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Un esempio che deve trasformarsi in concretezza

Padre Zanotelli: Papa Francesco, povertà e sobrietà

La Chiesa può partire da qui per "cominciare una vera e propria rivoluzione"
19 marzo 2013
Mariangela Di Nicoli
Fonte: L'Indro

Dopo l’elezione del nuovo Papa e la messa di inizio Pontificato, parliamo di quello che sarà la Chiesa di Papa Francesco con padre Alex Zanotelli, impegnato da sempre nella cura degli ultimi e nella lotta alla povertà. Un missionario che ha viaggiato molto soprattutto in Africa, ed ha creato associazioni che oggi aiutano chi è indigente.

Padre, l’elezione di Papa Francesco sembra essere stata un fulmine a ciel sereno per molti. I fedeli prima di tutto, ma anche i cardinali. Questa volta però, il cambiamento sembra essere radicale. I cardinali hanno capito davvero cosa serve alla Chiesa di oggi? Da quello che ho visto valutando prima le dimissioni di Ratzinger, poi il Conclave, credo che i Cardinali siano rimasti scioccati, soprattutto i Cardinali europei. Credo che il grosso dell’appoggio a Bergoglio sia venuto da fuori Europa. Scioccati e disgustati per tutto quello che c’è stato ultimamente all’interno e all’esterno della Chiesa, hanno puntato su un uomo che conoscevano, semplice, umile e infatti direi che per come si è presentato all’elezione, abbiamo osservato già tutti gli elementi per capire la novità, e la novità sta prima di tutto nell’essersi presentato non come Papa, ma come Vescovo di Roma, già questo ridimensiona tutto ed è estremamente importante in chiave ecumenica soprattutto per il dialogo con le altre Chiese. Un Papa che parla al popolo di Roma chiedendo la benedizione e la preghiera del popolo prima di impartire lui stesso la benedizione, vuole dare un segno concreto. Un gesto significativo ed innovativo. E poi il nome Francesco, quando l’ho sentito ho pensato che ci fossero delle indicazioni precise perché nessuno lo aveva mai assunto e prendere un nome del genere è chiaramente una missione. E direi una missione estremamente difficile oggi anche nella Chiesa di Dio, come già fu difficile per Francesco d’Assisi e il fatto di averlo scelto è già un segnale forte. Un segnale che ha poi ribadito lui stesso in quelle due parole che ha detto a proposito di “una chiesa povera dei poveri”. Sicuramente con queste parole riprende un il discorso di Giovanni XXII che nel Concilio Vaticano II parlò “della chiesa di tutti, ma soprattutto dei poveri”. Una chiesa povera che è completamente quasi scomparsa in questi 50anni del dopo Concilio. Penso che a partire da qui, da questo nome, potrebbe cominciare una vera e propria rivoluzione. Penso che qualsiasi riforma che si vuol fare debba partire proprio da questo punto, una semplicità di vita, un sobrietà, uno spogliarsi di privilegi, una Chiesa che si metta a fianco della gente e che cammini con la gente. Soltanto una Chiesa capace di spogliarsi davvero e di essere povera potrà essere una Chiesa libera di dire la verità in faccia a i potenti.

Papa Francesco sembra aver conquistato già moltissimi tra fedeli e non credenti. Secondo lei riuscirà a riportare il rapporto Chiesa-popolo a quello di un tempo basato sulla fiducia e sulla speranza?
La Chiesa è una realtà molto complessa, una serie di realtà direi. Ritengo che in Europa e nel Nord America, diciamo nel mondo ricco, portare avanti il concetto di una Chiesa povera troverà tante opposizioni e penso che anche Papa Francesco dovrà soffrire molto se è deciso a muoversi in questo senso. Che poi è la via del Vangelo. Non penso però che vi sia altra scelta, tra l’altro se la Chiesa vuol dire qualcosa al mondo d’oggi dovrà parlare di sobrietà e non ne dovrà solo parlare, la dovrà anche praticare, perché l’esempio dovrebbe darlo soprattutto chi la rappresenta. Le comunità cristiane, ma soprattutto i preti, i religiosi. Non solo dovrebbero dire certe cose, ma anche mostrarle. Oggi il Papa è stato molto bravo a ritornare sul tema della cura del Creato e delle creature, perché se noi vogliamo davvero affrontare questa crisi economica e non solo, dobbiamo diventare una Chiesa del tutto sobria e semplice per dare l’esempio a tutti, anche a coloro che non credono. Questa è forse l’unica maniera in cui ci possiamo salvare e possiamo salvare il pianeta. 

