L’impressione generale che ho avuto, dopo la prima settimana di lavori del II Sinodo Africano, è che i vescovi africani abbiano imboccato la strada della profezia. Con grande lucidità e coraggio, i pastori d’Africa hanno analizzato i mali del continente ed hanno indicato la strada per uscirne. Questo mi è apparso chiaro fin dalla “Relazione prima della discussione”, fatta da una delle figure ecclesiali, più significative del continente, il cardinale Peter Turkson, arcivescovo di Cape Coast (Ghana), parlando proprio del debito estero di 230 miliardi di dollari. "Questo continuo finanziamento dei bilanci nazionali, facendo ricorso ai prestiti – ha detto Turkson - non fa altro che accrescere un opprimente debito nazionale…". Ma Turkson ha subito aggiunto: "L’uscita dell’Africa dalla sua agonia economica deve essere opera degli africani e guidata da loro stessi. Per questo i cuori devono essere convertiti e gli occhi aperti per trovare nuovi modi di utilizzare la ricchezza pubblica per il bene comune; e ciò spetta alla missione evangelizzatrice della Chiesa nel continente e nelle isole".
E su questa lunghezza d’onda si sono inseriti gli oltre cento vescovi che sono intervenuti dopo Turkson. Con analisi coraggiose della loro realtà, iniziando dall’impietosa analisi politica delle 53 nazioni che compongono l’Africa. “Una nuova stirpe di dittatori - ha affermato il cardinale Wamala, arcivescovo emerito di Kampala (Uganda) - sta sostituendo quella precedente; infatti essi non credono in alcun solido principio democratico. Credono in un unico principio, quello dell’ingegneria-politica. E’ questo stile di leadership che dà origine ai conflitti". Gli fa eco l’arcivescovo di Durban (Sudafrica) W. Napier: ”E’ vero che dal Sinodo del 1994 ci siano stati pochi colpi di stato in Africa, ma il Mostro che tenta di usurpare il potere non è sparito. Piuttosto ha cambiato il suo aspetto e modus operandi. Non ci saranno individui che si proclamano presidenti a vita, ma sempre più partiti politici assumono quel ruolo. E punta il dito contro partiti che hanno lottato per la liberazione, come in Botswana, Angola, Zimbabwe e Mozambico, e che ora continuano a governare, ‘identificandosi’ con lo stato”. Il partito, in questi casi, ha già fatto un effettivo colpo di stato” ha dichiarato Napier. “Ancora più grave, mentre il partito si dichiara a favore dei poveri, i suoi rappresentanti si arricchiscono in maniera spudorata". E conclude: "Preghiamo per un miracolo e cioè la liberazione non dai colonizzatori ma dalla dittatura del potentissimo partito che si è impadronito del potere in un silente colpo di stato”! E sempre sul versante politico, molti vescovi hanno fatto notare che i conflitti etnici in Africa sono creati per arrivare al potere. “Uomini politici si servono dei conflitti etnici per conquistare il potere e mantenerlo" ha detto l’arcivescovo di Gitage (Burundi), S. Ntamwana aggiungendo: "Alcuni di essi considerano la loro funzione unicamente come fonte di arricchimento personale e delle loro famiglie e dei loro amici, facendo in tal modo trionfare il clientelismo e il tribalismo sui valori autentici e compromettendo gravemente la pace sociale.”
Altrettanto dure le analisi episcopali in campo economico. “Le multinazionali sfruttano le risorse naturali in Africa in maniera che non ha precedenti nella storia" ha detto il vescovo di Umuahia (Nigeria), L. Ugorji. "Questo sfruttamento sconsiderato dell’ambiente - ha sottolineato - ha un impatto poi negativo sugli africani e minaccia le loro prospettive di vivere in pace.” Sulle multinazionali i vescovi hanno molto martellato, ma molto anche sulla finanza internazionale. "Come tutti i paesi organizzati, le giovani nazioni dell’Africa hanno dovuto fare ricorso a banche internazionali per realizzare i numerosi progetti volti al loro sviluppo. Molto spesso i dirigenti, poco preparati, non sono stati molto attenti e sono caduti nelle trappole di coloro che gli intenditori chiamano ’assassini finanziari’, sciacalli mandati da organismi avvezzi ai contratti sleali, destinati ad arricchire la finanza internazionale che complotta nel silenzio e nella menzogna. Anche la situazione degli agricoltori e dell’agricoltura africana ha ricevuto molta attenzione. "La Chiesa in Africa deve lottare per gli agricoltori e i pastoralisti - ha detto il vescovo di Songea (Tanzania), M.Songea - che devono ricevere una giusta considerazione nel bilancio dello stato, con garanzia di buone infrastrutture di base e con seria possibilità di mercato, nonché la possibilità di essere introdotti al risparmio e alla micro finanza". I vescovi hanno ascoltato con molta attenzione la relazione del segretario generale della Fao, Jacques Diouf, invitato speciale al Sinodo. “L’Africa nel 2050 conterà due miliardi di abitanti, il doppio di oggi, sorpassando così l’India e la Cina, e rappresenterà il più grande mercato del mondo”. Diouf ha poi aggiunto: "In Africa, nonostante gli importanti progressi realizzati in tanti paesi, lo stato di insicurezza alimentare è molto preoccupante. Il continente conta ore 271 milioni di persone denutrite, ovvero il 24% della popolazione con un aumento del 12% rispetto all’anno precedente. Inoltre dei trenta paesi al mondo in stato di crisi alimentare , che hanno bisogno di un aiuto urgente, venti si trovano in Africa".
