Alex Zanotelli

Lista La nonviolenza è in cammino

Archivio pubblico

dal ciclo I VOLTI NASCOSTI DELLA GLOBALIZZAZIONE

Globalizzazione: quale Liberazione?

Una lettura biblica a partire dai poveri
incontro con P. Alex Zanotelli, THIENE - 20 ottobre 1997.
20 ottobre 1997
Alex Zanotelli

Penso che possiamo cominciare questo nostro incontro proprio sulla dinamica biblica, del sogno di Dio che è l'opposto, sotto certi aspetti, della globalizzazione che Dio sogna, ma non nella maniera in cui sta avvenendo. Permettetemi proprio di partire in chiave biblica.

Parto così molto semplicemente, non parto da Korogocho, lasciatemi partire da quello che noi chiamiamo il sogno di Dio. E' importante pensare che Dio sogna, voi pensate di sognare da soli ma anche Dio sogna, lasciatelo sognare. Uso la parola di Dio con molta cautela perchè non so più chi sia Dio: più vivo a Korogocho meno ci capisco. Sono arrivato lentamente a capire una cosa almeno, Ratzinger spero che non mi bruci al rogo, ma... io non riesco più a concepire Dio come onnipotente... Quando vivete a Korogocho tutto quello che noi riteniamo come onnipotenza viene tutto cancellato e quando davanti alla sofferenza umana vi trovate talmente impotenti, capite quella croce e capite che su quella croce Dio si è rivelato, e si è rivelato come l'impotente. Dio non è "potente": forse sempre di più l'immagine che ho di Dio, ecco il sogno, è di donna. Essenzialmente, io non riesco a percepirlo altro che donna: una donna che genera, in fondo, dei figli, noi siamo i suoi figli, ma che soffre enormemente perchè vede che questo sogno non sboccia, perchè i suoi figli vanno per la loro strada. Non vanno sulla strada che Lui sogna ed ecco la Sua sofferenza: se c'è una cosa che sento molto a Korogocho è la sofferenza di Dio! Penso che davvero Dio deve soffrire: se una donna soffre dopo avere generato, quando vede quel figlio che se ne va, penso che la sofferenza deve essere nel cuore di Dio. E' l'unica maniera in cui riesco a parlare di Dio.

Ecco perchè mi sembra importante questo sogno di Dio, che è contenuto essenzialmente nel sogno di Mosè. Brugman in un suo libro usa questo linguaggio: Dio in Mosè ha espresso un sogno e questo sogno può essere tradotto in tre parole fondamentali. Dio sogna, per il Suo popolo, per la Sua comunità, una economia, e mette l'economia al primo posto, una economia di uguaglianza; però i beni di questo mondo sono a disposizione di tutti e non di pochi. Per questo avete bisogno di una politica, ed è al secondo posto la politica, questo lo capite già dall'importanza odierna dell'economia: secondo, quindi, se volete avere una economia di uguaglianza avete bisogno di una volontà politica, di una politica di giustizia. Ma per avere un'economia di uguaglianza, per avere una politica di giustizia, avete bisogno essenzialmente di una religione, ogni uomo è religioso: quindi avete bisogno, terza componente, di un'esperienza religiosa.

Ed ecco il sogno di Mosè, in cui Dio non è il Dio del sistema, è il Dio delle vittime del sistema, è il Dio libero. Ecco il sogno, è affidato ad un uomo: Mosè. Voi sapete che il nome Mosè è un nome egiziano, Mosè non è un nome ebraico... e Mosè è stato talmente venduto al sistema ed al palazzo che ha perfino assunto un nome che non è ebreo. E' uno dei pochi nomi della Bibbia che proprio non è ebraico: molto facilmente viene dal nome Tutmosis, proprio tipico egiziano, che vuol dire che lui è cresciuto in un ambiente egiziano.  La Bibbia ce lo rivela, ci dice che è vissuto per quarant'anni nel palazzo. Era un venduto al sistema, Mosè. Completamente. Un giorno ha visto, ha capito, ha cominciato a capire che i suoi fratelli non erano gli egiziani, che il sangue che scorreva nelle sue vene era degli oppressi, degli ebrei, e deve essere scattato qualcosa: ne difende uno di loro e capisce che è nei pasticci con la polizia del Faraone e scappa nel deserto.

Mosè fugge nel deserto e si trova una bellissima ragazzina, fa tre figli ed è a posto. E' finito il sogno, non ci sono sogni, la realtà è quella: un po' di cammelli un po' di pecore, ma non Jahvè. C'è sofferenza nel cuore di Dio, Jahvè ascolta il grido del suo popolo e, un giorno, Dio deve essere entrato nel cuore di quest'uomo. Mosè non aveva un cravattino, se lo avesse avuto lo avrebbe preso per il cravattino e avrebbe detto: "ma Mosè, che cosa stai a fare qua dentro, ritorna, ritorna in Egitto! Io ho udito il grido del mio popolo".

Allora Jahvè non è il Dio che benedice il sistema dei Faraoni, è qualcosa d'altro... e Mosè ritorna in Egitto, con questo sogno: un'economia di uguaglianza, che domanda una politica di giustizia, che domanda una religione dove Dio è libero, perchè e' il Dio delle vittime e non il Dio dei Faraoni, e arriva in Egitto. "Chi sono io?" aveva detto a Jahvè, Mosè. Cosa faccio io, cosa vuoi che vada dire al Faraone, io sono nulla. "Va': Io sono con te". E quello che abbiamo nell'Esodo, in maniera molto poetica, epica, le cosiddette piaghe d'Egitto, è lo scontro fra il sogno di Dio e la realtà politica faraonica, l'impero, che è all'opposto del sogno di Dio: questo è importante capirlo.

Osservate bene che poi ogni impero è lo stesso, è la stessa cosa. L'Egitto è una piramide (mica per caso gli egiziani hanno costruito le piramidi) perchè è un sistema piramidale: in cima avete il Faraone, la corte, i prìncipi, i preti. Un 10% della popolazione dalla pancia piena ed l'altro 90% in funzione di chi mangia e che fa la fame. Guardate che le piramidi sono state costruite da schiavi! Con una sofferenza immane! L'impero è così! E ogni impero è così: non ci sarebbe impero, non ci sarebbero queste robe così mastodontiche se non ci fosse stato chi ha pagato in costi umani incredibili! Il 10%, e il resto: è una economia di opulenza! Ecco l'impero, e Roma non è differente: gli studi recenti danno la Roma imperiale con 1 milione di abitanti ed il 90% di Roma erano schiavi: ma è chiaro che gli  imperi sono così. C'e' quindi una economia di opulenza con il Faraone, che domanda una politica di oppressione: necessariamente si deve avere una volontà politica di schiacciare la gente, è necessaria, è parte integrante dell'impero.

