Alex Zanotelli

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Grazie Gino!

30 novembre 2008
Alex Zanotelli

Carissimi,
jambo!

Tempo di Avvento, tempo di attesa! Tempo dei poveri e di chi cammina con loro, aspettando e impegnandosi per un mondo altro. Tempo di testimoni impegnati a fianco dei poveri come Gino Filippini, che ha dedicato tutta la sua vita a Dio e all’Africa: 40 anni sulle polverose strade del continente nero. Fedeltà che ha pagato con la vita.

Gino era rientrato in tutta fretta alla fine di settembre dalla baraccopoli di Korogocho (Nairobi), perché i dottori avevano diagnosticato un tumore pleurico polmonare, il mesotelioma: una malattia professionale che viene dalla polvere mortale dell’amianto. Gino deve essersela beccata proprio nella discarica di Nairobi, situata a fianco di Korogocho. Una malattia, questa, mortale e velocissima. Nel giro di due mesi ha distrutto la forte fibra di Gino. Varie volte sono stato a trovarlo a Brescia. L’ultima volta, il 19 novembre, alla Domus Salutis, quando George Otieno, il responsabile del programma ideato da Gino, Education for life (Educazione per la vita), arrivò da Nairobi per salutarlo. Gino era già distrutto dal male. Con grande sforzo, espresse quello che desiderava di più per quel programma. Lo spingeva una passione per la vita, anche davanti alla sua morte. È stato quello il suo testamento.

Celebrammo poi insieme agli amici intimi e alle sorelle, l’ultima sua Eucaristia. Spezzammo insieme quel Pane che ci aveva dato la forza di camminare sulle strade dei poveri.

Il male lo stroncò il 28 novembre.
Il 30 novembre ritornai a Brescia, a proclamare che la vita vince nonostante tutto!
Con tanti amici abbiamo celebrato l’Eucaristia nella sua chiesa di Rezzato (Brescia). Ho detto a tutti che eravamo lì per celebrare vita! Un uomo che è stato capace, come Gino, di “perdere” la sua vita, di buttarla, come Gesù, non può che essere vivo! Sulla nuda bara, coperta dalla bandiera della Pace, Suor Marta ha deposto un crocifisso deturpato di Korogocho e un amico ha deposto una croce del Ruanda: “Gino, tu hai camminato con i crocifissi della storia…” Sulla bara anche i due libri che amava di più: il Vangelo e i Salmi di Turoldo, ambedue consunti dall’uso.
L’assemblea è esplosa spontaneamente cantando il Gloria come ringraziamento per il dono grande di Gino.

Dopo l’ascolto della Parola, ho cercato di aiutare a “leggere” la vita di Gino come risposta a quel “vegliate” di Gesù. Due foglietti sgualciti, risalenti al periodo vissuto in Ruanda, che mi erano stati consegnati da una sua amica, ci hanno aiutato a capire come Gino abbia seguito le orme di Gesù. La sua è stata una “sequela” di quel povero Gesù di Nazareth, sottolineato anche nella lettera inviata dalla comunità di St. John’s di Korogocho, dove Gino ha speso ben 15 anni della sua vita.
Ho sentito così presente intorno a Gino tutti i poveri di Korogocho.
All’offertorio, gli amici hanno portato all’altare i segni più significativi di Gino: la bandiera della pace  firmata da tutti gli amici nonché le bandiere dei sei paesi africani dove ha lavorato, i sandali, il pane spezzato e la maglietta con il programma dell’Educazione per la vita.
In quel gesto dello “Spezzare il pane” in cui Gesù espresse il dono totale della sua vita, abbiamo compreso come Gino era stato pane per tutti, soprattutto per i più poveri. Lo abbiamo sentito così vivo, così presente in mezzo a noi che non ci restò che cantare insieme: ”L’anima mia magnifica il Signore…” il cantico di quella povera donna di Nazareth, il cantico oggi di Gino.
Penso che Gino sia la figura missionaria laicale maschile più significativa del dopo-guerra in Italia, come lo è al femminile Annalena Tonelli, uccisa nel 2003 in Somalia. ”Vivo a servizio senza un nome - aveva scritto Annalena - senza la sicurezza di un ordine religioso, senza appartenere a nessuna organizzazione, senza uno stipendio, senza un versamento di contributi volontari per quando sarò vecchia. Sono non sposata perché così scelsi nella gioia quando ero giovane. Volevo essere tutta per Dio.” È esattamente ciò che è stato anche Gino. Egli ha dedicato 40 anni di vita missionaria all’Africa, 40 anni per i più poveri.

