlamento europeo, che io considero un po’ il "cuore della bestia" per ciò che riguarda il problema dell’acqua. I giorni 12 e 13 si è elaborato un "memorandum" per un Protocollo mondiale sull’acqua. Il titolo della conferenza è stato "Fare la pace con l’acqua". Del resto, o facciamo pace con l’acqua o precipiteremo in guerre senza fine.
È stata scelta questa data per consentire al parlamento europeo di preparare un protocollo da inviare a Istanbul (Turchia), dove dal 15 al 22 marzo ci celebrerà il Forum mondiale dell’acqua sotto l’egida delle Nazioni Unite. Purtroppo, chi finanzia e chi sta "girando il mestolo" sono la Banca mondiale e le multinazionali dell’acqua, dalla Nestlé alla Danone. L’obiettivo di "lorsignori" è di convincere tutti che la strada da percorrere è quella della mercificazione dell’acqua.
Si è voluto fare questo protocollo proprio perché le multinazionali dell’acqua sono in buona parte europee e stanno facendo pressione sul parlamento europeo, perché arrivi al più presto a dichiarare l’acqua una merce. Teniamo conto che il parlamento europeo stanzia ogni anno 700 euro per ogni mucca europea, ma non riesce a trovare la disponibilità di 50 euro per persona all’anno per garantire a tutti l’acqua potabile.
Ciò che sopratutto voglio sottolineare dell’incontro di Bruxelles è il clima di amicizia e di stima che lo ha caratterizzato e che ci ha dato forza. Ho incontrato volti noti di tanti amici con i quali stiamo lottando in Italia (cito per tutti Rosario Lembo). Noi italiani abbiamo parecchie ferite da leccarci: la più profonda riguarda la privatizzazione delle reti idriche voluta lo scorso agosto dal governo Berlusconi, tramite la legge 133, che impone ai comuni di cedere ai privati la gestione dell’acqua entro il 2010.
Ho incontrato volti nuovi, come quelli di mons. Luigi Infanti della Mora, vescovo di Aysén, in Patagonia (Cile), e del professor Tony Allan. Quest’ultimo, dopo aver sottolineato che è la mancanza di acqua a causare la povertà e non il contrario, ha posto una domanda: «Abbiamo al mondo acqua sufficiente perché ogni essere umano ne possa disporre dai 30 ai 50 litri ogni giorno? La risposta è sì, purché si cambi il nostro modo di consumare l’acqua. Oggi ne stiamo sprecando troppa». E ha concluso con un motto: «Sufficiente acqua per tutti e per l’ambiente, per sempre».
Ho avuto modo di confrontarmi con mons. Infanti della Mora. Mi ha confidato di non essersi mai preoccupato del problema dell’acqua, finché un giorno, visitando una delle sue comunità, ha notato che un litro di benzina gli era costato 850 pesos, mentre per una bottiglia di acqua minerale ne aveva pagati 900 di pesos! Da quel momento ha cominciato a voler capire perché in Patagonia, dove c’è tanta acqua potabile, l’acqua costa più della benzina. Dopo una lunga inchiesta, ha scritto una lettera pastorale di 80 pagine, dal titolo Dacci oggi la nostra acqua quotidiana. Quando gli ho parlato della legge del nostro governo, mi ha chiesto: «E i vescovi italiani come hanno reagito?». Gli ho risposto: «In nessun modo». È rimasto di sasso.
L’assemblea finale della Conferenza ha ascoltato la relazione di Riccardo Petrella, che è un po’ l’anima di questo movimento sull’acqua e sui beni comuni, e ha votato un documento in cui si afferma con forza che non si può privatizzare la vita. L’appello lanciato da Bruxelles è di trovare nuovi termini legali e giuridici per proclamare tutta l’acqua potabile del mondo, le sorgenti e le fonti idriche, patrimonio dell’umanità. Questa la grande sfida che abbiamo davanti. A Istanbul dovranno tenerne conto.
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