Terzo c'e' una religione, perchè ogni impero ha la sua religione, non ci si scappa: l'impero faraonico aveva la religione del Dio dei Faraoni, il Dio che benediceva il sistema. Dio dice al suo popolo: ma l'avete mai avuto così? siete mai stati così bene in vita vostra? ma che cosa cercate! ma state tranquilli! ma lodate il Signore del Faraone! ma che cosa volete! quello è la religione, è la religione dell'impero, vale per i Faraoni, vale per i Cesari, vale per oggi. I romani in questo erano particolarmente brillanti, sapevano usare tutte le religioni e tutti gli dei... purchè l'impero fosse saldo, perchè quello era l'importante.

Ecco la realtà, oggi la chiamereste real-politik. E il sogno di Dio si scontra con la realtà faraonica, imperiale. Ma Dio non accetta la realtà imperiale: Dio sogna, e Dio soffre per la sua gente, per il suo popolo. E' il Dio di ogni popolo, Dio. Quindi questa storia biblica è una storia, quasi un paradigma, per leggere le nostre storie: ed ecco lo scontro, ecco le piaghe, le cosiddette piaghe d'Egitto, che poi erano dei fenomeni. Mosè diceva al Faraone: guarda, guarda, ragioniamoci su, è un segno... quelle son le piaghe d'Egitto, non altro. Alla fine lo scontro, in chiave epica, che c'e' nell'Esodo, fra il Faraone e Jahvè rappresentato da Mosè: la lotta e la vittoria, la vittoria espressa in termini epici, quando gli ebrei scappano. Nell'Esodo Jahvè ha vinto l'impero! Jahvè ha vinto il Faraone! Ha vinto l'esercito! Ha vinto il male! Ha vinto il caos! E' il sogno di Dio che irrompe, che passa attraverso quelle acque e che questo Mosè, con questo suo popolo, porta avanti.

Ecco il cuore dell'esperienza biblica e cosa porta Mosè: questo sogno fondamentale di una economia di giustizia, espressa nell'Esodo attraverso la manna. E così gli ebrei hanno capito che si può sopravvivere anche nel deserto, che un popolo anche se non ha più le cipolle d'Egitto, la carne, la pentola, può sopravvivere lo stesso. La lezione grande della manna era che tu non la puoi capitalizzare; se ne raccogli di più marcisce. Ed è espresso così il sogno di Mosè: ecco l'economia di uguaglianza, che vi domanda una politica di giustizia. Se voi non avete una volontà politica, questo non può avvenire, perchè si tratta davvero di una volontà politica, di una politica di giustizia, che persegue la giustizia per chi soffre. Terzo, vi domanda questo Dio libero, ma radicalmente libero, e proprio perché  libero, non è il Dio del sistema: è il Dio nomade, che vive in una tenda. Ecco il cuore.

Nel deserto questa unica tribù deve aver fatto una esperienza molto forte, deve aver purificato il suo concetto di Dio, questa profonda alleanza... una esperienza, mistica. Noi non sappiamo come sia avvenuto, attraverso mille maniere, e questa tribù porta questo sogno ed entra in Canaa; è quasi certo, ormai quasi tutti gli esperti lo dicono, che la conquista non è avvenuta come ci dice il libro di Giosuè, con la spada in mano, o con massacri da tutte le parti. Sono entrati, questo in chiave archeologica è chiarissimo oggi, tra il 1300 ed il 1200, e nel momento in cui questo popolo, questa tribù arriva, non c'è nessun segno di distruzione in nessuna città; per cui tutto il racconto che avete in Giosuè, è epica. Questa popolazione deve essere entrata e ha trovato una cosa altrettanto interessante, che facilmente avveniva. Quello che è avvenuto in Egitto forse è avvenuto anche in Canaa, questo non è sicuro al cento per cento, ma è molto facile: in Canaa c'erano delle città-stato, non c'era l'impero, ma le città-stato avevano dei re e i re erano sotto il Faraone, con la stessa logica di oppressione. Molto facilmente in questo periodo devono esserci state delle grosse iniziative di resistenza, perchè la campagna, soprattutto chi lavorava in campagna, si sentiva sfruttato dalla città, e sono nati i cosiddetti 'hapiru' da dove facilmente deriva la parola ebrei. Hapiru vuol dire specie di ribelli, fuori nelle campagne, che hanno cominciato una resistenza ed hanno cominciato a ritribalizzarsi. Da qui sono nate queste differenti, chiamiamole tribù; sulle colline, perchè mentre le città stato erano sulla costa della Palestina, i ribelli sono andati sulle colline. I gruppi di popoli, di tribù che avevano fatto resistenza, che erano insorti, incontrano questa tribù proveniente dall'Egitto con questa fede immensa in questo Jahvè che non ha nome, si rifiuta il nome, non ha immagine. Jahvè, che è il Dio dei poveri, dei diseredati, degli schiavi, delle vittime e che dà a loro una forza rivoluzionaria. Formano quella che è chiamata la confederazione delle dodici, è un dato classico; non sappiano quante fossero all'inizio. Galvanizzandosi su questa fede fortissima in Jahvè, non il Dio del sistema ma il Dio delle vittime (son tutte vittime queste tribù), si riscattano e scoprono la loro libertà e la gioia del vivere e tentano in Palestina, su questa zona montagnosa, di ritradurre questa economia di giustizia.

Il libro di Giosuè ci racconta che dopo la conquista la terra è stata divisa equamente fra le famiglie; ad ogni famiglia è andato il suo pezzettino di terra, perchè la terra serve per vivere. Ecco l'economia di giustizia, non c'è capitalizzazione, c'è condivisione: la stessa dinamica che si trova nell'Esodo con il pane, con la manna, l'abbiamo qui in termini di terra. Secondo, una economia di uguaglianza che vi domanda una politica di giustizia: è interessante che le popolazioni, queste tribù, non avevano un governo centrale; esisteva una forma di governo politico, più che nelle varie tribù, nei vari clan, nel consiglio degli anziani, quindi il potere era gestito. Dentro queste tribù che si erano riaggregate, quindi, non c'è nessun potere centrale, non c'è nessun re, non c'è nessun capo; il potere è un potere che nasce dal basso ed è rappresentato essenzialmente in questi consigli di anziani. Terzo, una volta all'anno le tribù si ritrovavano, molto facilmente a Sichem, per proclamare la loro fede in Jahvè, il garante dell'alleanza; colui che garantisce non i capi, che non esistono in fondo, ma che garantisce i poveri, i piccoli, gli esclusi: e qui nasce il concetto della legge, che è unico in Israele.

