Maghrebini, migranti, braccianti
Nella notte tra l’11 e il 12 di novembre a San Nicola Varco, comune di Eboli, provincia di Salerno, è stata sgomberata una baraccopoli di immigrati provenienti dal Maghreb, cioè dal Nordafrica. Il tutto è avvenuto con un forte dispiegamento di forze dell’ordine (polizia, carabinieri e vigili urbani).
In questa baraccopoli vivevano più di un migliaio di maghrebini: braccianti impiegati nel settore agricolo. Lavoratori che seguono le stagioni agricole e vanno dove c’è richiesta di manodopera. Li si può trovare nel Casertano, ma anche in Calabria (Rosarno), in Sicilia e nel Foggiano.
Quella di San Nicola Varco l’avevo definita “baraccopoli”, perché di questo si trattava. Un luogo terribile dove non c’erano né acqua né servizi igienici. Un luogo, però, che catalizzava affari di tutti i tipi. Ma l’aspetto da tenere in considerazione è che questi migranti erano controllati da un sistema di caporalato: un tipo di organizzazione che sfrutta la manovalanza, per lo più agricola, con metodi illegali e ne trae lauti guadagni.
A un certo punto, la magistratura, il prefetto e il questore di Salerno hanno deciso di sgomberare il campo. Alcuni dei migranti l’avevano saputo prima e avevano fatto in tempo ad allontanarsi. Il grosso, però, è stato buttato fuori e disperso nel territorio.
Mi piace segnalare che c’è stato un sindaco – quello della cittadina di Sicignano – che ne ha accolti alcuni in un edificio pubblico. E ha fatto un comunicato stampa, dicendo che accoglieva regolari e irregolari. Così si è beccato la perquisizione dell’edificio e l’arresto di alcuni irregolari, secondo le norme del “pacchetto sicurezza”.
In ogni caso, molte di queste persone si sono disperse nella Valle del Sele. Ritengo che 300-400 siano ancora in giro. Avendo paura di essere arrestati, dormono spesso all’addiaccio. Noi, come società civile, abbiamo subito reagito allo sgombero forzato. Abbiamo organizzato una grossa manifestazione a Salerno, il 13 novembre, davanti alla Prefettura e siamo stati ricevuti dal questore e dal prefetto.
Inoltre, come istituti missionari, abbiamo preparato una lettera piuttosto dura e l’abbiamo consegnata alle istituzioni in occasione dell’incontro del 13, presenti anche i rappresentanti dei sindacati. Il questore ha reagito in maniera netta, affermando che nella lettera erano contenute offese… Nella lettera avevamo semplicemente messo in discussione l’opportunità e il significato di sbattere fuori oltre 1.000 persone da un posto che era la loro unica casa possibile, senza individuare per loro un luogo alternativo dove potessero andare a vivere. È un comportamento disumano nei confronti di persone che lavorano nelle coltivazioni della Valle del Sele e danno un contributo all’economia dell’area.
Ci hanno risposto che questa è la legge e che lo sgombero era stato disposto dalla magistratura per ragioni igienico-sanitarie. I nostri rilevi non sono stati recepiti. Tuttavia, è stato accettato di creare alcuni tavoli di confronto, tra cui uno con i sindacati e la società civile, per discutere il problema del caporalato.
I braccianti agricoli di San Nicola Varco sono i più poveri tra gli immigrati. Fanno un lavoro che nessun italiano vuol più fare. Lavorano anche 15-16 ore al giorno e per salari da miseria. Sono persone che devono essere rispettate proprio perché sono i più sfruttati e calpestati.
C’è bisogno che qualcuno si schieri dalla loro parte e si prenda cura dei loro problemi.
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