Le rotonde degli schiavi
Giornate importanti quelle dell’8 e del 9 ottobre in Campania. Giornate durante le quali gli immigrati hanno dimostrato una forza e un coraggio che noi italiani ci sogniamo. Il giorno 8 è accaduto qualcosa di veramente nuovo: 1.500 di loro hanno deciso di fare uno sciopero molto originale. Si sono piazzati sulle rotonde stradali dove i caporali selezionano, ogni giorno, i migranti che devono lavorare nei campi o nell’edilizia. E sono rimasti tutto il giorno lì, senza accettare l’ingaggio giornaliero, a meno che – come diceva chiaramente il cartello in italiano, inglese e francese che ognuno di loro portava al collo – il caporale non sborsasse almeno 50 euro.
Si temeva che pochi migranti avrebbero accettato una sfida del genere, vista la loro precaria situazione. Invece, in tanti si sono presentati e hanno animato sedici kalifoo round (kalifoo significa “schiavo a giornata”; il termine è usato in Libia per indicare i migranti), sedici “rotonde degli schiavi”: da Napoli a Caserta, da Casal di Principe a Baia Verde, da Villa Literno a Licola a Castel Volturno, da Afragola a Scampia…
Questo sciopero riuscito consente un cambio di scenario e dà modo ai migranti di fare un salto di qualità. Finora siamo stati noi, associazioni ecclesiali e della società civile, a camminare a fianco dei migranti e a supportare le loro lotte. Ora diventano loro i protagonisti della lotta per la conquista dei diritti.
Certo, lo sciopero ha avuto l’appoggio del Centro sociale di Caserta, del Forum antirazzista, dei missionari comboniani di Castel Volturno e di tutti noi che operiamo nel sociale. Ma sono loro ad aver preso in mano la situazione, organizzando e gestendo il tutto, e talora anche subendo pesanti insulti alle rotonde.
Ritengo questi fatti un esempio straordinario di dignità e di mobilitazione. Un esempio per i tanti napoletani, e italiani, che non hanno il coraggio di fare altrettanto contro il caporale o contro la camorra.
Il 9 ottobre si è deciso, assieme ai migranti, di andare a marciare per i diritti degli immigrati. La marcia si è svolta a Caserta e ho potuto prendervi parte direttamente. Per me è stata una gioia. La marcia doveva tenersi inizialmente a Castel Volturno (città sul litorale domizio, dove vivono 5mila africani e dove c’è una comunità comboniana guidata da padre Antonio Bonato), vista la situazione gravissima che stanno vivendo gli immigrati. Di recente, c’è stato uno scontro con il nuovo sindaco, Nicola Schiavone, che ha attaccato pesantemente migranti, comboniani e associazioni, dichiarandoli responsabili del disastro della cittadina. Naturalmente gli è stato risposto per le rime. A quel punto, Forza Nuova, organizzazione di destra, ha chiesto di poter fare una manifestazione nella cittadina, ma è stata bloccata dalla questura di Caserta. Anche il sindaco, a sua volta, ha chiesto una manifestazione e anche questa non è stata consentita.
Di fronte a questa situazione, le associazioni che avevano già chiesto il permesso di manifestare per rispondere a queste provocazioni, hanno ottenuto di poterlo fare: non a Castel Volturno, ma a Caserta. Abbiamo marciato dalla stazione fino alla prefettura, dove le autorità ci hanno ricevuto. La cosa bella è stata che 3-4mila africani e una buona rappresentanza di italiani hanno marciato insieme con grande fierezza.
Mi sono ritornate alla mente le marce dei neri statunitensi, ai tempi di Martin Luther King, dove si avvertiva quel senso di vitalità e di forza, assieme alla consapevolezza di essere dalla parte giusta. Come missionario, mi sono sentito davvero dalla parte giusta con tanti fratelli e sorelle.
In conclusione, ho l’impressione che in un territorio così difficile come la Campania, e come il Sud d’Italia in generale, gli immigrati ci stiano insegnando a lottare. Penso anche alle reazioni dei migranti di Castel Volturno e di Rosarno dopo che alcuni di loro sono stati uccisi da camorra e ’ndrangheta.
Daniele Comboni diceva che l’Africa avrebbe salvato l’Africa, ma ormai siamo arrivati al punto che sono gli africani a dover salvare gli italiani.
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