In Israele la legge è nata per la difesa dei poveri, la legge è uno strumento per la difesa di chi non ha diritti, di chi è schiacciato, di chi è perdente, perchè questo è Dio.

Sono andati avanti per 200 anni, fino a quando, non ne sappiamo le ragioni (facilmente l'oppressioni dei filistei), sorge in loro il desiderio enorme di avere un re. E' la grande domanda a Samuele: dacci un re! E Samuele dice: no, avete un re, è Dio, è l'unico. Vogliamo un re come le altre nazioni; ma Samuele dice ma sapete che cosa volete? Ma sapete che cosa vi farà il re? Il re, quando sarà re, prenderà le vostre figliolette e le metterà nel suo harem perchè il re non può accontentarsi di una donna, ne ha bisogno almeno di migliaia; prenderà i vostri giovani, li metterà nell'esercito, perchè è chiaro che avete bisogno di un esercito per difendere gli interessi e le ricchezze... Questa è l'analisi che fa Samuele. Però nasce il re, nasce la monarchia verso l'anno mille. Saul è il primo, ma non è un re: è una specie di "Chieftain", una specie di gran capo, non è ancora una monarchia. Davide in questo è lo spartiacque, ma è una via di mezzo anche lui: anche se è lui che concentra il potere a Gerusalemme e a Gerusalemme, che è una città pagana, costruisce, è il primo a costruire...il Palazzo!

E ci siamo. Sarà Salomone che compirà l'opera e davanti al palazzo costruirà il Tempio: così il re può uscire da palazzo ed entrare... da Dio e dire: Jahvè eccomi! Ma non c'è già più Jahvè; è già sparito da quel tempio. Ecco il tradimento! E nel frattempo, è avvenuto il ritorno in Egitto: con Salomone si ha tutta l'esperienza della monarchia, si ritorna ad una economia di opulenza, dove pochi in Gerusalemme e nelle grandi città, i re, i principi, i sacerdoti nel tempio, nei templi, hanno la pancia piena a spese di molti morti di fame. Questo domanda una politica di oppressione, ed ecco allora la corvè: Salomone deve fare una corvè per prendere la gente, per costruire i palazzi a Gerusalemme. I palazzi sono costruiti per Roma, per tutte le Rome, per tutte le capitali di questo mondo: c'è una politica di oppressione, evidentissima in Salomone... e più si va avanti,  sempre più diventa evidente, una oppressione incredibile. Terzo, avete una religione del Dio che è prigioniero del sistema: Dio è nel tempio e il re ci ha messo su le mani e Jahvè benedice il sistema. Ma Jahvè non c'è già più...

Ecco i profeti: i profeti non sono altro che il richiamo al grande sogno... abbiamo tradito! Ecco la rabbia dei profeti, perchè parlano a nome delle vittime, a nome di Jahvè, che non sta nel tempio, sta in tutte le vittime. E' rabbia perchè un sogno è stato radicalmente tradito: ecco il problema, ed ecco i Profeti! E il giudizio è perentorio: è finita per Israele. La caduta di Samaria, poi la caduta di Gerusalemme rappresentano per i profeti il giudizio del tradimento, perchè il popolo ha dimenticato il sogno di Dio. Una economia di uguaglianza, che vi domanda una politica di giustizia, che vi domanda una religione del Dio libero, e per questo diventa il Dio degli oppressi. Ecco il cuore. Con la distruzione di Gerusalemme parte tutto, parte il tempio, partono i sacrifici, parte il sacerdozio, la gente ritorna, ma ritorna nuova! La profezia sparisce, quasi subito, perchè i Profeti avevano bisogno di re davanti, di istituzioni: con il dopo esilio la profezia lentamente scompare. Difatti Giovanni Battista e Gesù sono dei nuovi profeti, ma erano almeno 300 anni che non c'erano voci in Israele. Nasce un nuovo fenomeno di resistenza: l'apocalittica. E' molto importante questo. Israele vive all'ombra dei grandi imperi: Babilonia che distrugge Gerusalemme, poi arriva la Persia, arriva la Grecia, poi arriverà Roma; sono i grandi imperi. E Israele si sente quasi impotente. Si ritorna alla comunità e nasce un movimento di resistenza, il cosiddetto movimento apocalittico, che ritroviamo in un sacco di libri del vecchio testamento: il più emblematico è il libro di Daniele, scritto nel 165, come resistenza ad Antioco IV, che tentava di imporre la cultura greca sul popolo ebraico. Ma molti libri (Giuditta, Ester) sono essenzialmente libri apocalittici: Giuditta, per esempio dove l'impero e' rappresentato da Oloferne; in Ester,  da Assuero. Sono immagini per indicare le grandi potenze e alla base vi sono queste piccole comunità di resistenza, che sono richiamate ad avere speranza, nonostante quello che vedono: il trionfo, non di Jahvè, ma il trionfo degli dei pagani, degli imperi... è Dio che controlla la storia, e il movimento apocalittico è un movimento per dare speranza dentro questi gravissimi condizionamenti (chiamiamoli imperiali), per dare alle comunità forza di fede, di resistenza. L'emblema di questo diventa "Daniele". L'apocalittica usa simboli, usa codici essenzialmente per non lasciarsi scoprire, non scoprire le proprie carte: Daniele, l'Apocalisse di Giovanni, sono scritti così per la semplice ragione che avevano paura che se la polizia segreta, o quant'altro dell'impero, avesse conosciuto quello che la comunità pensava, non sarebbe resistito nessuno. Ecco l'apocalittica, quindi il codice, i simboli: in questo Daniele, Cap.VII, è stupendo e nasce un nuovo simbolo, che Gesù riprenderà come suo.

Ed ecco l'apocalittica del vedere: "vidi, vidi" nell'Apocalisse di Giovanni; anche nel Cap. VII: vidi nella notte il mare,  per la Bibbia il mare è il caos. E da questo mare in tempesta quattro enormi bestie che escono: sono i quattro imperi; un leone, uno simile ad una pantera, l'altro un orso e la quarta una bestia talmente brutta che è innominabile. Sono i quattro imperi: Babilonia, la Media (che non è mai esistita come impero, esiste solo nella mente dell'autore Daniele), l'impero persiano e l'impero greco. Sono le bestie: gli imperi come bestie. E davvero queste comunità ne sentivano tutta la repressione e la bestialità. Ma Dio c'è, ecco il Cap. VII, e queste bestie son portate davanti a Dio e son giudicate. Ed ecco la novità in Daniele: arriva, sulle nubi (che vuole dire che davvero è nelle mani di Dio) un Figlio d'uomo. Il sogno è tutto qui in Daniele: che finalmente emerga dalla storia umana un volto d'uomo a governarci, non bestie, bestie, bestie, siamo stufi di bestie; il sogno è il volto di un uomo, che è una comunità. E' chiaro in Daniele VII che non è una 'persona', è una comunità, è la comunità di resistenza, che sogna qualcosa di alternativo agli imperi che schiacciano.