Ha iniziato a lavorare a Kiremba in Burundi (‘67-‘71). Poi dal ‘73 all’’82 vive un’esperienza di inserimento in un contesto rurale a Nyabimata (Ruanda). Un’esperienza molto bella.
Dal ‘83 al ‘92 segue vari progetti rurali in Congo, Ruanda, Uganda, Tanzania. Nel ‘92 rientra in Italia per assistere il papà ammalato di cancro. Padre Gianni Nobili, che lo aveva conosciuto in Congo, lo invita a passare qualche giorno nella baraccopoli di Korogocho (Nairobi). Lasciando Korogocho, Gino mi dice: “Io a Korogocho non ci verrò mai!”. Dopo la morte del papà e una seria riflessione e preghiere, Gino decide di venire a Korogocho. Visse con noi in baracca una bella esperienza di comunità e di preghiera nel cuore di quella spaventosa baraccopoli. La sua fu una mano provvidenziale per le cooperative che stavano iniziando e per la gente della discarica (Mukuru).
Per lui fu durissimo il passaggio dalle zone rurali dell’Africa al caos di una baraccopoli come Korogocho. Sorretto da una fede rocciosa, nutrita dal Vangelo e dal libro dei Salmi di Turoldo! Non mancava mai alla giornata di preghiera settimanale a Mji wa Furaha. Amava il Vangelo sine glossa! La sua vita era un Vangelo vivente, pane spezzato e mangiato dai poveri.
Devo confessare che senza di lui, saremo riusciti a combinare ben poco a Korogocho: le cooperative Bega Kwa Bega e il Mukuru Recycling Center devono molto a lui. È stato lui a guidare i laici che ci hanno dato una grande mano a Korogocho, da Micaela a Monica e Claudina.
Gino è stato per me un grande compagno di viaggio, un grande compagno dei poveri. Ha dato loro dignità, credeva che potevano risollevarsi, ma con le proprie gambe. Non credeva né negli aiuti, né nella carità!

Lo colpiva in particolare l’epidemia dell’Aids a Korogocho. E decise di impegnarsi ad aiutare i giovani a capire il pericolo Aids. E capì che bisognava lavorare sulla prevenzione.
Aveva visto a questo riguardo, un’esperienza presso il Mulago Hospital di Kampala (Uganda) che l’aveva molto colpito. Il programma si chiamava Education for life (Educazione per la vita).
Gino preparò un gruppo di africani, guidati da George Otieno, per sensibilizzare sia gli studenti che i professori al problema Aids. Di fatto, questo programma Education for life è un metodo per coscientizzare, dinamizzare i giovani perché scelgano la vita.

Gino, infatti aveva capito che l’epidemia Aids era il risultato della negazione dei valori vitali tradizionali e di un vuoto culturale. Il suo programma mira infatti al recupero dei valori vitali nei giovani.
Gino, aiutato dal dott. Gianfranco Morino, un chirurgo che lavora da 20 anni a Nairobi, ha portato avanti questo suo lavoro  tra mille difficoltà. Gli ultimi anni a Korogocho sono stati molto duri e difficili per Gino. Ma lui credeva in questo progetto! E sul letto di morte diede le ultime consegne a George in mia presenza perché questo programma di vita possa continuare!
È questa ricerca continua di nuove strade che ha fatto di lui un grande missionario con una passione per l’Africa, con una passione per l’uomo, soprattutto per l’uomo calpestato ed oppresso.

Grazie, Gino, per questo tratto di cammino che abbiamo compiuto insieme! Grazie per la tua amicizia, per il tuo valore, per la tua lucidità! Grazie per la tua umiltà, per il tuo non protagonismo! Grazie per la serenità e il totale abbandono a Lui negli ultimi giorni. Grazie perché tu hai vegliato e ci hai tenuti svegli!
È stato bello averti potuto salutare con tanti compagni di viaggio, proprio nella prima domenica di Avvento quando Gesù ci ammonisce: ”Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!”

Grazie Gino e arrivederci sulle strade della Vita!

Alex

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