Privatizzare il welfare? Follia!
Il 14 dicembre mi sono ritrovato, con oltre 10mila persone, in Piazza Dante a Napoli, per protestare contro i tagli del governo ai servizi sociali nel capoluogo e nell’intera Campania. Un lungo serpentone – composto da anziani, persone tossicodipendenti, disabili, sofferenti psichici, disoccupati e quanti non condividono questa scelta del governo – ha attraversato la città. Una bella manifestazione, che però ha fatto piangere il cuore, perché ha messo in evidenza il disagio forte di questa città e di tutta la regione.
La protesta, in realtà, era cominciata il 9 dicembre, quando 300 operatori avevano occupato il “Leonardo Bianchi”, ex manicomio e oggi sede dell’Asl 1 di Napoli, per far conoscere all’opinione pubblica di essere senza stipendio da 17 mesi. Inoltre, sempre in questo periodo, 800 persone sono state dimesse da 42 servizi sociali, e una cinquantina di servizi hanno chiuso i battenti.
Siamo davanti a qualcosa di tragico. Come missionario, mi è sempre sembrato importante stare dalla parte dei più deboli. Perciò, ho seguito da vicino l’evolversi della situazione. La manifestazione del 14 dicembre, sfociata in Piazza del Plebiscito, è stata il frutto di un serio lavoro di valutazione e di critica. Mentre camminavo con la gente e osservavo tanti volti sofferenti, mi chiedevo come si è potuto arrivare a una tale situazione. Mentre ascoltavo le persone e parlavo con loro, ho toccato con mano le cause profonde del disagio che questa comunità sta attraversando.
Il primo dato di fatto è che il Fondo sociale nazionale è stato tagliato del 76%. A livello di Regione Campania, ciò ha significato un taglio del 50% dei fondi per le politiche sociali. Quest’anno ci saranno solo 43 milioni di euro per 630mila anziani non autosufficienti, 25mila tossicodipendenti, 156mila disabili e 46mila sofferenti psichici. In Campania c’è, poi, il più alto tasso di disoccupazione giovanile dell’intera Europa. Il 28% delle famiglie vive con un reddito sotto la soglia di povertà. Un campano su quattro non riesce a pagare le spese mediche. A Napoli ci sono 1.500 persone senza fissa dimora (quelle accertate). Stiamo parlando, dunque, di un pezzo d’Italia emarginato e disperato, fuori dal raggio d’azione di scelte politiche, che ormai si occupano solo di chi sta bene. E i poveri, anzi gli impoveriti? S’arrangino!
Con questi pensieri e con questa rabbia in corpo, ho camminato e protestato a fianco degli impoveriti. Perché nel nostro paese diventa sempre più chiara una cosa: si va verso la privatizzazione di tutto. Oltre all’acqua, stiamo privatizzando anche il welfare. E, tra poco, sarà il turno delle carceri. Perché anche i carcerati possono produrre profitto.
È una politica folle. Una politica contro cui dobbiamo schierarci e prendere posizione. Una politica che ha conseguenze devastanti. A Napoli il comitato che ha organizzato la manifestazione – nel gruppo c’è anche un prete, don Peppino – si è dato uno slogan efficace – “Il welfare non è un lusso” – e vuol arrivare a uno sciopero della fame, per rimarcare ulteriormente che non se ne può più.
Ma che razza di Natale stiamo celebrando? Che razza di comunità cristiana celebra la nascita di Cristo? Cosa significano tutte le luminarie e le chiese addobbate, quando dobbiamo celebrare Gesù che nasce fuori dalle mura, rifugiato, nullatenente?
Durante il 2011 dobbiamo impegnarci tutti – missionari, forze sociali, realtà parrocchiali – per far sì che a tutti i cittadini sia data la possibilità di sentirsi davvero cittadini e non esclusi. Abbiamo bisogno di una politica radicalmente nuova. Quella attuale è una politica dei ricchi, che serve solo a loro. Come missionario, io la rifiuto.
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