Questo è il sogno apocalittico: Gesù riprenderà questo sogno e lo rilancerà nella Galilea. Gesù ha scelto la Galilea, e la Galilea (oggi lo sappiamo avendo degli studi seri, in chiave di Nuovo Testamento, in chiave economica, in chiave sociale) era nel contesto romano la zona più repressa della Palestina, con un impoverimento che era pauroso. Nel momento in cui Gesù ha vissuto ed ha lavorato, tra il 30 e il 40, non sappiamo esattamente quali le date, è stato un periodo bestiale per i poveri della Galilea. L'impero opprimeva con la tassazione; se l'impero poi collaborava con il Tempio... i preti, i sommi sacerdoti, comperavano il sommo sacerdozio dai romani. Era una corruzione totale e Roma usava il tempio per l'oppressione dei poveri. E' in questo contesto che Gesù entra in Galilea, viene da Battista ed è battezzato. E' uno scandalo che Gesù sia battezzato da Giovanni: Giovanni era per la prima volta una grossa provocazione profetica, uno scossone, e deve aver colto qualcosa di grave che stava avvenendo. Gesù si inserisce nel movimento giovanneo, ma poi deve avere immediatamente radicalizzato quello che stava avvenendo e deve avere capito la gravità della sofferenza della sua gente. Ma Gesù ha compreso una seconda cosa: Gesù deve avere fatto una esperienza, non sappiamo quando l'abbia fatta, ma una esperienza religiosa fortissima. Gesù non sempre è stato un mistico, non ci sono visioni, non c'è nulla nei Vangeli: ma sembra abbia fatto una esperienza radicale che gli ha fatto vedere quello che non andava nell'esperienza religiosa ebraica. Un'esperienza di quello che Lui chiamava Habbà, Ima, Papi, Mam, cioè un profondo senso di sentirsi figlio di un Papi, che gli voleva un bene immenso e che quindi voleva un bene immenso ad ogni uomo. Questa è la grossa intuizione che i Vangeli mettono a battesimo. Questo, lentamente, deve averlo portato una grande intuizione, che è il problema della violenza. Gesù deve aver visto la violenza romana, che era di una brutalità incredibile; Gesù deve aver visto lo strapotere romano e come Roma reagiva, con una repressione di una brutalità incredibile. E Gesù aveva cominciato a notare che il suo popolo reagiva alla crisi romana, alla violenza romana, con una controviolenza. Gesù capisce che alla violenza romana si innesca adesso la violenza del suo popolo, che è giustificata, è giusta. E Gesù capisce che su questa strada c'è solo la morte; ha visto in faccia la morte di Roma, sapeva come Roma reagiva: ed ecco il problema! Lui intuisce che con la logica della violenza contro violenza, c'è solo morte.

C'è un'unica maniera per uscire da questa logica: è rinunciare radicalmente alla violenza. Per me il concetto di nonviolenza è il cuore del Vangelo. Ecco la logica dell'amore! Ed ecco quello che Gesù porta in Galilea! Ritorna in Galilea, e lancia il grande sogno di Dio: un movimento nuovo, di chi? del Figlio dell'Uomo! Già quello era un attacco all'impero! Noi vediamo il Figlio dell'Uomo come un titolo di Gesù che è definito il Figlio di Dio, ma il Figlio dell'Uomo è il sogno apocalittico! Di Daniele, di Gesù. E questo va in questa Galilea e annuncia ai poveri la lieta notizia: che Dio non vuole un mondo come quello che abbiamo fra le mani, vuole qualcosa d'altro. Nascono lentamente delle piccole comunità e le piccole comunità, spezzano tutto! Ecco la novità; vi trovate delle prostitute, dei poveri, dei lebbrosi, qualche samaritano. Il cuore di tutto è lo spezzare il pane! Ecco l'economia di uguaglianza. Queste piccole comunità si riconoscevano in questo spezzare il pane; la Messa è stata sempre chiamata lo spezzare il pane, per secoli, sono andati avanti, i preti, i vescovi, in quel simbolo spendevano anche un quarto d'ora a spezzettarlo, perchè il significato era che, se tu eri cristiano, se eri seguace di quel Cristo, la tua vita significava spezzare quel pane! Ecco il cuore del Vangelo, ecco le comunità, ecco il movimento del Figlio dell'Uomo, ecco le comunità nuove, ecco nascere dal basso la speranza! Ecco il sogno di Dio, che rinasce con Gesù. E' chiaro che l'impero e Gerusalemme reagiscono, e Gesù alla fine capisce che il cuore del problema è Gerusalemme, e decide quel grande viaggio a Gerusalemme. Facilmente Gesù a Gerusalemme c'è stato solo quella volta, per quel grande viaggio finale, in cui decide di portare le istanze, per prima cosa dei poveri della Galilea, e capisce che il cuore del problema è il tempio, in collegamento con Roma, che schiaccia: è un appello al cuore delle autorità di Gerusalemme. Secondo, vede che la violenza sta crescendo, e vede che il popolo sta andando dritto alla morte, perchè ormai sta nascendo la contro violenza ebraica, che lo porterà direttamente alla grande guerra. Gesù non a caso è crocefisso con due... non due ladroni: erano due persone che lottavano contro Roma con le armi, avevano scelto la violenza e Gesù l'ha rifiutata, ma muore con altri due che lottavano contro Roma. Così Gesù decide di fare questo viaggio: parte, molto facilmente con questo pellegrinaggio di poveri, con i discepoli e vanno a Gerusalemme. Entrano e si parla di questo profeta... la grande entrata: forse Gesù è stato tentatissimo di fare anche Lui il leader, ma aveva rifiutato di avere il potere. Non era l'Habbà, sentiva che lo chiamavano, ma aveva in mente il sogno del Figlio dell'Uomo. Basta con gli imperi! Basta con i re! C'è bisogno che nasca un uomo nuovo! E può nascere solo dal basso. Entra in Gerusalemme su un asino... più cretino di così non può essere! Difatti molti dei tradimenti di Pietro, di Giuda, si spiegano con questo: il Maestro non ha intelligenza, non ha il sentore della politica, non capisce nulla! E Gesù entra! E' il tentativo suo finale, di lancio, ma vince di nuovo il principio del capro espiatorio. Caifa: è meglio che muoia un uomo, piuttosto che tutta la nazione. Renè Girard dice che ogni civiltà, ogni impero è costruito sulla violenza, sull'omicidio e alla fine la nostra pace sociale è costruita sulle vittime. Può essere una strega, può essere un profeta, quando ce ne disfiamo pensiamo: "adesso siamo a posto"; è la logica, e difatti Gesù è fatto fuori. Ecco la vittima. Ecco il capro espiatorio. Ed ecco la croce. Per Roma solo gli schiavi venivano crocifissi; nessun cittadino romano è mai stato crocefisso. E' uno schiavo, quindi non un cittadino, che veniva visto come minaccia alla sicurezza dell'impero. E' una morte politica! Lui che si era identificato con i poveri della Galilea, finisce come un criminale fuori dalle mura, ma ecco la proclamazione della buona novella. Jahvè, che con Gesù diventa il Papi, è fedele a questo impiccato, a questo crocefisso fuori le mura! E' vivo! E' tutta qui la resurrezione: è la proclamazione che nonostante Roma, Dio vince! Vince in questa capacità, di quest'uomo, di tentare questo suo sogno, il sogno di Dio. L'Apocalisse dirà dopo: è già sconfitta Roma, è già caduta Babilonia, è caduta! Ecco la resistenza, ed ecco il sogno rilanciato dentro il contesto della Palestina di quel tempo, ed ecco il sogno, il sogno di Gesù.