Il Segretario generale della Fao ha inoltre affermato che “è impossibile sconfiggere la fame e la povertà in Africa , senza aumentare la produttività agricola”. E’ chiaro che l’Africa paga ora il crac- finanziario e l’uso delle terre coltivabili per i biocarburanti. Questo processo fa diminuire la produzione di prodotti alimentari e fa alzare i loro prezzi. I vescovi al Sinodo lo hanno ricordato insieme alla nuova ‘colonizzazione’ dell’Africa con l’acquisto di enormi estensioni di terre soprattutto per ‘biocarburanti’. Un vescovo del Madagascar mi ha detto: ”La Daewoo ha comperato nel nostro paese 1.3 milione di ettari di terra. Ed è scoppiata la rivoluzione popolare. ”E legato al controllo della terra, c’è il controllo delle risorse idriche da parte di grandi imprese agricole e multinazionali. Il problema della privatizzazione dell’acqua è percepito da molti vescovi africani come un problema molto grave in Africa. In questo campo agricolo monsignor I Chama, vescovo di Mpika (Zambia), ha detto che partendo dalla giustizia, bisogna affrontare la questione di politica internazionale, come gli EPA/APE (Economic Parteneship Agreement- Accordi di partenariato economico) tra l’Africa e l’Unione Europea. E’ un tema questo di bruciante attualità. E’ chiaro che questa difficile situazione economica e finanziaria dell’Africa porta poi a conflitti e a guerre. E qui i vescovi sono stati molto pesanti sul commercio delle armi, sulle spese militari, sui conflitti e sulle guerre. Una delle guerre più terribili in Africa è stata ed è quella del Congo (si parla di 4milioni di morti!) Vari vescovi congolesi sono tornati con forza su questa storia. ”Partendo dalle guerre e violenze subite dalla Repubblica Democratica del Congo- ha detto M. Lola, vescovo di Tshumbe- siamo obbligati a condannare le menzogne e i sotterfugi usati dai predatori e mandanti di queste guerre e violenze. Il tribalismo evocato per giustificare queste guerre non è altro che un paravento. La comunità internazionale si limita ad occuparsi delle conseguenze della guerra , invece di affrontare le cause in modo determinante: il saccheggio delle risorse naturali. E il vescovo di Bokungu-Ikela (Congo), mons. F.Besungu parla di “mafia internazionale” che ha come complici alcuni congolesi per depredare le immense ricchezze del Congo. (Ricordiamo in particolare il coltan!). E sono molti i conflitti ancora in atto in Africa , dal Congo alla Somalia, dal Ciad al Sahara Occidentale, dal Nord Uganda al Darfur . (Su questo tema ha fatto una splendida relazione R.Adada, già rappresentante speciale dell’ONU e dell'UA (Unione Africana) nel Darfur che ha detto: ”Non c’è soluzione militare al problema del Darfur, non può esserci. Nessuno ha i mezzi per vincere militarmente. L’unica soluzione è quindi un accordo politico, senza dimenticare la grave questione umanitaria)”. Questa situazione di degrado economico, di povertà, di conflitti , pesa molto sull’ambiente, altro tema molto toccato negli interventi.”Aree intere vengono distrutte a causa della deforestazione, dell’estrazione del petrolio, come pure dello smaltimento dei rifiuti tossici, di contenitori di plastica e materiali in cellofan,” – ha detto il vescovo di Ugorji. E’ in atto un disastro ecologico. Il vescovo afferma che “le attuali sfide ecologiche sono il risultato dei peccati dell’uomo: egoismo, avidità, mancanza di sensibilità verso i danni ambientali e incapacità a prendersi cura della terra.” E infine aggiunge: ”La Chiesa in Africa deve suscitare una ‘conversione ecologica’ attraverso un’educazione intensiva. Deve educare le persone in Africa ad essere più sensibili verso il crescente disastro ambientale e la necessità di ridurlo. ”E questo senza dimenticare il disastro ecologico globale (cambiamenti climatici) che sarà proprio l’Africa, il continente con meno emissioni di gas serra , a pagare pesantemente per questo. ”La Chiesa in Africa - ha detto il vescovo di Tororo (Uganda), D.Lote - mediante questo Sinodo dovrebbe affrontare seriamente la questione del cambiamento climatico come obbligo morale per tutti. Questo Sinodo dovrebbe trovare vie di riconciliazioni fra la terra, in quanto 'vittima’ e l’uomo in quanto ‘aggressore’.”
Analisi lucide, a volte spietate , che scavano in profondità per aiutarci a capire il perché dei drammi di questo continente. Qualcuno potrebbe dire: ”Ma cosa c’entra tutto questo con il Vangelo? “E’ il presidente della Conferenza Episcopale del Congo, L. P. Mbuyu, vescovo di Kinkala a rispondere: ”La Chiesa ha una missione profetica urgente in Africa. Di fronte allo spettacolo desolante offerto al mondo dal continente africano , i cui popoli sono praticamente derubati, spesso per mano dei loro stessi figli, della sovranità che spetterebbe loro, la Chiesa deve rivolgere uno sguardo lucido su tutte le situazioni in cui la dignità umana è calpestata , deve analizzarne le cause, rivelarne i meccanismi e chiamare in causa, senza stancarsi, i responsabili. Il rischio è che , di fronte a così tante ingiustizie e sfruttamenti, la Chiesa smetta di commuoversi, vi si abitui e non ne parli più, divenendo così complice dell’infelicità delle popolazioni, quando invece la sua missione è di essere “voce dei senza voce”.
p.Alex Zanotelli
Sociale.network