Alex Zanotelli

Lista La nonviolenza è in cammino

Archivio pubblico

L'acqua, il missionario, Korogocho e Napoli

…chi sa chi è che è andato a dire in giro, dice: "il napoletano non ce la fa più, sta con l'acqua alla gola"... immediatamente se so' pigliate l'acqua (…) poi loro dicono: "vabbè, ma chille 'o fatto ca nun scenne l'acqua e' colpa degli acquedotti".. sì, dice che gli acquedotti sono difficili da usare... e questo è vero, sì, no figuratevi, che a Napoli ce sta gente ca cu gli acquedotti, invece 'e ce bere, ce mangia no pe' cattiveria, proprio pecché nun hanno capito 'o meccanismo
[Arena, Decaro, Troisi, "La smorfia", Einaudi, 1997, pp. 27-30]
1 aprile 2007
Francesco Stefanini

"Il 30 gennaio scorso, Napoli ha vissuto una splendida giornata: è stato tagliato un primo traguardo di un percorso d'impegno per rendere l'acqua bene pubblico e completamente gestita dalla gente", sono queste la parole del quasi settantenne Padre Alex Zanotelli pubblicate sul "portale dell'Africa e del mondo nero" (www.nigrizia.it), il 1° marzo scorso. Quel giorno, infatti, l'assemblea di Ato2 (Ambito territoriale ottimale, cioè il servizio idrico integrato che include la provincia di Napoli e quella di Caserta, per un totale di 136 comuni) ha revocato la delibera del 23 novembre 2004 che consentiva la privatizzazione dell'acqua entro i due anni successivi. Su 136 sindaci, quasi un centinaio hanno preso parte all'assemblea e il 68% si è espresso per la revoca. Così il padre comboniano, racconta di un traguardo: dal suo arrivo a Napoli si è battuto per contestare la delibera proposta dall'attuale sindaco di Napoli, Rosa Russo Jervolino, e dal governatore della Regione Campania, Antonio Bassolino, l'ex-sindaco della "rinascita" napoletana, e ratificata poi da una votazione del consiglio comunale.
"Carissimo, grazie di cuore per avermi così cordialmente ricevuto a Bruxelles nel tuo ufficio. È stata una gioia il conversare insieme. Quando ci lasciammo mi promettesti di impegnarti sul problema dell'acqua e mi hai chiesto di inviarti un pro-memoria. Eccolo…". È con queste parole che padre Alex, scrivendo all'allora Presidente della Commissione Europea Romano Prodi, ha dato il via alla mobilitazione per l'acqua pubblica, nel novembre del 2002. Scriveva poi nel gennaio 2003 al sindaco di Roma Veltroni, sollevando due questioni: "la prima riguardo l'accentuazione impressa ai processi di privatizzazione e di mercificazione dell'acqua ad opera del governo sulla scia della privatizzazione promossa dai precedenti governi di centrosinistra; e la trasformazione di ogni impresa di gestione pubblica dei servizi d'acqua in società per azioni (…), che ha fatto dell'Italia, dopo l'Inghilterra della Thatcher, il paese dove è legalmente vietata la gestione in diretta dei servizi pubblici (acqua) da parte di organi pubblici. La seconda questione, (…) una delle inadempienze più significative nell'attuazione (ancora molto ridotta) del nuovo ordinamento giuridico-istituzionale nel campo dell'acqua (introdotto dalla legge Galli), è la non applicazione delle disposizioni relative ai sistemi di valutazione, di controllo, e di partecipazione dei cittadini nella gestione delle società per azioni; è evidente che meno i cittadini partecipano alla 'res pubblica', più saranno dominanti le logiche dei gruppi di potere".
Così nasce la mobilitazione. Storia di un prete che il 25 maggio 2000 rifiuta i 500 milioni del premio Antonio Feltrinelli perché chiede "giustizia e non carità". Vetero catto-comunista e no-global secondo il Resto del Carlino (18/10/2002); accolto freddamente dalla chiesa pugliese nel luglio del 2002; antidemocratico, illiberale e antiamericano per i giovani di Forza Italia di Prato; allontanato dal governo sudanese a causa della sua solidarietà con il popolo Nuba.
Scriveva così il prete dell'acqua e dei poveri nell'aprile del 2004 "Caro Papa, vorrei chiederti subito che quell'attenzione che Giovanni Paolo II ha avuto nei confronti dell'Africa sia anche la tua attenzione. Nessun continente sta soffrendo quanto questo".