Questa è Parola! Non e' teologia della liberazione. Quello che è fondamentale è che la parola, non è una parola mistica, è una parola vera, dentro la storia, è un Dio che è appassionato di quest'uomo! Che vuole un mondo altro di quello che abbiamo fra le mani! Quindi noi siamo invitati a tradurre questo sogno di Dio, oggi! Molto della nostra esperienza religiosa, non è esperienza religiosa, è schizofrenia religiosa. Nelle chiese facciamo i nostri bei riti, facciamo anche le nostre belle comunioni: ma non ha nessun significato, perchè non è un qualche cosa che entra nella vita, che ti cambia, che cambia la storia. Perchè Dio ha un sogno, e siamo tutti responsabili di realizzarlo. Non pensate a un Dio potente! Per me davvero è donna! Che genera e che soffre con noi, e che spinge perchè questo parta, che nasca un Figlio d'Uomo finalmente! Che nasca un mondo altro di quello che abbiamo fra le mani! Ecco il sogno. Ed ecco il sogno che noi siamo chiamati a realizzare: qui capite davvero la profonda libertà! Come Dio è libero! E come Dio agisce in tutti!  Dio va ben al di là, perchè Dio è Dio! E non lo mettete in nessun buco, non lo mettete in nessuna tasca, non lo imbibbiate da nessuna parte, perchè va ben al di là di tutto! E di tutti noi! Ecco questa profonda libertà e capacità di sentire che Dio è al lavoro: ma è un lavoro dentro tutti noi, perchè ci rendiamo conto che se abbiamo un mondo, se questi profeti, se questo sogno di Dio si è scontrato con il Faraone, l'Egitto, se i profeti si sono scontrati con il potere della monarchia, che rendeva pochi con la pancia piena a spese di molti morti di fame, se l'apocalittica si è scontrata, ha dato forza alle comunità per resistenza dentro gli imperi, sognando qualcosa di nuovo, se Gesù ha rilanciato questo sogno... ecco, la Parola la rilancio a voi, per chi si dice credente, ma anche per chi si dice non credente, non c'è nessun'altra strada!

 

Oggi per la prima volta nella storia, arriviamo a un momento in cui non c'è più strada: o imboccheremo quella strada, della semplicità, di un Francesco, o non potremo più sopravvivere! E' questa la novità storica di oggi. Questo proprio perchè ci troviamo davanti ad un colosso che ci sta distruggendo, distrugge noi e distrugge tutti: ecco la globalizzazione. C'è un testo che abbiamo trovato molto bello, che è stato tradotto in italiano "Contro il capitale globale" (ma è un titolo molto brutto, che sa quasi da estrema sinistra o qualcosa del genere: il titolo originale è "Global village or global pillage", intraducibile in italiano, per l'assonanza che c'è... "Villaggio globale o distruzione globale") e questo libro davvero è potente perchè vi fa capire cos'è la globalizzazione, vi fa vedere cos'è la realtà, in termini semplicissimi.

