Alex Zanotelli

Lista La nonviolenza è in cammino

Archivio pubblico

G8, la vigilia / Visto da Korogocho (Kenya)

Passati diversi, un solo futuro

1 luglio 2001
Alex Zanotelli
Fonte: Nigrizia

Anche Dio sogna.. nella Genova dei G8! E nessuno può proibirci di sognare un mondo che sia altro da quello che i grandi “sognano” per noi. Almeno lasciateci il diritto e la libertà di sognare, in questa Genova mondiale.

 Forse nessuna città italiana come l’antica repubblica marinare può contare titoli storici per una tale incontro.

Per gli otto grandi dell’impero del denaro, Genova è un tuffo alle origini dell’attuale sistema economico-finanziario mondiale.. Almeno  secondo sofisticata teoria elaborata da Giovanni Arrighi nel suo “the long Twentieh Century: Money, Power ad Origins of our Temies (1994), il quale sostiene il punto di partenza dell’attuale economia mondiale è nelle città –stato italiane del rinascimento (Venezia, Firenze, Milano Genova).

Fu proprio l’alta finanza di Genova che creò la Spagna-nazione  con la conquista dell’America “Latina”. Per due secoli la Spagna fu la grande potenza imperiale, sostituita dall’Olanda che venne poi soppiantata dall’Inghilterra, assorbita a sua volta dalla superpotenza Usa, il cuore dell’impero del denaro.

Contro questa
globalizzazione

 Se questa teoria è vera, pone interrogativi seri a noi italiani, alla chiesa cattolica e ai cristiani (avevamo sempre pensato che l’attuale economia capitalista è frutto del protestantesimo, soprattutto calvinista!)

Questo processo storico è avvenuto come se non ci fosse una chiesa detentrice di un sogno di Dio sovversivo di ogni impero. Ignorando perfino il più fedele interprete di Gesù in occidente, Francesco d’Assisi (visse agli inizi delle città-stato italiane) che ha nuovamente proposto la scelta: la vita sobria e semplice ma felice, o la vita degli imperi (le Bestie dell’Apocalisse).

Abbiamo messo sugli altari Francesco ma abbiamo scelto la strada delle Bestie.

Eppure Francesco non aveva fatto altro che rilanciare il sogno di Gesù, che in quella sua Galilea riproponeva l’antivo sogno di Mosè e dei profeti. (Dio sogna che il suo popolo, liberato dall’egitto, possa vivere come società alternativa alle città-stato e all’impero, con un’economia di uguaglianza che domanda una politica di giustizia, che a sua volta esige la fede in un Dio che è il Dio degli oppressi, degli schiavi, dei marginalizzati…)

E’ questo il Sogno che ci perseguita. Continuiamo a credere in un Dio che sogna un mondo altro da quello che abbiamo fra le mani. Non abbiamo nulla contro la globalizzazione ma contro questo tipo di onnimericficazione, dove tutto diventa denaro. Siamo contro una globalizzazione che distrugge culture, religioni, ambienti, togliendo l’anima ai popoli e riducendoli a cose (l’Africa è oggi il continente più devastato). Siamo contrari al villaggio economico dove il 20% della popolazione mondiale si pappa l’83& delle risorse del mondo. Mentre l’80% del mondo vive sulla soglia delle povertà,  o almeno per un miliardo e mezzo di persone, nella miseria più nera.

Per di più questa immensa ricchezza è concentrata in poche mani: tre famiglie negli Usa hanno l’equivalente del prodotto annuale lordo di 48 stati africani con 600 milioni di abitanti.

E l’assurdo è che per difendere chi vive da nababbi (20%) spendiamo 900 miliardi di dollari in armi all’anno. (Con 23 miliardi potremmo risolvere i problemi della fame e della sanità al mondo in un anno). A questo dobbiamo aggiungere (grazie a Bush!) il rilancio dello scudo stellare, che costerà una fortuna.

    La nostra è follia collettiva. Potremmo trasformare oggi il mondo in una paradiso terrestre, invece lo abbiamo reso un inferno terrestre. I ricchi del mondo (20%) consumando energie e materie prime in maniera forsennata stanno minacciando il futuro del pianeta (vedi buco dell’ozono, effetto serra). Molti scienziati ci ammoniscono che abbiamo solo 50 anni per cambiare. Dopo sarà tardi, avremo minato i gangli vitali del pianeta.

E’ questo il sistema entro cui viviamo, un sistema che ammazza e uccide. Ammazza per fame (40 milioni di persone all’anno), uccide con le armi (il continente africano ne è una riprova), e uccide l’ambiente. E un sistema di morte, è un sistema di violenza inaudita ben camuffata. Il padre di un tale sistema è il dia­volo, il Drago. «Egli è stato omicida fin dal principio e non ha perseverato nella verità perché non c’è verità in lui. Quando dice il falso, parla del suo, perché è menzognero e padre della menzogna», afferma Gesù in uno dei passi più densi del Nuovo Testamento.

E il Drago pascolerà
con l'agnello

  Ecco perché chi resiste a questo sistema di morte lo fa rifiutando la via della violenza, altrimenti ripeteremmo lo stesso sistema. Abbiamo fatto nostra la scelta radicale di Gesù, l’unica nostra difesa è l’amore, la nonviolenza attiva, scoperta non da Gandhi  ma da Gesù di Nazaret. Tra il logos del sistema (violenza, odio, omicidio) e il logos di Gesù (amore), abbiamo scelto quest’ultimo.  «O ci orienteremo sempre più verso la nonviolenza,oppure scompariremo», af­ferma uno dei grandi pensatori del nostro tempo, René Girard.

Non vogliamo distruggere  Babilonia, ma trasformarla dal di dentro perché diventi la città di Dio.

Non abbiamo imperi da abbattere, non abbiamo nemici da uccidere, ma solo persone come noi da cambia­re. Sentiamo l’immenso compito di cambiare un mondo che ci sta inesorabilmente portando alla morte. Ci impegniamo per­ché crediamo che il Drago può diventare agnello, come ha fatto Francesco con il lupo di Gubbio.

E siamo in molti! In Italia abbiamo una notevole società civile (minoranza, ma forte e organizzata). Credo di poter affermare che è la migliore società civile d’Europa. Sarà questa società civile presen­te a Genova, a dire no a questo sistema “con la forza sovversiva dei valori maledetti”, come suonano le forti parole del teologo cattolico camerunese Jean-Marc Ela.

Questi valori ci spingono più che mai a trasgredire l’ordine delle cose che si vuole imporre all’umanità come una fatalità. Per ricostruire il legame sociale e “invertire il corso della sto­ria” dobbiamo ritrovare tut­te le nostre capacità di dissidenza davanti all’arroganza del modello trionfante.

In un mondo dove tutto è merce, compresi gli esseri umani, questo significa, come reclama già l’economista Karl Polany, «risituare l’economia nella società».

Tale è, all’alba del nuovo secolo, la sfida maggiore che obbliga le nuove generazioni a ridefinirsi, ricordando il celebre motto di Cheikh Hamidou Kane (l’autore senegalese dell’Ambigua avventura): «Ogni ora che passa apporta un supplemento di fuoco al crogiuolo dove fonde il mondo. Non abbiamo lo stesso passato, voi e noi, ma avremo lo stesso avvenire, rigorosa­mente. L’era dei destini singolari è tramontata».

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