Oggi Papa Francesco ha parlato di “servizio come di vero potere” davanti ai grandi della Terra addirittura chiedendo di occuparsi delle persone, soprattutto indigenti. E lo ha fatto chiedendolo “per favore”. Quali saranno secondo lei i rapporti che riuscirà ad instaurare con i politici?
Il Vangelo in questo senso è chiarissimo. Partiamo da questo. Anche all’interno della Chiesa soprattutto in questi ultimi secoli purtroppo dobbiamo riconoscere che non è stato così. Come per la questione della chiesa povera, noi dobbiamo ritornare ad essere una Chiesa davvero che serve. E questo vuol dire che prima di tutti quelli che hanno responsabilità all’interno devono tornare ad agire al servizio delle comunità cristiane e non essere al di sopra di tutto. È chiaro che questo diventerà allora un segno potente verso la società civile. Ed ecco la vera dimensione del vangelo. È chiaro che le prime comunità cristiane erano comunità alternative all’Impero Romano, ed hanno fatto grande presa perché si è visto in loro un qualcosa di alternativo al sistema di allora. Io penso che la stessa cosa avverrà anche oggi, se davvero cominceremo ad imboccare questa strada, non i segni di potere ma il potere dei segni. Ed uno dei grandi segni potrebbe essere questo una Chiesa povera ed una Chiesa che serve. Su questa strada, credo che sia un Papa fortemente politico e che avrà una dimensione chiave se è questa la politica che vorrà intraprendere la Chiesa. La politica cioè, di essere alternativa al sistema. Invece quando essa diventa parte del sistema, in pratica tutto il sistema entro cui viviamo, chiaramente è simile se non uguale a quello che c’è intorno.

I rapporti tra il Vaticano, i suoi vertici ovviamente, e lo Stato italiano sono sempre stati molto particolari. Fatti di connivenze, di periodi di allontanamento.  Secondo lei con un Papa come Francesco, cambieranno?
Penso che cambieranno naturalmente, con un Papa sudamericano che non è coinvolto in tutte le nostre beghe e lotte. Un Papa tedesco come Ratzinger, sempre vissuto a Roma, era parte un po’ integrante di  tutto questo mondo, per cui un pontefice che viene da un posto così lontano dall’Europa, che non ha mai avuto a che fare con questi affari, penso che già questo segnerà un distanziamento. Ma penso che dovrà essere molto più profondo. Io mi auguro davvero che questo papa abbia il coraggio di allontanarsi. Questo però richiederà a mio parere, una profonda riforma anche delle strutture centrali della Chiesa cattolica ciò che il Concilio Vaticano II non ha fatto, neanche Paolo VI. Attenzione però, nessun papa può fare la riforma della propria curia, perché purtroppo è prigioniero. È fondamentale che oggi ci sia un seria riforma, proprio per uscire fuori da tutto quello che abbiamo visto in questo periodo. E sarà una delle cose principali che Papa Francesco dovrà fare.

Si andrà verso un nuovo Concilio?
C’è un Vaticano II che dobbiamo ancora tradurre. La collegialità è stata detta solo a parole, ma i vescovi non sono stati in questi 50 anni davvero coinvolti. Dopo il Concilio è il papato che è emerso in tutta la sua forza. E non è una questione di centrismo papale, che per esempio le altre Chiese, le ortodosse in particolare, non possono accettare, ma è la capacità collegiale, la collegialità che è una forma con la quale il cristianesimo è andato avanti i primi mille anni. Bisogna trovare formule nuove, formule nuove anche con coraggio. Coraggio nel pensare ad un Vaticano che non sia Stato. Per esempio, il concetto di Stato è venuto nel secolo scorso perché è l’unico concetto giuridico che rende il papato minimamente indipendente a livello politico. Oggi, l’Onu però non è uno stato ed è riconosciuto universalmente. Io penso che dovremmo arrivare a formule del genere che rendono il Papa quello che è Vescovo di Roma, che va a trovare le altre Chiese che non è obbligato a vedere un presidente che è un farabutto perché lui è Capo di Stato e deve essere gentile. Darebbe molta più libertà al Papa.

Questa potrebbe essere una delle sfide del nuovo Papa oppure siamo ancora molto lontani?
Penso che per fare accettare questo ci voglia ancora molto tempo. Era però già l’aspirazione, ho letto le memorie di un grande vescovo dell’America Latina che già aspirava che questo avvenisse scrivendo ai suoi amici dal Concilio. Nella base cattolica, nella Chiesa sono tanti quelli che hanno pregato ed aspirato a questo. Direi che tra la gente semplice c’è molta più tensione verso questo che non verso l’alto, dove emergeranno soprattutto le grandi difficoltà.

In questa visione, potrebbe cambiare anche il rapporto con altre Chiese?
Se Papa Francesco si continua a definire Vescovo di Roma, un Patriarca quindi, potremmo dire d’Occidente, le cose potrebbero cambiare radicalmente. Ci potrebbe essere un Patriarca d’Oriente perché ormai è chiarissimo che questo scisma è solo un problema politico. Oggi gli orientali non accettano il papato per come è gestito, ma hanno la nostra stessa sede. Invece se si va verso un concetto di conduzione ecclesiale, cioè collegiale, con i grandi patriarcati e non soltanto quelli di una volta, ma con varie realtà, forse questa rivoluzione diventerà  fondamentale per la società civile e per tutti noi.

In questi giorni qualcuno ha detto che se ci fosse stato questo Papa davanti a Lutero, la risposta sarebbe stata diversa.
E' vero. Abbiamo avuto parecchie responsabilità anche sulla Riforma, ma non solo con Lutero. È dovuto ad un papato che non ha seguito al via di Francesco. È andato più sul mondanizzante come nel Rinascimento quando eravamo lontani da quello che Francesco aveva sognato per riparare la sua Chiesa. Tra 8 anni avremo l’anniversario dei 500 anni dalla Riforma e io spero che con questo Papa potremmo avere anche una riconciliazione con la Chiesa luterana. Sarebbe un grande passaggio.

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