Quello che chiamano "globalizzazione" è quello che in termini economici chiamano oggi "il livellamento al basso", cioè l'economia che tende a livellare tutto, ma al basso. Gli investimenti vanno dove minori sono i costi sociali, costi salariali, costi ambientali... il così detto livellamento al basso. Porto un esempio riportato sulla prima pagina dell'Adige, al quale ha risposto la Nike, molto dura, dicendo che queste son bugie: nella Corea del Sud ed a Taiwan (le famose tigri asiatiche) la crescita economica, le riforme democratiche, la sindacalizzazione stanno producendo un innalzamento del livello dei salari, cosicchè la Nike chiude 20 fabbriche a Taiwan e nella Corea del Sud e apre un negoziato per poter produrre le sue scarpe in Cina, in Thailandia, in Indonesia. In quest'ultimo Paese, Indonesia, ragazze e giovani donne ricevono una paga minima giornaliera di un dollaro e 35 centesimi, che vuol dire 1.800 lire al giorno. (infatti l'Indonesia è uno dei paradisi, in questi giorni, per la mano d'opera). Nel 1992 l'ammontare totale dei salari pagati nelle fabbriche indonesiane della Nike, è stato inferiore del compenso dato a Michael Jordan per fare pubblicità alle scarpe, dichiarato in 20 milioni di dollari: semplicemente per indossare le scarpe e farsi fotografare con le scarpe Nike ha ricevuto 20 milioni, che è molto di più di quello che tutte le donne indonesiane ricevono in salari in un anno. Difatti da una ricerca risulta che l'88% delle donne lavoratrici in Indonesia sono malnutrite. E capite perchè. Conclude dicendo: per produrre un paio di scarpe in Indonesia la Nike spende 5 dollari e 60 centesimi, quindi 7-8000 lire, pressappoco, lo stesso paio viene rivenduto negli Stati Uniti dai 45 agli 80 dollari, in Italia siamo sulle 200.000 lire, 150.000-200.000 lire per paia di scarpe. Notate il passaggio, da 5 dollari, costo effettivo, a quello a cui poi lo comperate in Italia. Ecco la globalizzazione. Un esempio semplicissimo di cosa significa e come avviene, quella che è chiamata appunto il livellamento al basso, perchè quello è lo scopo. Questo in campo produttivo, in campo finanziario è tutt'altro. Mi e' stato detto che la proporzione fra la carta e l'economia produttiva è di 5 a 1: oggi quindi è quasi minima  la produzione. Oggi i soldi si fanno con i soldi, semplicemente spostando capitali, che è un altro problema morale, che la Chiesa neanche ha cominciato ad affrontare. Ma davvero bisogna domandarsi: è morale che soldi facciano soldi!? Ecco tutta la dinamica. E ci troviamo davvero davanti a un mondo che è un piccolo villaggio economico, dove il vero potere è quello economico-finanziario, le decisioni sono prese qui, son prese da questi grandi centri di potere economico-finanziario e son loro che decidono, e le conseguenze sono devastanti. Porto soltanto 3 esempi di ciò che sta accadendo a Korogocho: stiamo vivendo l'assurdità, oltre della globalizzazione, degli aggiustamenti strutturali della Banca Mondiale e del Fondo Monetario, che invitano i governi poveri a tagliare tutte le spese sociali, e chi ci rimette è chiaramente la povera gente. Fino almeno a due anni fa la gente poteva andare al Keniata Hospital, il più grosso ospedale di Nairobi, dove va la gente comune; oggi se non avete almeno 1000 scellini, non entrate al Keniata! Per cui ai poveri rimane solo morire, non è che ci sia altro. Non solo: a Korogocho sta diventando sempre più chiaro l'esempio di gente che deve abbandonare i corpi, e per gli africani è altra maledizione il fatto di non seppellire un morto; ma sono molti ormai che li lasciano al Comune per essere seppelliti nelle fosse comuni, perchè per seppellire un morto a Nairobi, ci vogliono almeno 6-7000 scellini, tenendo tutto al minimo. Molta gente non ce li ha più, quindi i poveri non solo muoiono, ma non riescono neanche a seppellire, ormai, la loro gente. Terzo, una cosa che è sbalorditiva al massimo, è il problema della scuola. In un Kenia che produce 300.000 studenti delle secondarie all'anno, fra 4 o 5 anni al massimo, potremmo avere a Nairobi, la capitale, il 50% dei bambini che non riusciranno ad entrare in prima elementare, perchè i genitori non hanno i soldi: ormai la scuola elementare non è più gratis, costa l'ira di Dio. Ecco il problema, ecco che cosa significa. Questa è la globalizzazione, questo è il sistema. E allora capite il sogno, ma non solo il sogno, ma anche la denuncia. Ma io non ce l'ho con la globalizzazione, ha degli aspetti anche molto interessanti, e vorrei ripetere a tutti che io non demonizzo nulla, meno che meno i soldi: i soldi se condivisi, se spezzati, diventano pane, diventano eucarestia. Abbiamo bisogno di strutture, non demonizziamo le Compagnie o altro, perchè abbiamo bisogno di cose: ma quando le Compagnie servono per schiacciare gente, per ammazzare, quando dobbiamo uccidere ogni anno 40 milioni di morti di fame, che sacrifichiamo al sistema, allora permettetimi di dire, come facevano i Profeti, di dire no! Questo, Dio non lo può accettare! E' assurdo! Perchè non vuole che noi andiamo a distruggere chissa chi, i soldi o l'economia, no! Ma vuole che utilizziamo queste strutture per il bene di tutti, per una economia di uguaglianza! Ecco il cuore del sogno di Dio! Per fare questo, ecco la proposta molto bella: alla globalizzazione bisogna rispondere con la "globalizzazione dal basso", ed al livellamento al basso bisogna rispondere con il livellamento all'alto. Globalizzazione dal basso significa che dobbiamo creare delle sacche di resistenza, comunità di resistenza! Per i credenti saranno comunità dove la parola è importante, che vien letta nell'oggi, che porta poi alla resistenza contro il sistema e al rifiuto della violenza! Perchè  è centrale nel messaggio di Gesù, ma è fondante la resistenza! Per cambiare (perchè dobbiamo cambiare!) non possiamo accettare la realtà che ci sta in giro! Usare il termine globalizzazione dal basso vuol dire che dovete iniziare a costituirvi in gruppi, comunità, comunità di base, per i credenti piccole comunità cristiane: io non so perchè i preti stentino così tanto a farle partire, tutta la nostra pastorale a Korogocho è basata, come in America Latina, sulle piccole comunità cristiane, ma non c'è altra via! Sono piccole comunità, dove si riflette sulla parola, dove ci si impegna poi a rispondere alle esigenze concrete, alle sfide. Ecco la globalizzazione dal basso, un cambiamento in questo sistema, attraverso una globalizzazione, un'unità che deve nascere dal basso e può nascere solo dal basso.

La chiamano la strategia lillipuziana. Ricordate Gulliver, nella favola satirica "I viaggi di Gulliver": i minuscoli lillipuziani, alti appena qualche centimetro, catturavano Gulliver il predone, di tante volte più grande di loro, legandolo nel sonno con centinaia di fili. Gulliver avrebbe potuto schiacciare qualsiasi lillipuziano sotto il tacco del suo stivale, ma la fitta rete di fili tessuta attorno a lui lo immobilizzava e lo rendeva impotente. Di fronte alle soverchianti forze e istituzioni globali, la gente può in modo analogo utilizzare le fonti di potere relativamente modeste che ha in mano e combinarle con quelle, spesso abbastanza differenti, in possesso di altri partecipanti, di altri movimenti ed in altri luoghi: come i piccolissimi lillipuziani catturavano Gulliver legandolo con tanti pezzetti di filo, la strategia lillipuziana intreccia molte azioni particolari, per ostacolare il livellamento verso il basso in un sistema di regole e di pratiche che spingono congiuntamente in direzione di un livellamento verso l'alto. E penso che sia una immagine molto bella. Il mio invito è di tentare localmente un coordinamento di questi gruppi di resistenza. E' fondamentale! Potrebbe nascere un centro telematico che potrebbe legare tutti questi gruppi, è il grande insegnamento degli Stati Uniti. Tutte le comunità di resistenza si legano attraverso Internet e san tutto l'una dell'altra. Cioè non demonizziamo nulla: non c'è nulla di male, se avete degli strumenti utilizzateli, utilizzateli  bene, guardate che son degli strumenti potentissimi. Lo sciopero telematico sul Chapas è stato di una potenza! Guardate che semplicemente domandando attraverso il mondo, milioni di Internet hanno chiesto l'accesso alla Banca Nazionale del Messico, al Ministero degli Esteri, hanno tagliato il Messico fuori del mondo per giornate intere. Ecco quindi l'importanza di connessioni dirette, per esempio soggetti di qui con soggetti di giù - gli Stati son finiti! Ecco il collegare il Nord con il Sud, ma soggetti, non Stati! Ecco la potenzialità che sta nascendo: collegare i soggetti attraverso i confini; collegare identità specifiche con più ampie comunità; collegare problematiche e soggetti sociali; collegare chi è minacciato con chi è marginalizzato; collegare diverse fonti di potere; collegare lotte contro le istituzioni oggetto di contestazioni; collegare la resistenza con il mutamento istituzionale; collegare questioni economiche e democratizzazione. La strategia lillipuziana parte dal presupposto che per controllare il saccheggio globale è necessario che i molteplici fili dell'azione dal basso siano capaci di unirsi a livello planetario. La strategia prevede la costruzione di un movimento sociale, transnazionale formato da coloro che resistono al livellamento verso il basso, che partecipano ad iniziative in direzione del livellamento verso l'alto e si uniscono ad altri che perseguono i medesimi obbiettivi. Ecco il cuore.