Prima con una rete di rapporti, poi con il nodo napoletano della Rete Lilliput - www.retelilliput.org è il network italiano di resistenza nonviolenta alla globalizzazione liberista; promossa da sedici realtà del mondo della solidarietà, di matrice laica e cattolica, la Rete conta oggi circa 60 nodi locali, per un totale di almeno 600 associazioni collegate fra loro e con il Comitato civico sull'acqua - è stata la strategia del prete catto-comunista a conseguire questo risultato.
"Il perché è presto detto - spiega il missionario - in occasione del voto della delibera, i sindaci avrebbero dovuto esprimersi su tre opzioni: acqua totalmente pubblica, acqua totalmente privata, gestione mista. Invece hanno votato, scegliendo tra gestione privata e gestione mista. La gestione pubblica non è stata nemmeno messa in votazione. Inoltre, i sindaci presenti al voto erano solo 36 e nessuno di loro aveva mai pensato di portare questo problema in consiglio comunale e di discuterlo". Un'azione lenta e unitaria che ha portato gli apparati dei partiti e gli enti locali (le province di Caserta e Napoli, la regione Campania e il comune di Napoli) a doversi interrogare. Quattordici delle ventuno circoscrizioni hanno votato contro la privatizzazione e contro la delibera.
Padre Zanotelli si trova ora nel quartiere Sanità di Napoli nella comunità "Crescere insieme", dove trovano rifugio i tossicodipenti più emarginati del quartiere. Una nuova terra di missione per il comboniano che ha contribuito a portare la voce degli abitanti dello slum di Korogocho, dove ha vissuto per 13 anni, "la discarica a cielo aperto", fuori dai confini di Nairobi e del Kenya. Al suo posto, a Korogocho, c'è il padre Daniele Moschetti, "uomo alto e sorridente; barba lunga e qualche chilo in meno rispetto a quando era in Italia come animatore missionario", che a Misna, all'indomani del passaggio di consegne, diceva in tono pacato: "sono contento d'essere qui ma confesso che è una vita dura. Korogocho non è la baraccopoli più grande della capitale, ma è certamente tra le più violente, dove si uccide per rubare un paio di sandali o una bottiglia di soda".
Nella sua abitazione di Napoli "…più che una casa sono tre piccoli spazi, forse di 8-9 metri quadrati, disposti in verticale attorno a una strettissima scala a chiocciola, tre piani più il pianterreno. Si entra e l'atrio è un piccolo archivio di volantini, qualche libro aperto e iniziative appese ai muri. Tra le foto di Korogocho ce n'è una (una sola) bellissima di Alex. Allora aveva ancora i capelli neri. Ora sono quasi tutti bianchi", così è descritto sul sito di Altraeconomia l'alloggio di padre Zanotelli nella sua nuova terra di missione, in un pezzo che racconta alcune giornate passate assieme al comboniano nel capoluogo campano.
Qui Alex "semplicemente c'è, e con il suo modo di fare, per le donne, gli studenti delle università, i movimenti di base, tanti frammenti di Chiese, è un punto d'aggregazione, un uomo che, immerso come in un fiume troppo grande, con il suo esistere si prende la responsabilità di essere un ostacolo al flusso della corrente, a come le cose vanno da sempre, e attorno a questo punto si fermano, si accumulano, si aggregano in diversi. Qualche volta chi si ferma finisce con il formare una diga, come nel caso della lotta contro la privatizzazione dell'acqua, ma sono momenti, e Alex lo sa". Dice, Alex, di aver scelto Napoli perché voleva "scegliere la città: oggi la missione è soprattutto cittadina, sia qui sia nel Sud del mondo. Tra una ventina d'anni su 20 miliardi di persone 6,5 vivranno in megalopoli e 3,5 in baraccopoli o in zone degradate. È importante esserne parte. E Napoli, da Pozzuoli a Sorrento, è uno dei centri urbanizzati più grandi, forse 4 milioni e mezzo di persone, e con più problemi in Italia". Vive senza telefono, niente computer, niente posta elettronica, e in una casa davvero molto sobria, il prete che crede che il problema grosso sia l'isolamento. Molto africano nei modi: dice che "i programmi contano, le persone di più".

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