Ed ecco l'invito mio: se volete davvero ritornare a questo sogno di Dio, a questa Parola che diventa una sfida incredibile davanti a questo impero del denaro che distrugge Korogocho, se vogliamo rilanciare questo sogno, ecco la strada: alla globalizzazione si risponde con la globalizzazione dal basso, non ci si scappa! Al livellamento al basso dobbiamo rispondere con il livellamento all'alto, per i poveri. Questa globalizzazione così com'è usata, utilizzata, ci porta inesorabilmente alla morte. Ed ecco allora la grande sfida: deve nascere l'uomo planetario, come diceva Balducci; deve nascere una specie di uomo nuovo, com'è nato l'uomo sapiens. Non so che razza di uomo nascerà tra poco, ma deve nascere un uomo che ha una testa nuova. Se abbiamo usato la violenza fino a qui, da una parte del cervello dobbiamo cominciare a capire che con la violenza moriamo tutti, al di là della crisi economica c'è la crisi antropologica, perchè la violenza c'è sfuggita di mano; fino a ieri gli Stati sacralizzati controllavano la violenza, oggi non controllano più nulla! Il gene della violenza è scappato dalla bottiglia e ne siamo terrorizzati: adesso non sappiamo neanche più che cosa fare, questo è il vero problema. Ecco quindi che vi domando davvero che abbiate il coraggio del sogno, di sognare! Dio sogna! Sogna per noi, per questo mondo perchè ci vuol bene e soffre come una donna soffre per i  bambini e si sente impotente alla fine. Ecco il Suo sogno, lo mette nelle nostre mani, tocca a noi realizzarlo.

Io vorrei insistere su una cosa: ritorniamo a fermarci, a riflettere, a pensare, soprattutto a dare spazio alla contemplazione! Il ritorno alla Parola! Non alla parola fine a se stessa, non alla parola che vi fa sentire belli e buoni dentro: è bella anche quella, ma non è quella! E' la Parola letta oggi: è un Dio che continua a sognare, a dirci questa Parola, che noi rileggiamo nelle nostre comunità. Per cui chiedo ai credenti la capacità di ritornare in piccoli gruppi a riflettere sulla parola, a ritornare a sognare, a ritornare a riprendere il gusto dei volti, dell'incontrarsi; la gioia dello stare insieme, perche' è solo una comunità che vi permette di resistere dentro questo impero. Siamo tutti travolti dall'impero: c'è uno spirito maligno che è come un cancro in questa società, che ci penetra come ci penetra l'aria e solo una comunità, attraverso i fratelli, attraverso un'azione in cui ci si senta solidali, in cui ci si sostenga gli uni con gli altri, può farcela, altrimenti non ce la facciamo! Quindi contemplazione con piccole comunità. Per i non credenti, e molto spesso li trovo molto più credenti di me, davvero penso che siano altrettanto importanti questi momenti di silenzio: non abbiate paura, anche nelle piccole comunità,  di unirvi non credenti con credenti. Sentiamo che Dio va ben al di là di tutto! E' in ballo la vita umana! Diamoci tutti una mano! C'è un testo che mi aveva molto impressionato, di Claverie, il vescovo che è saltato per aria, in Algeria. L'anno prima di morire, in Francia aveva fatto una conferenza sulla sua vita ed aveva concluso così: "nella mia esperienza della chiusura sono giunto alla convinzione personale che non c'è umanità se non al plurale, e che quando pretendiamo, all'interno della Chiesa  cattolica, e ne abbiamo triste esperienza nel corso della nostra storia, quando pretendiamo di possedere la verità o di parlare in nome dell'umanità, cadiamo nel totalitarismo e nell'esclusione. Nessuno possiede la verità". E' bello sentire un vescovo parlare così. Nessuno possiede la verità, ognuno la ricerca. Ci sono certamente verità oggettive, ma che vanno al di là di tutti noi, alle quali non si può accedere che attraverso un lungo cammino; ricomponendole poco a poco; prendendo dalle altre culture, da altri gruppi umani, quello che altri hanno acquisito, hanno cercato, nel loro cammino verso la verità. Io sono credente, credo che ci sia un Dio, ma non ho la pretesa di possederlo, nè attraverso Gesù che me lo rivela, nè attraverso i dogmi della mia fede. Dio non si possiede! Il sogno di Dio! Dio è libero! non c'è nessuna Chiesa che lo intasca, non c'è nessuna Bibbia! Non si possiede la verità, e io ho bisogno della verità degli altri: non c'è nessuno che può arrogarsi chissà quale pretesa, di chissà quali cose, ognuno di noi ha bisogno della verità degli altri! C'è uno spirito materno, che sta lavorando per la gestazione di un mondo altro di quello che abbiamo fra le mani, ma nascerà dal basso, da voi! Ed ecco allora davvero la vocazione.

E' tempo di apocalittica. Vorrei citare il testo di Pablo Rich, un teologo del Costarica, molto bravo. Fa una analisi dell'America Latina, sono due domande. La prima è: lei oggi sostiene che la speranza è nella società civile, che differenza c'è da quando si vedeva la speranza nei movimenti popolari? Risponde: negli anni ottanta per i movimenti popolari ed ecclesiali (parla dell'America Latina) la politica era tutto (non si faceva altro che parlare di politica, è cambiato il tempo), c'era la convinzione che solo prendendo il potere si sarebbe potuto cambiare la società e questa prospettiva era reale, come dimostrato dalla rivoluzione sandinista. Oggi la presa del potere diventa impossibile per un partito popolare, che può governare solo entro i limiti imposti dal Fondo Monetario o dalla Banca Mondiale (non ci scappi, sono le regole economiche). Ma se tutto è determinato dalla situazione economica internazionale, è irrilevante chi sia il presidente. Il potere ormai è solo un modo per fare soldi: perciò avviene la corruzione, che è un sistema, non il frutto di una maggiore perversità dei politici di oggi rispetto a quelli di ieri. Perciò la speranza si sposta dalla politica alla società civile, che coincide con i movimenti popolari, i quali però non pensano alla presa del potere ma alla costruzione di un nuovo potere dal basso; esso si fonda sui nuovi soggetti, non più le classi, operaia o contadina, ma le donne, gli indigeni, gli afroamericani, i giovani, gli ecologisti. Nasce anche una nuova coscienza la cui componente teorica non è più solo di classe ma anche di genere (il problema donna, per esempio: il femminismo è fondamentale), culturale, ambientale, generazionale, comunitaria. In questa nuova coscienza acquistano forza l'elemento etico e quello spirituale: i movimenti sociali oggi hanno tutti una spiritualità, delle donne, degli indigeni, dei giovani. E' una forte spinta etica, di denuncia, di recupero dei valori. Naturalmente si fa pressione sullo Stato e sul mercato, con movimenti alternativi di produzione, di commercio, ma il riferimento fondamentale per la ricostruzione della speranza sta più nella società civile che in quella politica, perchè il politico ormai ha perso il suo ruolo, ciò ha provocato una certa spoliticizzazione, deolicizzazione che però in positivo fa venir meno l'ossessione della presa del potere (ed ecco il cuore dell'insegnameno di Gesù) e al contempo c'è una ripoliticizzazione, ma a partire dalla base, dalla scoperta della cultura; la comunità, l'organizzazione giovanile, la costruzione di un nuovo Stato, l'elemento spirituale o l'essere donna, hanno una dimensione politica. Ed ecco il suo richiamo all'Apocalisse. La seconda domanda: Non le pare che la Chiesa Latino Americana stia perdendo dinamismo? Negli anni ottanta la Chiesa aveva un dinamismo profetico, fatto di denuncia, di annuncio, oggi ne ha uno apolitico. La Chiesa aveva questo dinamismo; i grandi profeti Amos, Osea, Isaia agiscono in un mondo organizzato con preti, sacerdoti, dirigenti locali, mentre l'Apocalittica nasce dopo la distruzione di Gerusalemme, quando non c'è più il Tempio nè ci sono i sacerdoti e alla persecuzione si è sostituito il caos. Il movimento apocalittico è comunitario, cerca di ricostruire la coscienza, la speranza, attraverso la creazione di nuovi miti e simboli: forse oggi abbiamo bisogno, più che di profeti, di gente capace di legare movimenti sociali e coscienza, animando la società civile. Inoltre viviamo nel mercato globale e la resistenza non sta tanto nel costruire un nuovo sistema macro economico, non lo possiamo fare perchè è impossibile!, ma nel creare spazi di vita tra gli esclusi dal sistema. Si tratta cioè di creare una resistenza culturale, etica e spirituale cominciando a vivere una cultura della vita, che non sia quella del mercato; un'etica diversa da quella della proprietà privata e del contratto, una spiritualità che non sia quella dell'idolatria del denaro. L'istituzione specializzata in questa materia è la Chiesa che oggi, con tutti i limiti e i difetti, ha la capacità di sviluppare una resistenza culturale, etica, spirituale al sistema dominante perchè si radica nella Bibbia, cioè in una tradizione di vita. E se nella Chiesa c'è una corrente apocalittica, ci sono movimenti di inserimento nella società civile, questo può dare alla Chiesa un grande dinamismo: neppure i vescovi più conservatori possono accettare il sistema neoliberale per cui il 60% dell'umanità che vive nella povertà è in esubero ed è destinato a morire.

Ecco la novità, e il mio invito è questo: è che ritorniate alla base! E' tempo di apocalittica, è tempo di resistenza, da far nascere dal basso in chiave culturale, in tutte le salse che volete. Ricongiungendovi: ecco la globalizzazione, per sentire davvero che avete forza. Vi porto un esempio incredibile di globalizzazione. La Chicco, che non so dove sia, non produce ma fa produrre, utilizza la compagnia di Hong Kong (quindi subappalta). La compagnia di Hong Kong lavora in Cina, chiaro: manodopera a bassissimo prezzo, fabbriche fatiscenti. Muoiono 87 ragazze, bruciate, arse vive in un rogo. Chi è responsabile? Nessuno. La ditta di Hong Kong dichiarata fallimentare, la Chicco dice non siamo noi... Ecco la logica del mercato: quindi si domanda che si cominci davvero a rispondere, con un altro boicottaggio ad esempio. Sono tutti questi fili che si tirano un pò alla volta che potranno avere davvero una capacità incredibile, una forza! Una volta si diceva "lavoratori!" con il pugno alzato, "unitevi!": oggi bisogna dire consumatori! unitevi!, senza pugno alzato, unitevi! Avete una forza enorme! Ecco la ricchezza che abbiamo ed ecco il sogno. Io vi ho rilanciato dai sotterranei della vita e della storia questo sogno. Ritornerò in Africa in un momento estremamente difficile, non so cosa ci aspetta: l'ultimo incontro con il rappresentante del governo è stato durissimo e di una chiarezza sconvolgente, per cui non sarà uno scherzo. Anche perchè è partito, non solo a Korogocho, un movimento delle baraccopoli di Nairobi e abbiamo fatto la prima convenzione, assemblea, dei rappresentati di 45 baraccopoli (ce ne sono almeno un centinaio a Nairobi): 1500 persone si sono ritrovate ed hanno lanciato un manifesto sulla terra; due milioni di baraccati sono costretti a vivere nell'1% della terra disponibile a Nairobi e chiedono almeno quell'1%. E il governo non molla! Vogliono raccogliere un milione di firme da portare a Moi, questo chiaramente sarà scontro, e non lo sappiamo come andremo a finire.

Noi andremo avanti a fare resistenza, pagando sulla nostra pelle, soffrendo con la gente che soffre dentro: chiediamo a voi che abbiate il coraggio di fare questa resistenza, nel cuore della bestia, datevi da fare per favore, tocca a voi! In una prospettiva nuova, in questa visione di questo sogno di Dio. Io sognerò giù, chiedo a voi di iniziare a sognare e ad agire. Noi tenteremo di agire; tocca a Voi, qui, insieme, e vi chiedo davvero un ricordo particolare anche per me perchè tenti di avere un po' di fede. Non è facile, più vado avanti e più non riesco a capire dove sto andando, nè chi è questo Dio al quale ho dato la mia vita, e son felice di averla data! Proprio anche con la mia vita buttata così... Anche con il celibato: mai come in questo periodo ho sentito l'importanza di non avere una famiglia, perchè non potrei buttare la mia vita come la sto buttando così. Siatemi vicini, aiutatemi, aiutateci tutti e aiutiamoci a vicenda perchè davvero vinca la vita.

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